Come pronosticato qualche anno fa, la figura del data scientist sta diventando sempre più richiesta dalle imprese italiane che hanno compreso l'importanza dell'analisi avanzata dei dati nella cosiddetta era della digitalizzazione.
Logica conseguenza: l'interesse del mondo accademico. In particolare, l'Università La Sapienza di Roma, per prima, ha istituito un corso di laurea magistrale in Data Science, che lo scorso ottobre ha sformato i primi quattro laureati. L'Università di Torino, in collaborazione con il Collegio Carlo Alberto, ha invece istituito il MADAS (Master in Data Science for Complex Economic System).
Per unire la teoria alla pratica, questo ateneo collabora con Irion, software house italiana con una consolidata esperienza nelle soluzioni per la gestione dei dati.
Pratica, intuito e specializzazione
Per Irion, dalla fondazione concentrati su formazione, ricerca e sviluppo, la collaborazione con l'università è un fiore all'occhiello che testimonia il proprio impegno nel coniugare lo studio teorico a esercitazioni pratiche. Proprio questa integrazione è fondamentale ed è il primo di tre suggerimenti che Alberto Scavino, Ceo di Irion vuole dare a chi vuole intraprendere la carriera di data scientist.
Sul fronte della teoria, poiché questo ruolo richiede di saper leggere, analizzare e gestire i big data, è necessario avere un solido background in matematica applicata, statistica, informatica o fisica.
A questo è bene aggiungere specifiche competenze di machine learning e data mining.
Non basta ancora, però, avvertono gli esperti di Irion, perché con la rapida evoluzione delle tecnologie digitali alla base di un numero sempre maggiore di processi aziendali, le skill tradizionali non sono più sufficienti, ed è fondamentale un aggiornamento continuo.
Si torna dunque al primo suggerimento: studiare e fare pratica in continuazione.
Sembra banale ma è la realtà, afferma Scavino, che spiega: "Un robusto background accademico è fondamentale per un Data Scientist, ma è ancora più importante "sporcarsi le mani e lavorare su dati reali"
Molte delle skill necessarie al professionista si possono infatti apprendere solo sul campo, sottolinea ancora il Ceo. Quindi, è essenziale accumulare esperienze, che siano stage o collaborazioni, già durante gli studi. Solo in questo modo, è possibile comprendere a pieno, e anticipare, i principali trend del settore.
L'intuito del data scientist
Sviluppare l'intuito è il secondo suggerimento di Scavino, che sostiene: ":Un buon Data Scientist non deve solo avere forti competenze tecniche, ma deve anche essere dotato di un ottimo intuito".
Il Ceo precisa: "Non si tratta di gettare dati grezzi in uno strumento in grado di elaborarli, e aspettarsi che ne venga fuori qualcosa di buono. Prima di tutto bisogna accertarsi che ciò che si sta facendo abbia un senso".
Per esempio, continua l'ad di Irion, bisogna essere in grado di capire quali caratteristiche sono importanti e quali implicazioni vi stanno dietro, oltre a comprendere quale modello utilizzare in base a come i dati sono distribuiti".
La specializzazione del data scientist
I terzo suggerimento riguarda la specializzazione. Ogni settore economico, dal farmaceutico al finance, dalle utility al retail, ha delle specificità, ma tutti richiedono un crescente numero di professionisti "che sappiano interpretare con precisione la mole di informazioni quotidianamente ricevuta dalle aziende", afferma Scavino.
Questo per trarre vantaggio competitivo ma anche per conformarsi alle normative vigenti, in termini di privacy, protezione e sicurezza dei dati. L'esempio più attuale è il GDPR (General Data Protection Regulation).
Ci sono, in buona sostanza, infinite possibilità di applicazione. "Per questo - sostiene Scavino -, per un giovane che si avvia al mestiere, è fondamentale specializzarsi. Le imprese ricercano infatti competenze sempre più specifiche".
In effetti, gli imprenditori raramente sono interessati alla tecnologia in quanto tale, ma sono alla ricerca di soluzioni che consentano di ridurre i costi e aumentare i ricavi.
Le tecnologie digitali di nuova generazione permettono di perseguire entrambi i risultati, talvolta aumentando il profitto anche aprendo nuovi filoni di business. Per esempio, aziende fintech sfruttano gli smartphone e la digitalizzazione per varare nuove forme di pagamento elettronico.
Un caso interessante è quello di Lamborghini, che applica l'analisi dei dati allo sviluppo dell'industry 4.0 per migliorare i processi di fabbrica e d'approvvigionamento, in modo da realizzare automobili personalizzate in ogni dettaglio, permettendo di scegliere per la carrozzeria il colore dello smalto preferito dalla moglie del cliente o di cucire sulla tappezzeria l'emblema di famiglia.
Il mondo delle App è uno dei fronti più caldi della trasformazione digitale in chiave innovativa.
Per ottenere i risultati, peraltro, è necessario conoscere le caratteristiche del settore in cui opera un'impresa, al fine individuare le aree di innovazione e differenziazione.
Le conoscenze teoriche e pratiche saranno alla base del come realizzare la specifica soluzione.
Sui temi delle smart solution che realizzano la cosiddetta "smart economy" è disponibile un report di Reportec.