Sette importanti compagnie petrolifere, tra cui Eni, Esso, Ip, Iplom, Q8, Tamoil e Saras, sono finite nel mirino dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) con l'accusa di aver formato un cartello, una manipolazione del prezzo, per stabilire il valore della componente bio dei carburanti, al fine di ottenere maggiori profitti dalla vendita dei carburanti stessi.
Secondo il sospetto dell'Antitrust, le sette compagnie avrebbero coordinato i propri sforzi per determinare il valore della componente bio necessaria per rispettare gli obblighi imposti dalla legislazione vigente. La legge richiede che almeno il 10% della benzina e del diesel sia costituito da carburanti di origine biologica, ad un prezzo di 20 euro al mc (valore fissato nel 2019); ora, secondo quanto emerso, sembra che le aziende coinvolte lo abbiamo stimato intorno ai 60 euro al mc con un impatto di 2 miliardi di euro alla pompa.
Per l'Agcm, questo aumento dei prezzi sarebbe il risultato di un accordo illecito tra le compagnie petrolifere coinvolte, realizzato attraverso scambi di informazioni diretti o indiretti. In seguito all'indagine, l'Autorità ha perquisito le sedi del giornale "Staffetta Quotidiana" e delle società coinvolte, oltre a altre entità ritenute legate.
La situazione non è poi così lontana da quella recentemente scoperta a Livigno, un piccolo paradiso per turisti e non, dove la Guardia di Finanza ha scovato un accordo al rialzo tra i distributori di carburante così da incrementare il proprio guadagno.