SAP: farsi amico il consumatore, non combatterlo

All’evento “Un consumatore per amico”, SAP Italia ha tracciato le linee guida necessarie a non perdere le fila di una customer experience rinnovata

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a cura di Antonino Caffo

“Un consumatore per amico” è l’appuntamento che SAP Italia ha dedicato all’analisi del rapporto che oggi intercorre tra aziende e clienti, proposta e richiesta di acquisto di beni e servizi, in particolare nel mondo del largo consumo e del retail.

Perché questo nome? Semplice, perché la dicotomia che un tempo distingueva i due soggetti, adesso si trasforma in un gioco di forza in cui bisogna remare verso lo stesso obiettivo per soddisfare le esigenze di ognuno.

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Si parla dunque di customer experience in maniera diversa che in passato, non più un’interazione univoca ma bidirezionale, lo sappiamo, in cui le persone diventano portatrici di interesse per un brand verso la propria cerchia sociale. Un po’ come se da consumatori si trasformassero in ambassador, quasi senza saperlo.

Evidente dunque che è più che giusto parlare di una sorta di “amicizia” tra i due universi, a patto di rispettare gli stessi requisiti che richiede un rapporto di amicizia richiede. Non a caso, IDC che ha presentato durante la giornata una ricerca sui nuovi paradigmi che regolano la customer experience, delinea le tre “C” della scala dell’empatia: consent, conversations, customer journeys.

«Questi sono i tre ambiti su cui puntare se una compagnia vuole rinnovare i propri metodi di approccio verso un pubblico consapevole, come è quello odierno» ammette Andrea Sangalli, Research Director, Retail Insights & European CX Practice di IDC.

E, a livello globale, per IDC il 20% delle aziende ha già avviato un processo di ripensamento della CX, a un livello di maturità molto alto. Ma il rischio di una produzione sovraccarica dei dati è evidente, tanto che si parla di datobesità. C’è necessità di canalizzare le giuste informazioni verso i canali adeguati, con un tasso di purezza, intesa come duttilità, che cresce al crescere della disponibilità di ulteriori elementi.

È evidente: più dati abbiamo più c’è il rischio di perdersi il focus essenziale del perché si ottengono. Lo ha spiegato bene Emanuele Ratti, Customer Experience Sales Director di SAP Italia: «L’accesso dei consumatori a un sapere condiviso realizza un panorama molto complesso, un circolo in cui rientrano le stesse aziende produttrici».

«Loro fungono sempre più spesso come stakeholder verso varie community. La trasformazione digitale porta con sé tante opportunità ma anche il contro di un’esplosione di piattaforme di CRM colme di dati con poco valore» conclude Ratti.

Come fare? Ad esempio con le soluzioni di SAP, che dialogano con il mondo aziendale già esistente, ossia con software aperti, in grado di recepire gli asset che provengono dall’esterno per significarli a seconda dei vari obiettivi.

Il mantra di SAP poggia su tre pilastri. Il primo è offrire una piattaforma aperta, che sia capace di indirizzare logiche e dinamiche. Il secondo è una gestione delegata e federata delle metriche di analisi, per dare una governance sicura ma non limitata della visione e, infine, una raccolta del dato esperienzale, utile e scevro da ogni superficialità».

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