Concorrenza, Trump promette guerra a EU e UK per la Web Tax del 15%

Il presidente Trump ha dichiarato nullo l’accordo fiscale globale negli Stati Uniti, aprendo a tensioni economiche internazionali e possibili misure di ritorsione sui giganti tecnologici americani.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato il ritiro del Paese dall’accordo fiscale globale del 2021, dichiarandolo privo di valore legale. La decisione rischia di riaccendere i conflitti commerciali internazionali e potrebbe portare a nuove tasse sui servizi digitali imposte a colossi tecnologici statunitensi in Europa e altrove.

Questa mossa segna un significativo passo indietro nella cooperazione internazionale in materia fiscale. L’accordo, promosso dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), mirava a stabilire un’imposta minima globale del 15% per le multinazionali, ponendo fine alla competizione fiscale tra Paesi. La scelta di Trump di ritirarsi dall’intesa sottolinea la sua visione sovranista, con l’obiettivo dichiarato di proteggere la competitività economica degli Stati Uniti. In questo modo tuttavia, gli altri paesi potrebbero rispondere con nuove tasse locali, alle quali poi Washington risponderebbe - quasi certamente - con ulteriori balzelli. Un inseguirsi di ritorsioni economiche tra stati che difficilmente potrebbero tradursi in effetti positivi per cittadini e imprese da entrambe le parti. 

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Infatti, il ritiro americano potrebbe avere diverse conseguenze. In primo luogo, le aziende statunitensi che attualmente pagano un’aliquota fiscale inferiore al 15% rischiano di essere soggette a imposte aggiuntive nei Paesi che applicano la norma, creando oneri economici significativi. Inoltre, la sospensione dei negoziati sul “Pillar 1”, il progetto per redistribuire i diritti di tassazione delle grandi multinazionali in base al luogo di vendita, potrebbe spingere nazioni come Francia, Italia e Regno Unito a reintrodurre tasse unilaterali sui servizi digitali. Ciò potrebbe innescare nuovi dazi commerciali da parte degli Stati Uniti.

La decisione si inserisce in un contesto di competizione fiscale globale già accentuata. Le riduzioni delle aliquote negli Stati Uniti, iniziate con la riforma fiscale del 2017, hanno alimentato una corsa al ribasso che minaccia la sostenibilità fiscale di molti Paesi. Gli esperti temono che il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo possa accelerare ulteriormente questa tendenza, erodendo le basi imponibili a livello globale e ampliando le disuguaglianze economiche.

Gli effetti potrebbero essere particolarmente gravi per le economie in via di sviluppo, che contavano sull’accordo per ottenere una quota equa delle entrate fiscali delle multinazionali. La perdita di questa opportunità potrebbe aggravare la dipendenza economica da prestiti internazionali, rendendo più difficile finanziare servizi essenziali e progetti infrastrutturali.

Secondo Gabriel Zucman, economista e direttore dell’EU Tax Observatory, “è necessario ripensare le relazioni economiche internazionali per contrastare le politiche competitive che minacciano la stabilità fiscale globale e il clima”. Tra le soluzioni proposte, un approccio extraterritoriale per tassare le multinazionali e i loro proprietari miliardari in base al fatturato nei mercati di vendita potrebbe essere una risposta efficace.

Il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo fiscale globale evidenzia l’urgenza di un nuovo equilibrio economico internazionale. Le nazioni potrebbero rispondere implementando politiche fiscali più inclusive e adottando misure per contrastare la corsa al ribasso fiscale. La questione apre un dibattito cruciale sul futuro della cooperazione economica globale e sulla sostenibilità delle politiche fiscali nel mondo interconnesso.

 

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