Il ritmo incessante dell'innovazione automobilistica cinese sta mettendo in ginocchio anche i giganti europei del settore, in un mercato che non perdona ritardi tecnologici nemmeno ai marchi più blasonati. La crisi di vendite che sta travolgendo i produttori stranieri in Cina è ormai un fenomeno strutturale, con ricadute devastanti persino per i marchi di lusso che fino a pochi anni fa dominavano incontrastati il mercato del Dragone. Al centro di questa trasformazione si trova un pubblico cinese sempre più esigente, completamente orientato verso veicoli elettrici sofisticati prodotti localmente, che combinano prestazioni elevate, tecnologia all'avanguardia e prezzi competitivi.
Il caso Porsche rappresenta forse l'emblema più eclatante di questa trasformazione. La casa di Stoccarda, vero simbolo del lusso automobilistico globale per decenni, ha visto le proprie vendite in Cina crollare del 42% nel primo trimestre dell'anno, accelerando un declino già in atto da tempo. Un dato scioccante se si considera che appena quattro anni fa, nel 2021, il costruttore tedesco aveva raggiunto il record storico di 95.671 vetture vendute in Cina - quasi un terzo della sua produzione mondiale.
Durante il Salone dell'Auto di Shanghai, mentre altri marchi del Gruppo Volkswagen come VW e Audi presentavano cinque nuovi modelli elettrici, Porsche ha scelto di ripiegare sul proprio patrimonio storico a motore termico. Lo stand della casa tedesca esponeva due edizioni limitate della 911, circondate da modelli d'epoca della leggendaria sportiva, con un'insegna luminosa che recitava provocatoriamente: "non esistono sostituti".
La risposta cinese: tecnologia e potenza a prezzi accessibili
I consumatori cinesi sembrano però di parere radicalmente diverso. Mentre Porsche fatica a convincere con la propria narrazione tradizionalista, i competitor locali stanno conquistando quote di mercato con proposte dirompenti. Yangwang, marchio premium del gigante BYD, e soprattutto Xiaomi, colosso dell'elettronica entrato solo lo scorso anno nel settore automobilistico, stanno ridefinendo le aspettative della clientela di fascia alta con modelli elettrici futuristici.
Il caso più emblematico è rappresentato dalla Xiaomi SU7, una berlina sportiva elettrica dal design ispirato proprio alle Porsche ma proposta a un prezzo decisamente inferiore. Quando a febbraio Xiaomi ha presentato la variante Ultra da 1.548 cavalli al prezzo di 529.900 yuan (circa 72.591 dollari), ha raccolto circa 10.000 preordini in appena due ore - un volume superiore alle vendite trimestrali complessive di tutti i modelli Porsche in Cina. Il confronto appare impietoso: la Porsche 911 base in Cina costa 1.468 milioni di yuan (201.170 dollari) offrendo "solo" 394 cavalli. Una differenza abissale che fotografa perfettamente il divario competitivo che si è creato nel mercato cinese.
La crisi non riguarda solo la casa di Stoccarda. L'erosione delle quote di mercato dei costruttori stranieri è un fenomeno generalizzato che sta colpendo tutti i segmenti, dal medio-basso fino al lusso. I produttori cinesi, pur operando in molti casi ancora senza profitti significativi, stanno ridefinendo completamente le aspettative dei consumatori con powertrain elettrici superiori e un'impressionante gamma di funzionalità tecnologiche avanzate negli abitacoli.
"I costruttori stranieri comprendono la sfida", afferma Yu Zhang, direttore della società di consulenza Automotive Foresight con sede a Shanghai, "ma non si stanno muovendo abbastanza velocemente per risolverla". Un'inerzia strategica che potrebbe rivelarsi fatale in un mercato dove l'innovazione procede a ritmi vertiginosi.
La parabola di Porsche è particolarmente significativa anche dal punto di vista finanziario. Nel settembre 2022, la fiducia degli investitori nel marchio storico era così forte che, poco dopo la sua quotazione in borsa, la sua valutazione aveva superato quella della sua casa madre Volkswagen, nonostante le dimensioni drasticamente inferiori. Da allora, le azioni Porsche hanno perso il 44% rispetto al debutto in borsa e il 21% dall'inizio dell'anno, mentre le vendite in Cina sono calate per tre anni consecutivi.
Nonostante questi dati allarmanti, l'amministratore delegato di Volkswagen e Porsche, Oliver Blume, ha minimizzato le preoccupazioni sul declino delle vendite Porsche in Cina durante la conferenza stampa di presentazione dei modelli VW e Audi al Salone di Shanghai. Una posizione che rischia di apparire disconnessa dalla gravità della situazione che i marchi premium europei stanno affrontando nel più grande mercato automobilistico del mondo.
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