Quasi un anno dopo aver ottenuto lo status di "unicorno" - termine che descrive una startup che supera il miliardo di valutazione - e a otto anni dal suo lancio, l'azienda italiana Satispay sta per compiere un decennio di innovazione nel settore dei pagamenti. Ma ora, l'azienda si sta rivolgendo a un nuovo obiettivo ambizioso: la rivoluzione dei buoni pasto.
Con una nuova e impressionante sede aziendale, una forza lavoro di 550 persone e un'esperienza consolidata nei pagamenti, Satispay si pone l'obiettivo di portare trasparenza e riduzione dei costi nel mondo dei buoni pasto. "Il settore dei pagamenti era pronto alla disruption, ma siamo convinti che ci sia un altro settore che ha bisogno di essere rivoluzionato: i buoni pasto", ha raccontato il fondatore Alberto Dalmasso.
In Italia, il valore del mercato dei buoni pasto ammonta a 4 miliardi di euro all'anno, posizionando il paese al terzo posto nel mondo dopo Francia e Brasile. Ogni anno vengono distribuiti ben 600 milioni di buoni pasto, ma sorprendentemente solo 4 milioni di lavoratori italiani li utilizzano abitualmente, su un totale di 25 milioni di lavoratori. Questo significa che ci sono ancora 19 milioni di potenziali utenti da coinvolgere.
Per le aziende usare i buoni pasti è vantaggioso: si offre al lavoratore una forma di welfare non tassata. In altre parole, se do la lavoratore un buono da 8 euro, mi costa 8 euro.
Ciò nonostante, spiega Dalmasso, in molti contesti si lavora con aste al ribasso: il fornitore di buoni pasto vuole aggiudicarsi il cliente (l’azienda, spesso un ente pubblico) riducendo il prezzo. Per cui io imprenditore quel buono da otto euro lo pagherò meno, magari €7,50 o anche cifre più basse.
E infatti spesso e volentieri il buono pasto diventa un problema per l’esercente. Da una parte devono accettarli perché altrimenti i clienti vanno altrove, ma dall’altra sono una gran seccatura. Il problema principale è rappresentato dalle commissioni elevate, dai pagamenti ritardati, dalle lunghe code in cassa e dalla complessità di utilizzo. Satispay vuole cambiare questa situazione offrendo zero commissioni aggiuntive per pagamenti superiori a 10 euro, con un incasso garantito entro un giorno lavorativo e una fatturazione automatizzata. L'esercente non deve fare nulla di diverso rispetto a quanto già fa oggi: se il cliente paga con Satisapay, infatti, l’operazione è esattamente la stessa che si fa oggi, con le stesse, bassissime commissioni. Il lavoratore con il buono Satispay, invece, potrà usarlo direttamente dall’app.
Finora, 70.000 esercenti sono già stati attivati per accettare i Buoni Pasto Satispay, rendendo il processo semplice ed efficace.
Inoltre, i buoni pasto Satispay hanno una scadenza di 2 anni, un miglioramento rispetto ai buoni attuali che scadono alla fine dell'anno. Questa modifica non solo semplifica la vita degli utenti ma è anche una scelta di responsabilità sociale.
L'obiettivo di Satispay è chiaro: cambiare il settore in modo tale che gli esercenti possano finalmente dire "non accetto più questi buoni pasto. Ma non è solo una questione di esercenti: anche i consumatori trarranno vantaggio da questa innovazione, avendo la comodità di utilizzare i buoni pasto Satispay in modo flessibile, sfruttandoli anche a cena o per fare la spesa. .
Sebbene ci siano sfide da affrontare, come le gare a sconto e i rapporti con le autorità che fanno le regole, Satispay è determinata a rendere i buoni pasto più accessibili ed efficienti per tutti.
Quanto alle revenue, non si tratta delle sole commissioni - che continuano a rappresentare la principale fonte di guadagno per l’azienda. Nel caso dei buoni pasto infatti entra in gioco anche il fenomeno del cosiddetto arbitraggio dell’IVA (non troppo diverso da quello che accade nel mercato valutario). Satispay vende il buono pasto all’azienda con un’IVA al 22%, ma il ristoratore applica l’IVA all’8%, e qui si viene a creare uno spazio per generare marginalità.