Ricordo ancora lo sgomento e l'attenzione che suscitò la presentazione della prima automobile prodotta in serie con 1.000 CV. Sono passati 20 anni da quando, il gruppo Volkswagen, stravolse il mondo con il lancio della Bugatti Veyron: 1.001 CV erogati da un motore 8.0 litri W16 quadriturbo per una velocità massima di 400 km/h. La Veyron è stata un punto di svolta per l'intera industria automobilistica e superò ciò che fino ad allora era un ipotetico limito tecnico e un molto più concreto limite psicologico. Quel numero - 1.000 CV - era un po' come le colonne d'Ercole per il mondo antico: si sapeva che c'era, si conoscevano le possibilità ma lo si rispettava con timore perché superarlo significava raggiungere un mondo nuovo le cui terre inesplorate seducevano e spaventavano.
I tedeschi furono dunque i primi a trovare il coraggio di avventurarvicisi e riportando un'auto che oggi è una leggenda e un archetipo di un nuovo genere di vetture: le hypercar. Negli ultimi 20 anni, però, di automobili capaci di esprimersi oltre i 1.000 CV abbiamo quasi perso il conto. L'elettrico, in questo senso, ha facilitato le cose: tradurre in prestazioni le idee anche più stravaganti è semplice quando non si hanno parti meccaniche che devono tollerare sollecitazioni estreme. L'elettronica ha facilitato la gestione e il controllo della potenza e non è raro trovare SUV ibridi, berline e vetture familiari che superano di slancio i 400 o i 500 CV. E le sportive? Queste ne hanno ormai fatto una competizione: ibridi ultra-performanti; gestioni elettroniche; motori termici da 700-800 CV; accelerazioni con forze G da astronauti.
Ogni nuova automobile, ogni aggiornamento supera il limite stabilito dalla precedente e così continua la corsa al prossimo record. Ma fin quando si potrà continuare e fin dove ci si potrà spingere? È davvero questo quello di cui abbiamo bisogno? Continuando così si arriverà a un punto in cui la prestazione diventerà fine a se stessa e sarà necessario riesaminare il contesto di applicazione tecniche anche di fronte ai miracoli permessi dall'elettronica e dall'elettrificazione. Forse le sports car del prossimo futuro saranno qualcosa di meno (in termini di potenza, prestazioni e velocità), per tornare a offrire qualcosa in più.
L'abbaglio dei CV e l'illusione del controllo
D'altronde viviamo in un'epoca automobilistica affascinante e contraddittoria. Da un lato, la tecnologia ci offre veicoli sempre più sicuri, efficienti e connessi. Dall'altro, assistiamo a una rincorsa sfrenata verso prestazioni numeriche che sembrano aver perso contatto con la realtà dell'esperienza di guida quotidiana. La potenza, espressa in cavalli vapore (CV), e i tempi di accelerazione sono diventati i parametri dominanti, quasi feticci, attraverso cui si misura il valore di un'automobile. Ma questa ossessione per i numeri sta davvero migliorando il nostro rapporto con la guida, o lo sta svuotando della sua essenza più profonda, trasformando il piacere in una mera statistica?
Il marketing automobilistico moderno bombarda il consumatore con cifre impressionanti. Centinaia, a volte migliaia, di cavalli vapore sono sbandierati come sinonimo di progresso e desiderabilità. Accelerazioni da 0 a 100 km/h degne di una supercar sono ormai alla portata di berline familiari o SUV apparentemente innocui. Questa corsa all'iper-prestazione crea un paradosso evidente: la stragrande maggioranza di questa potenza è semplicemente inutilizzabile sulle strade pubbliche, vincolate da limiti di velocità, traffico e norme di sicurezza. Si possiede un potenziale enorme che rimane il più delle volte inespresso nella guida di tutti i giorni. Peggio ancora, gestire potenze così elevate richiede sistemi elettronici sempre più invasivi per garantire la sicurezza, filtrando le sensazioni e allontanando il guidatore dal controllo diretto e dalla comprensione delle dinamiche del veicolo. La sfida non è più padroneggiare la meccanica, ma affidarsi a complessi algoritmi che mascherano i limiti reali dell'auto e, talvolta, del pilota stesso. Il numero dei cavalli diventa un vanto astratto, slegato dalla sensazione fisica e dal divertimento che la guida dovrebbe offrire.
L'elettrico e l'accelerazione istantanea: un'esasperazione della tendenza
L'avvento della propulsione elettrica, pur rappresentando una rivoluzione tecnologica necessaria e potenzialmente positiva sotto molti aspetti, ha involontariamente alimentato (senza emettere CO2. ndr.) questa tendenza. La caratteristica intrinseca dei motori elettrici è l'erogazione di coppia istantanea, che si traduce in accelerazioni brucianti fin dai primi metri. Questo ha permesso anche a veicoli non prettamente sportivi di registrare tempi sullo "0-100" sbalorditivi, rafforzando ulteriormente l'idea che la prestazione pura sia l'indicatore principale del valore. L'esperienza di guida offerta da molti veicoli elettrici, sebbene incredibilmente rapida, può risultare quasi asettica per chi cerca un coinvolgimento più viscerale. L'accelerazione fulminea, pur impressionante, diventa presto un dato di fatto, un numero appunto, che rischia di appiattire altre sfumature del piacere di guida come il suono del motore, la progressione della potenza o la complessità meccanica che in passato contribuivano a creare un legame emotivo con la vettura. Attenzione: l'elettrico, quindi, non ha creato il problema, ma ha fornito uno strumento potentissimo per esasperare la focalizzazione sulle prestazioni numeriche a scapito, talvolta, della ricchezza sensoriale dell'esperienza.

Il rischio della perdita del piacere di guida
Ma cosa intendiamo esattamente per "piacere di guida"? Non è soltanto la velocità pura, né l'accelerazione brutale. È una sensazione complessa, un dialogo tra uomo e macchina. Riguarda la percezione della strada attraverso uno sterzo comunicativo, la capacità di sentire il telaio lavorare sotto di sé, la prevedibilità delle reazioni dell'auto ai comandi, la gratificazione nel pennellare una traiettoria pulita in curva. È l'equilibrio tra potenza, peso, agilità e feedback. Paradossalmente, potenze esagerate possono soffocare questo piacere. Un'auto eccessivamente potente costringe a guidare con un margine enorme per ragioni di sicurezza e legalità, impedendo di esplorarne realmente i limiti e le capacità dinamiche in un contesto stradale. Il divertimento si sposta dalla guida attiva e consapevole alla semplice gestione di una velocità spesso eccessiva e poco gratificante. Si perde la sfumatura, la sensazione di controllo al limite – un limite che, in auto meno potenti ma ben bilanciate, è più accessibile e sicuro da raggiungere e apprezzare.
Riscoprire l'essenza
Forse è giunto il momento di riconsiderare le priorità dell'industria dell'automobile. Invece di inseguire numeri sempre più alti, potremmo tornare a valorizzare le qualità che rendono la guida un'esperienza veramente appagante. Automobili più leggere, agili, con potenze adeguate ma non sovrabbondanti, capaci di comunicare chiaramente le proprie intenzioni e i propri limiti al guidatore. Vetture che privilegiano la qualità del telaio, la precisione dello sterzo e la modulabilità dei comandi rispetto alla potenza massima fine a sé stessa. Esistono esempi virtuosi, spesso nicchie di mercato, che dimostrano come non servano centinaia di cavalli per divertirsi al volante. Il vero piacere risiede nell'interazione, nel sentirsi parte integrante del processo dinamico, nello sfruttare appieno le capacità del veicolo entro limiti ragionevoli e legali. Ridurre le prestazioni sulla carta potrebbe significare aumentare esponenzialmente il divertimento reale su strada, riscoprendo un legame più autentico e meno filtrato con l'atto del guidare.
Oltre i numeri, verso la sensazione
La continua escalation delle prestazioni rischia di trasformare l'automobile da strumento di piacere e libertà a mero status symbol definito da numeri altisonanti ma spesso privi di significato pratico ed esperienziale. L'industria e gli appassionati dovrebbero forse interrogarsi su questa direzione. È davvero questo il futuro che desideriamo per la guida? O possiamo aspirare a un ritorno all'essenza, dove il focus si sposta dalla quantità di cavalli alla qualità delle sensazioni, dalla prestazione numerica al piacere autentico di guidare? Scegliere di sviluppare auto che privilegiano l'equilibrio, la leggerezza e il riscontro concreto su strada potrebbe non solo rendere la nostra guida più appagante, ma anche restituirci quella gioia pura e originale che nasce dal dialogo intimo tra il guidatore, la macchina e la strada.
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