Volkswagen ammette che sarà necessario licenziare e chiudere fabbriche

L'amministratore delegato insiste sulla necessità di operare scelte drastiche per salvare l'azienda, ma aumenta la tensione con il sindacato

Avatar di Tommaso Marcoli

a cura di Tommaso Marcoli

Editor

Le tensioni tra i vertici della Volkswagen e i rappresentanti dei lavoratori si sono acuite dopo un'intervista dell'amministratore delegato Thomas Schäfer al settimanale Welt am Sonntag. Schäfer ha ribadito la necessità di tagliare posti di lavoro e chiudere alcune fabbriche per risparmiare almeno 4 miliardi di euro e affrontare la crescente concorrenza.

La situazione finanziaria della Volkswagen richiede interventi drastici secondo il top manager. "In definitiva, qualsiasi soluzione deve ridurre sia la sovracapacità che i costi", ha dichiarato Schäfer. Il piano prevede principalmente uscite volontarie e prepensionamenti, ma potrebbe non essere sufficiente per stabilizzare l'azienda. L'amministratore delegato ha sottolineato l'urgenza di agire rapidamente: "non ha senso ritardare la ristrutturazione fino al 2035. A quel punto, la nostra concorrenza ci avrà già staccato". La riorganizzazione, che include anche una richiesta di riduzione dei salari del 10%, dovrebbe avvenire entro 3-4 anni.

Schäfer ha evidenziato come i costi del lavoro negli impianti tedeschi della Volkswagen siano il doppio rispetto ai concorrenti o agli stabilimenti dell'azienda in Spagna e Europa orientale. Inoltre, non prevede una ripresa significativa della domanda in Europa nel breve termine. Il potente sindacato IG Metall ha già annunciato la sua opposizione al piano, chiamando i lavoratori alla mobilitazione. La proposta di tagli e chiusure di fabbriche si scontra con la ferma resistenza dei rappresentanti dei lavoratori, preannunciando un difficile confronto tra le parti.

La vicenda evidenzia le sfide che il settore automobilistico sta affrontando in Europa, tra la transizione verso la mobilità elettrica, la concorrenza globale e la necessità di mantenere la competitività. Il caso Volkswagen potrebbe diventare emblematico delle tensioni tra esigenze aziendali e tutela dell'occupazione nell'industria automobilistica europea.

La transizione verso la mobilità elettrica e la crescente concorrenza internazionale stanno mettendo a dura prova il modello produttivo tedesco. La Volkswagen, come altre case automobilistiche europee, si trova di fronte a sfide senza precedenti.  Le tensioni attuali ricordano per certi versi quelle degli anni '90, quando la Volkswagen introdusse la settimana lavorativa di quattro giorni per evitare licenziamenti di massa. Quella mossa, all'epoca rivoluzionaria, dimostrò la capacità dell'azienda di trovare soluzioni innovative in collaborazione con i sindacati.

La questione dei costi del lavoro in Germania rispetto ad altri paesi non è nuova. Già negli anni 2000, la Volkswagen aveva iniziato a delocalizzare parte della produzione in Europa orientale. Tuttavia, la qualità e la produttività dei lavoratori tedeschi hanno sempre giustificato, finora, il mantenimento di una forte presenza produttiva in Germania. La situazione attuale del colosso di Wolfsburg rappresenta un punto di svolta cruciale non solo per l'azienda, ma per l'intero modello industriale tedesco. La sfida sarà trovare un equilibrio tra competitività globale e tutela dei lavoratori, in un contesto di rapida evoluzione tecnologica e di mercato.

Leggi altri articoli