La strategia commerciale di Donald Trump si irrigidisce ulteriormente, segnando un punto di svolta nelle relazioni economiche internazionali. Il ritorno alla Casa Bianca del Tycoon porta con sé una nuova ondata protezionistica che colpirà l'intero settore automobilistico globale. Dopo settimane di voci e speculazioni, la decisione è ufficiale: dal 2 aprile 2024 scatteranno tariffe del 25% su tutte le automobili importate negli Stati Uniti. Una mossa che non fa distinzioni tra Paesi alleati o meno, e che promette di ridisegnare gli equilibri commerciali esistenti con ripercussioni particolarmente pesanti per l'Europa.
Contrariamente alle aspettative di molti analisti, che ipotizzavano esenzioni per alcuni partner strategici, l'amministrazione Trump ha optato per una linea dura e universale. Nessun Paese sarà risparmiato dalla nuova politica tariffaria che mira a colpire indiscriminatamente tutti i produttori stranieri di automobili. La misura si inserisce in un pacchetto più ampio di barriere commerciali che coinvolgerà anche Canada e Messico, oltre alla cosiddetta "sporca quindicina" di nazioni che presentano un surplus commerciale strutturale nei confronti degli Stati Uniti. Un chiaro segnale che la guerra commerciale non solo non si placa, ma si intensifica su tutti i fronti.
Con il consueto stile comunicativo carico di enfasi e approssimazioni, Trump ha battezzato il 2 aprile come "Liberation Day", attribuendo a questa data un valore simbolico nel percorso di "riappropriazione" economica americana. Durante il suo annuncio, il presidente ha ribadito la narrazione di un'America depredata per secoli dalle altre potenze economiche, un'affermazione che contiene evidenti esagerazioni temporali.
"Le aziende stanno già tornando a investire in America, sono già arrivati più di 5 mila miliardi di dollari", ha dichiarato Trump, fornendo cifre che gli esperti economici considerano largamente sovrastimate. La retorica del ritorno manifatturiero negli Stati Uniti rimane tuttavia il pilastro della sua politica commerciale. L'impatto di questa decisione sul settore automobilistico mondiale potrebbe essere devastante. I produttori europei, in particolare quelli tedeschi come BMW, Mercedes e Volkswagen, vedranno i loro prodotti gravati da un costo aggiuntivo significativo che rischia di comprometterne la competitività sul mercato americano.
L'industria automobilistica europea, già alle prese con la complessa transizione verso l'elettrico e la competizione asiatica, si trova ora a dover fronteggiare un'ulteriore sfida che potrebbe costringere a riorganizzazioni produttive o a investimenti diretti negli Stati Uniti per aggirare i dazi. Una prospettiva che, paradossalmente, potrebbe realizzare proprio l'obiettivo di Trump di attrarre investimenti esteri in territorio americano.
Il mondo non resterà a guardare. L'Unione Europea, il Canada e altri partner commerciali degli Stati Uniti stanno già valutando contromisure appropriate. Brusselles, in particolare, potrebbe rispondere con tariffe equivalenti su prodotti simbolo dell'export americano, innescando una pericolosa spirale di ritorsioni commerciali. La decisione unilaterale di Trump mette in discussione anche il funzionamento dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, già indebolita durante il suo precedente mandato. I prossimi mesi saranno cruciali per comprendere se prevarrà la linea della diplomazia commerciale o se assisteremo a un'escalation di misure protezionistiche reciproche.
L'economia globale, non ancora pienamente ripresa dagli shock della pandemia e delle tensioni geopolitiche, si prepara ad affrontare una nuova fase di instabilità commerciale dagli esiti difficilmente prevedibili. Gli effetti di questo "Liberation Day" potrebbero rivelarsi ben diversi dalle aspettative del suo ideatore, con ripercussioni negative anche per i consumatori americani che si troveranno a pagare prezzi più elevati per i veicoli importati.
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