Mario Draghi, l'EU si sta sabotando da sola, anche senza dazi USA

La frammentazione del mercato UE ostacola la crescita: barriere interne pari a dazi del 45% sui beni e 110% sui servizi, secondo stime FMI citate da Draghi

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a cura di Tommaso Marcoli

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L’ex presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha lanciato un appello deciso affinché l’Unione Europea si metta in regola, eliminando le barriere commerciali interne che penalizzano la crescita economica. In una recente colonna sul Financial Times, Draghi ha evidenziato come gli ostacoli imposti dagli Stati membri abbiano un impatto molto più negativo sull’economia europea rispetto ai possibili dazi che gli Stati Uniti potrebbero introdurre. “Queste barriere interne sono ben più dannose per la crescita di qualsiasi tariffa che gli USA possano imporre, e il loro effetto negativo continua ad aumentare nel tempo,” ha dichiarato Draghi.

Barriere interne: un freno alla competitività

Il contesto attuale vede l’Europa alle prese con una serie di difficoltà strutturali. Oltre ai noti problemi legati a vincoli di approvvigionamento, Draghi ha richiamato l’attenzione sulle numerose barriere regolatorie e commerciali presenti tra i Paesi membri, che limitano notevolmente gli scambi interni. Secondo alcune stime dell’FMI, questi ostacoli equivalgono a un dazio del 45% sui beni manufatti e a un prelievo del 110% sui servizi.

Questa situazione ha portato a una dinamica di scambi interna molto meno intensa rispetto a quella degli Stati Uniti, dove il commercio interstatale supera di gran lunga quello tra le regioni europee. L’elevata incidenza dei servizi nell’economia europea amplifica ulteriormente gli effetti negativi di tali barriere.

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La crescente dipendenza dal commercio globale

Parallelamente, le barriere commerciali con paesi extra-UE sono in diminuzione, rendendo le importazioni sempre più allettanti e spingendo le imprese europee a cercare opportunità di crescita all’estero. Il risultato è un’Europa sempre più dipendente dal commercio, il cui peso nel PIL della zona euro è passato dal 31% nel 1999 al 55% oggi. Al confronto, in paesi come la Cina e negli Stati Uniti, le cifre sono cresciute in misura più contenuta.

Politiche fiscali e il dilemma della domanda interna

Ma non è solo la dimensione dell’offerta a preoccupare Draghi. L’ex presidente dell’ECB ha sottolineato come la debolezza della domanda interna, alimentata da politiche fiscali restrittive, abbia contribuito a un quadro economico stagnante sin dal 2008. Mentre il governo degli Stati Uniti ha iniettato nell’economia l’equivalente di 14 trilioni di euro in deficit primari dal 2009 al 2024, nell’area euro l’impegno si è limitato a soli 2,5 trilioni di euro.

Questo divario evidenzia come il timore di esaurire le finanze pubbliche abbia frenato gli investimenti in politiche di stimolo, compromettendo il benessere dei cittadini, la solidità dei conti pubblici e, in ultima analisi, l’autonomia nazionale di fronte alle pressioni internazionali.

Una svolta radicale è necessaria

Nel delineare una strategia per il rilancio economico europeo, Draghi ha sostenuto che il cambiamento parte da una revisione radicale del modo di fare politica. “È chiaro che il perseguimento di obiettivi nazionali isolati non ha portato a un miglioramento del benessere dei cittadini, né ha rafforzato le finanze pubbliche o l’autonomia nazionale,” ha concluso. “Solo un cambiamento radicale, basato su una visione comune, potrà invertire la rotta.”

Prospettive e sfide future

Le preoccupazioni per una possibile guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa hanno messo in luce, ancor prima che si parlasse di dazi, le fragilità strutturali dell’economia europea. La crisi economica che affligge la Germania – la più grande economia del continente – insieme alla stagnazione francese e agli sconvolgimenti politici interni, rendono ancora più urgente una risposta coordinata e ambiziosa.

Anche il premio Nobel per l’economia Michael Spence ha recentemente avvertito che l’Europa soffre di un “deficit d’innovazione” e di una produttività debole, elementi che rischiano di trascinare il continente in un percorso di stagnazione. Secondo Spence, la crescita produttiva a lungo termine passa necessariamente attraverso un profondo rinnovamento strutturale, in cui tecnologie come l’intelligenza artificiale, i semiconduttori e il calcolo quantistico giocheranno un ruolo fondamentale.

Le osservazioni di Mario Draghi e i dati emergenti dipingono un quadro preoccupante per l’economia europea, segnata da barriere interne, politiche fiscali prudenziali e una crescente dipendenza dal commercio globale. La sfida per l’UE sarà quella di superare il proprio tradizionale approccio frammentato, abbracciando una strategia unitaria e innovativa che permetta al continente di ritrovare competitività e autonomia in un mondo in rapida evoluzione

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2 Commenti

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O diventiamo un solo stato, o siamo destinati a fare i servigi di USA, Cina, Russia, ecc... a rotazione
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O diventiamo un solo stato, o siamo destinati a fare i servigi di USA, Cina, Russia, ecc... a rotazione
Lo siamo sempre stati finita la guerra ,siamo i vassalli degli yankee
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Beh, allora ben venga Trump e il suo sdegno nei confronti dell'Europa dei nostri modi di fare, cribbio!
Saremo gentilmente obbligati a unirci per davvero per non morire!!
Viva Trump! (LOL🤣non pensavo che sarei mai arrivato a dire una cosa del genere...)
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