L’esperienza di un ex pilota ha offerto spunti concreti su come affrontare la pressione lavorativa. Chi parla è Francesco Finazzi, co-founder e CEO di Myndoor, intervistato per chiarire dove, quando e perché occorra un metodo rigoroso per prevenire il sovraccarico di impegni e tensioni.
Lo stress lavoro-correlato rappresenta una sfida significativa per le aziende moderne, con ripercussioni sia sulla salute dei lavoratori che sull’efficienza organizzativa. In Italia, secondo i dati Inail, negli ultimi dieci anni sono state presentate circa 4.000 denunce per stress lavoro-correlato, di cui oltre la metà ha ottenuto un riconoscimento ufficiale. I settori più colpiti sono il terziario, la pubblica amministrazione e l’industria, con una maggiore incidenza tra i lavoratori di sesso maschile nella fascia 46–55 anni.
Nel contesto europeo, l’Agenzia EU-OSHA stima un costo di 20 miliardi di euro all’anno per lo stress legato all’attività lavorativa, tra perdite di produttività, assenteismo e spese sanitarie. Questi numeri rafforzano l’urgenza di adottare approcci scientifici e strumenti predittivi, come quelli offerti da Myndoor, per affrontare il problema in modo strutturale.
Dati che certificano una realtà evidente agli occhi di molti: le aziende sono sempre più esposte al rischio di cali di produttività causati da ritmi incessanti e crescente competizione. Molte imprese si interrogano su come garantire stabilità e risultati di alto livello, puntando a strategie ripetibili in qualsiasi contesto, dal settore sanitario alla finanza, per contenere i costi legati all’assenteismo e migliorare la continuità operativa.
Sono moltissimi, forse troppi, i lavoratori che sentono la pressione di scadenze e obiettivi che si accumulano. Una pressione a cui si aggiungono viaggi casa-lavoro complessi, relazioni personali difficili e molto altro. Lo stress così non fa che accumularsi e non tutti riescono a gestirlo al meglio.
Ma una gestione corretta dello stress non solo aiuta i lavoratori, ma riduce l’incidenza di errori e conflitti interni, generando benefici collettivi.
Un metodo militare in contesto aziendale
Francesco Finazzi, che ha vissuto l’esperienza di pilota in contesti operativi complessi, ha lavorato molto su sé stesso per imparare a gestire lo stress. “Venivo da un altro mondo prima di fare questo, facevo il pilota militare”. Da questa formazione, si comprendono due passaggi essenziali: uno stile di lavoro organizzato e la capacità di riconoscere i segnali precoci della fatica mentale. Nonostante le differenze tra volo e ufficio, l’idea di fondo resta la stessa: se alcuni sintomi di affaticamento vengono ignorati, l’impatto finale risulta pesante tanto per il singolo quanto per il gruppo.
Nel corso dell’intervista, emerge che certe “resistenze” a prendere coscienza di un problema costituiscono un ostacolo. Finazzi spiega: “non tutti lo vogliono accettare, cioè, che il primo passo è quello di accettare che c’è una problematica legata al malessere, allo stress”. L’esperienza militare insegna a essere attenti ai piccoli segnali, perché accumularli senza strategie di controllo può sfociare in livelli non gestibili di tensione.
L’idea d’impresa di Finazzi parte proprio da qui, e punta a uno supporto che si integri con strumenti lavorativi e aziendali quali Slack e Microsoft Teams. L’obiettivo è individuare pattern linguistici e ritmi anomali nelle comunicazioni, abbinando quegli indicatori a valori biologici. “abbiamo fatto prima ricerca tanta ricerca l’abbiamo fatta ormai in 7 anni anzi ormai quasi 8 anni di raccolte dati abbiamo messo insieme battito cardiaco pressione arteriosa cortisolo questionari psicologici”.
Ne nasce così un bot assolutamente privato che cerca di allertare il lavoratore, e allo stesso tempo una piattaforma che permette all’azienda un monitoraggio generale sui livelli di stress di di produttività Anche altre imprese, come IBM, hanno sviluppato metodologie basate sull’analisi semantica, benché l’idea di coniugare segnali comportamentali e riscontri fisiologici sia vista come un percorso più ampio.
I plugin offrono poi al lavoratore alcune soluzioni semplici, come fermarsi per fare esercizi di respirazione o una passeggiata. Il testo scritto nelle chat e nelle email è uno dei segnali, ma volendo sarebbe possibile integrare anche i dati di smartwatch e altri dispositivi indossabili, per ottenere una misurazione più precisa.
Finazzi puntualizza che il lavoratore visualizza soltanto la propria tendenza sulla dashboard personale, mentre i dirigenti vedono il quadro aggregato.
L’obiettivo è limitare lo stress prima che si trasformi in burnout, migliorando la qualità dell’ambiente e riducendo i rischi di turnover. In contesti competitivi, l’impresa trae vantaggio dal mantenere i collaboratori più stabili, limitando sprechi e disservizi legati a emergenze o assenze.
Lo strumento, poi, può essere di aiuto anche integrando servizi aggiuntivi - se il datore di lavoro decide di usarli e integrarli nel welfare aziendale: includono check-up periodici, sessioni di ascolto psicologico e attività fisiche leggere. Alcune multinazionali propongono programmi di prevenzione che integrano piattaforme di videoconferenza con assistenti virtuali e analisi testuali, per suggerire tempi di riposo e esercizi di respirazione.
Tutto ciò favorisce un approccio metodico e condiviso, limitando spese improvvise e possibili ricadute negative: bastano avvertimenti mirati nel momento giusto, evitando che i dipendenti ignorino per mesi i campanelli d’allarme. Questo approccio non si limita a settori finanziari o clinici, ma coinvolge ogni ambito in cui si lavora a ritmi serrati.
Dall’incontro con Finazzi emerge un aspetto umano centrale: non tutti sono in grado di “mettere via” i propri pensieri, specialmente quando l’orario di lavoro si sovrappone a scadenze personali. L’importanza di un monitoraggio basato sull’intelligenza artificiale risiede nella capacità di correggere la rotta prima che le tensioni raggiungano livelli critici. Tale impostazione richiede politiche aziendali attente, investimenti in piani di formazione continua e la disponibilità di uno staff che colga l’esistenza del problema fin dalle prime fasi.
Fantascienza e introspezione: il consiglio di lettura di Francesco Finazzi
Alla fine dell’intervista, Francesco Finazzi ha condiviso un consiglio di lettura che va oltre il classico manuale tecnico o motivazionale. Ha scelto Hyperion di Dan Simmons, romanzo di fantascienza pubblicato nel 1989 e ispirato nella struttura ai Racconti di Canterbury. L’opera racconta sette storie di sette pellegrini in viaggio verso un misterioso pianeta, ciascuna con uno stile e un contenuto diverso, intrecciandosi in una narrazione più ampia e filosofica. Per Finazzi, la fantascienza è uno strumento per indagare l’umano con maggiore libertà, spingendo concetti esistenziali ai loro estremi narrativi.
Hyperion non è solo una storia ambientata in un futuro lontano, ma un’esplorazione delle paure, dei limiti e delle contraddizioni dell’essere umano. L’autore intreccia riflessioni su tempo, identità, religione e tecnologia in un contesto di profonda instabilità. Un consiglio che riflette la visione di Finazzi: affrontare la complessità anche attraverso strumenti narrativi capaci di stimolare pensiero critico e visione lunga.