La decisione di Volvo Cars di riportare alla guida dell'azienda Håkan Samuelsson, 74 anni, segna una svolta strategica inaspettata nel panorama automobilistico europeo. Dopo soli due anni di gestione sotto Jim Rowan, manager scozzese proveniente dal settore tecnologico, il costruttore svedese ha scelto di richiamare dalla pensione il suo ex amministratore delegato, che aveva già guidato l'azienda dal 2012 al 2022 con risultati eccellenti. Una mossa controcorrente e sorprendente, considerando che Rowan lascia dopo un 2024 caratterizzato da record di vendite e ricavi, e che Samuelsson era già in pensione dopo un breve periodo alla guida di Polestar.
Le ragioni di questo cambio al vertice non sono state esplicitate ufficialmente, ma emergono chiaramente dalle sfide che Volvo deve affrontare in questo delicato momento storico. Il ritorno a un manager con profonda esperienza nel settore automobilistico segnala un ripensamento strategico rispetto all'approccio più orientato alla tecnologia e al software che caratterizzava la visione di Rowan, ex dirigente di BlackBerry e Dyson. Eric Li, presidente del gruppo Geely che controlla Volvo, ha ringraziato Rowan per "il suo impegno e la sua energia che hanno costruito una solida base nelle capacità digitali", ma ha anche sottolineato che l'azienda necessita ora di "una leadership con profonda esperienza industriale, conoscenza del nostro gruppo e una comprovata capacità di operare in ambienti difficili".
L'attuale scenario automobilistico globale è caratterizzato da tensioni geopolitiche che impattano direttamente sul business. I dazi imposti dall'amministrazione Trump sulle importazioni e quelli della Commissione Europea sulle auto elettriche prodotte in Cina rappresentano ostacoli significativi per Volvo. La EX30, assemblata nello stabilimento cinese di Zhangjiakou, è soggetta all'extra tassazione europea, costringendo l'azienda a spostare parte della produzione a Gent, in Belgio, entro il 2025.
La decisione di richiamare Samuelsson sembra quindi una risposta pragmatica a queste sfide concrete, privilegiando l'esperienza industriale rispetto all'innovazione digitale. L'approccio di Rowan, che in un'intervista ad Autocar aveva descritto Volvo come "una software house che costruisce auto", potrebbe essere stato percepito come troppo sbilanciato verso la digitalizzazione in un momento in cui le questioni industriali e produttive richiedono maggiore attenzione. Il software rimane importante, ma la capacità di navigare le complessità produttive e geopolitiche appare ora prioritaria.
Samuelsson torna quindi in campo come l'uomo dei record, colui che ha avuto il merito di riposizionare Volvo come autentico marchio premium dopo l'era Ford, facendola competere con Audi, BMW e Mercedes. Sotto la sua guida, l'azienda ha registrato risultati in costante crescita, anno dopo anno, dimostrando che l'attenzione al prodotto e scelte industriali coraggiose possono fare la differenza.
Le sfide che attendono il rinnovato CEO sono molteplici: ottimizzare la produzione globale per affrontare i dazi, continuare il percorso di elettrificazione avviato, e mantenere Volvo competitiva in un mercato sempre più affollato. Il ritorno di Samuelsson, con la sua esperienza e conoscenza approfondita del settore, rappresenta la scommessa di Volvo su un pragmatismo industriale che potrebbe rivelarsi decisivo in questo momento storico complesso.