Lo scandalo Dieselgate: problematiche e responsabilità legali dieci anni dopo

Lo scandalo Dieselgate del 2013 ha portato a conseguenze globali, con sanzioni pesanti per i produttori e una maggiore attenzione alle emissioni e all'ambiente. Bosch e Volkswagen sono state coinvolte nella manipolazione dei test.

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a cura di Avv. Giuseppe Croari

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Avv. Giuseppe Croari - Dott.ssa Asia Bartolini

Nel 2013 le autorità statunitensi rilevarono che alcune auto (tre modelli Volkswagen per la precisione) avevano emissioni reali oltre i limiti legali, sebbene avessero superato i necessari test prima di essere immessi in commercio. Quel momento segnò l’inizio di uno scandalo che passò alla storia con il nome di Dieselgate, e che vede sul banco degli imputati molti produttori di auto, tutti accusati di barare nei test per le emissioni. 

L’Environmental Protection Agency (EPA) condannò pubblicamente lo scandalo il 18 settembre, puntando il dito contro la casa tedesca. Secondo l’accusa il marchio aveva progettato un particolare software installato nelle centraline il quale consentiva di ridurre la produzione di sostanze inquinanti durante i test omologazione.

Nulla di più chiaro: una fittizia conformità alla legislazione, dietro ad una reale violazione della stessa.

Le conseguenze legali (e non) del Dieselgate

Dopo l’annuncio, l’effetto domino fu tremendo. Il governo statunitense, in particolare il Ministero della Giustizia, avviò immediatamente una indagine penale a carico del gruppo tedesco; nel mentre, tanto la Volkswagen quanto numerosissime altre case automobilistiche – in tutto il mondo, Europa ed Italia compresa – furono sottoposte ad indagini e procedimenti giudiziari. Tra queste, a titolo esemplificativo ricordiamo: FCA (USA), Renault (Francia), Daimler (Stoccarda), Audi (Italia), ecc.

Le varie case automobilistiche furono costrette a pagare sanzioni molto elevate: Volkswagen, ad esempio, fu condannata a versare 10 miliardi riservati ai 475.000 automobilisti che avevano presentato domanda di risarcimento, 1,8 miliardi di dollari destinati ad un fondo per la diffusione della mobilità elettrica, nonché 2,4 miliardi di dollari per la mitigazione dei danni provocati dal Dieselgate.

La situazione si rivelò anche peggiore in Europa. Nel vecchio continente infatti non esisteva un reato specifico per l’alterazione di un software atta manipolare test ambientali - mentre negli USA lo avevano già. Anzi fu proprio questo scandalo che spinse poi i legislatori ad approvare norme specifiche, cioè nuovi regolamenti che prevedono la prova delle emissioni di NOx su strada in condizioni reali e quotidiane, nonché una definizione di “defeat device”, ovverosia il software o qualsiasi altro mezzo utilizzato per falsare i test.

Inoltre, il 17 dicembre 2020 la Corte Ue, con sentenza nella causa C-693/18, ha individuato importanti criteri per riconoscere un defeat device anche su automobili precedenti a quelle a cui sono applicabili i nuovi regolamenti.

In ogni caso, la linea operativa e decisionale è comune a tutti i Paesi, europei e non: sono numerosissime le class action intentate dai consumatori e dalle relative organizzazioni (Altroconsumo, solo per citarne una) e sono altrettanto numerose le sentenze di accoglimento – e di relativa condanna nei confronti delle case automobilistiche – di risarcimento emanate dai Giudici: una grande vittoria per i consumatori di tutto il mondo.

Il software alla base del Dieselgate: di chi è la responsabilità?

Trovare e decifrare i software utilizzati nello scandalo del Dieselgate non è stato semplice; tuttavia, dopo anni di studio e indagini, i ricercatori sono riusciti finalmente a trovarli e a decifrarli. La chiave stava nella centralina elettrica (ECU) prodotta da Bosch e presente all’interno di ognuna di queste moderne automobili, e che era in grado di distinguere tra situazioni di test e di guida reale: in quest’ultimo caso, le prestazioni effettive venivano sbloccate, con un conseguente tasso di inquinamento estremamente più elevato.

I software nascosti nelle ECU prodotte da Bosch sono arrivati persino a contare 100 milioni di linee di codice; la ripartizione di responsabilità, in questo caso, è chiara: tanto Volkswagen quanto Bosch possono considerarsi coinvolte e responsabili nella causazione di questo enorme scandalo. La conferma di ciò proviene dalla Procura di Stoccarda: sono tre, attualmente, i manager di Bosch indagati e accusati di aver coadiuvato Volkswagen nell’alterazione dei software utilizzati nei test sulle emissioni.

Conclusioni

A distanza di anni sembra ancora impossibile definire, esattamente, l’epilogo di questa lunga vicenda.Tuttavia, sono due i punti fondamentali da tenere a mente: 

  • da un lato sono state ampiamente accolte le voci e le richieste dei milioni di consumatori coinvolti, lesi nel proprio diritto all’informazione e da pratiche commerciali scorrette
  • dall’altro lato, non va trascurata la nascita di una nuova coscienza sociale, attenta all’ambiente e alla sostenibilità, al punto da portare l’Europa a vietare l’immatricolazione delle auto diesel e benzina entro il 2035.

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