Professionisti stressati ma felici del proprio lavoro: il paradosso della Gen Z

La Generazione Z, la forza lavoro emergente, plasmerà il mondo del lavoro del futuro, ma è caratterizzata da diversi paradossi.

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a cura di Marina Londei

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La Generazione Z è stressata e soffre di burnout, ma si dice comunque felice dell'esperienza lavorativa di tutti i giorni. Il paradosso lo ha evidenziato l'ultimo rapporto di Jabra, Mind The Gap - How Gen Z is Disrupting the Workplace in 2024, che analizza il tema del lavoro tra diverse generazioni.

Secondo il report, il 52% degli appartenenti alla Gen Z si sente stressato a causa del lavoro, stress che sfocia spesso nel burnout, ma allo stesso tempo dichiara di essere più che soddisfatto della propria attività (7 profili su 10). Il 48% del campione ha in previsione di cambiare lavoro nel prossimo anno, anche se non è chiaro se si tratti del quiet quitting o se sia dovuto al fatto che il 74% della Gen Z vede il cambiamento professionale come motore di sviluppo per la propria carriera. 

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Per la Gen Z, la quale rappresenta il 38% della forza lavoro attuale e che sarà il 58% entro il 2030, il fattore più importante per la scelta di una posizione lavorativa è la flessibilità (35%), anche più dello stipendio (4%). 

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Il mondo del lavoro si sta evolvendo per rispondere alle esigenze della generazione emergente: l'89% degli intervistati lavora in posti che consentono di scegliere gli orari di lavoro. Anche se il 43% della Gen Z ha comunicato una preferenza per lo sviluppo della carriera, per il 27% l'equilibrio tra lavoro e vita privata è uno dei principali fattori del successo professionale. 

La Gen Z, pur sostenitrice del lavoro ibrido, vede un confronto "faccia a faccia", sia con i colleghi che con i manager, come un fattore chiave per coltivare la propria professionalità e sentire un senso di appartenenza al lavoro (34%); tuttavia, il campione appare più propenso ad affidarsi agli strumenti digitali e alla tecnologia per tenersi in contatto con i colleghi. 

Anche per questo la Gen Z si è rivelata l'unica generazione a provare il maggior senso di appartenenza in modalità online, probabilmente per via del rapporto positivo con la tecnologia. Per questo i leader di impresa dovrebbero favorire una maggiore vicinanza digitale tra colleghi attraverso punti di contatto frequenti, come chat e meeting. 

Oltre al senso di appartenenza, la Gen Z chiede di essere ascoltata, anche se il 36% del campione intervistato ha affermato di non sentirsi a proprio agio nell'affrontare con il proprio manager il tema dell'infelicità sul lavoro. La Generazione Z preferirebbe avere un manager empatico (38%) rispetto a uno esperto (9%); inoltre, l'onestà e l'integrità sono 5 volte più importanti dell'esperienza. 

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Similmente, la Gen Z considera la cordialità una qualità molto più importante rispetto alle altre generazioni: il 33% dei giovani la considera importante, mentre nelle generazioni più vecchie solo il 23% del campione la mette tra i fattori in primo piano.

I manager hanno così la responsabilità non solo di aiutare la creazione di legami di valore, ma anche di mantenere un atteggiamento flessibile, trasparente ed empatico per entrare in connessione profonda con la forza lavoro emergente e guadagnare la sua fiducia. 

"Non abbiamo mai vissuto un'epoca con differenze generazionali così marcate per quanto riguarda la concezione del lavoro" ha affermato Paul Sephton, Head of Brand Communications di Jabra.

"È fondamentale che i leader cerchino di comprendere i complessi paradossi del modo in cui le nuove generazioni percepiscono il mondo professionale. In ottica futura, le aziende dovranno considerare le conseguenze che la mentalità della Gen Z potrebbe avere sulla forza lavoro. Fornire ai giovani dipendenti gli strumenti necessari - sia tecnici, che psicologici - per massimizzare il benessere e la produttività, sarà un impegno non negoziabile per chi punta al successo a lungo termine" ha concluso Sephton.

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