I rischi che le imprese italiane devono fronteggiare quotidianamente sono molteplici. Alcuni, però, preoccupano più di altri e non fanno dormire sonni tranquilli a tanti CEO, CIO e CTO.
Quando si parla di aziende e cybersecurity, l’Italia ha una posizione diversa rispetto alla maggioranza dei Paesi. Come rileva il Readiness Report 2024 di Kyndryl, solo il 20% dei leader aziendali italiani si sente pronto a gestire rischi esterni alla propria infrastruttura IT. La media globale è quasi il doppio, pari al 39%.
Quali sono i rischi che preoccupano di più
A generare le preoccupazioni maggiori, nel nostro Paese, sono gli attacchi informatici. Appena il 24% degli intervistati si sente pronto a gestirli con successo. Inoltre, a pesare in modo significativo è il crescente skill gap che tanti temono di non riuscire a colmare.
Molte figure manageriali (e ciò accade anche a livello globale) riscontrano problemi quando l'implementazione di nuove soluzioni digitali supera la formazione dei dipendenti. Un deficit delle skill in ambiti fondamentali per lo sviluppo dell’azienda rallenta tutto il processo di crescita e pesa negativamente sul core business.
Il gap tra mercato e talenti
Le nazioni che possono contare su un bacino molto ampio di talenti come India, Brasile, Stati Uniti e Cina, sentono di avere la possibilità di gestire adeguatamente la mancanza di personale qualificato e di competenze.
Al contrario, in Paesi più piccoli e con una popolazione mediamente anziana come Italia e Giappone, i decision leader intervistati risultano preoccupati dalla scarsità di risorse locali già adeguatamente formate.
La cybersecurity è in continua evoluzione e servono persone altamente specializzate e dotate per affrontare le sfide del prossimo futuro. E lo stesso vale per l’implementazione di tecnologie basate su big data e intelligenza artificiale.
Questa carenza di talenti è aggravata dall’incertezza macroeconomica, che ostacola la formazione di alto livello e l’offerta di stipendi adeguati.
La normativa viaggia troppo lentamente
Anche dal punto di vista della normativa l’Italia si distingue dalla media globale. La nostra è l’unica nazione in cui la legislazione si sta aggiornando troppo lentamente rispetto ai mercati e al panorama tecnologico reale.
Il 24% del campione italiano intervistato da Kyndryl ritiene, infatti, che le norme non evolvano al passo con le necessità delle aziende in ambito IT (e con l’evoluzione stessa delle tecnologie). Un dato che è circa tre volte la media mondiale.
Eppure, per il nostro Paese, gli aggiornamenti normativi rappresentano spesso un vero e proprio driver di cambiamento e di crescita.
A livello globale, 3 leader su 5 affermano che le aziende hanno difficoltà a tenere il passo con il ritmo dei progressi tecnologici (62%). Per tutti, riuscire a modernizzare processi e infrastrutture è una strada che va percorsa, anche se ci sono realtà, come quelle italiane, che sembrano avere ancora tanta strada da fare.