Partiamo da qui: il 28 marzo 2023 i Ministri dell'energia dei Paesi dell'UE hanno votato per lo stop alla vendita di veicoli con motore a combustione a partire dal 2035. Il provvedimento è parte del più ampio piano "Fit for 55" che ha l'obiettivo di ridurre del 55% le emissioni inquinanti entro il 2030 e di abbatterle completamente entro il 2050. Basta un veloce sguardo alla sequenza di date proposta per accorgersi che il tempo a disposizione per completare questo percorso non è poi così abbondante. Eppure, all'industria europea dell'automobile è stato chiesto di operare investimenti colossali per adeguarsi a severissimi parametri di omologazione in termini di emissioni, pena il pagamento di multe miliardarie. Per poterli rispettare, l'unica soluzione sarebbe l'automobile elettrica: negli ultimi 4 anni, la quantità di nuove EV si è infatti moltiplicata. Le vendite, però, non sono andate di pari passo, anzi, non sembrano proprio incontrare il gusto e le esigenze degli automobilisti. Senza dimenticare poi i cinesi, che ora hanno terreno libero per inserirsi nel mercato europeo sbaragliando tutti gli altri con prezzi ultra accessibili e tecnologie di autonomia e ricarica persino superiori. Morale: le elettriche non vendono come previsto, i gruppi europei rischiano di pagare multe spaventose e la concorrenza cinese avanza inesorabile. Ma come si è arrivati a questo punto? Tra scioperi e dimissioni, chiusure e rinvii, l'industria automobilistica europea è alla resa dei conti e farà di tutto per sopravvivere.
Sempre meno immatricolazioni
Da almeno 5 anni, l’industria automobilistica europea sta attraversando una fase di radicale trasformazione, segnata da un calo significativo delle immatricolazioni. Dal 2020, anno dell'inizio della pandemia di COVID-19, i numeri hanno subito un drastico ridimensionamento. Le immatricolazioni sono scese a 11,96 milioni di unità, con un calo del 23,7% rispetto al 2019, per poi continuare a diminuire nel 2021, quando il mercato ha toccato un ulteriore -19%, fermandosi a 9,7 milioni. Nel 2022 il declino è rallentato, con un calo più contenuto del 4%, e nel 2023 si è assistito a un timido recupero (+2%), raggiungendo 9,5 milioni di unità. Per il 2024, le stime suggeriscono una possibile risalita a circa 10 milioni, ma ancora lontano dai livelli pre-pandemia.
Ascesa e declino delle auto elettriche
In questo contesto, la crescita delle auto elettriche ha rappresentato un elemento di discontinuità significativo. Nel 2020, solo il 6,2% delle nuove immatricolazioni riguardava vetture completamente elettriche (BEV), ma questa quota è cresciuta rapidamente negli anni successivi: 10% nel 2021, 12% nel 2022 e circa il 14% nel 2023. Per il 2024 si prevede che il mercato delle BEV possa toccare il 16%, con circa 2 milioni di unità vendute. Questa rapida espansione, pur essendo un segnale positivo sul fronte ambientale, evidenzia il divario tra l’ambizione normativa e la capacità del settore di adattarsi rapidamente alle richieste. Non solo: la maggior parte dei Governi ha inizialmente sostenuto l'acquisto di automobili elettriche con generosissimi incentivi. Questi - essendo per loro natura misure temporanee e non strutturali - non hanno lasciato una tendenza di medio o lungo periodo. Una volta finiti, termina anche la spinta positiva sul mercato del nuovo e la quota di EV ritorna su valori insufficienti a giustificare - in questo momento - un passaggio completo a questa proposta di mobilità.
Produzione industriale in affanno
A livello produttivo, l’Europa sta vivendo una delle crisi più profonde della sua storia recente. Nel 2015, la produzione industriale di autoveicoli si attestava su 18 milioni di unità. Il 2020 ha segnato un calo drastico a 16 milioni (-11% rispetto al 2019), seguito da un ulteriore crollo a 13 milioni nel 2021, dovuto principalmente alla crisi dei semiconduttori. Sebbene si preveda un recupero parziale entro il 2024, con una stima di circa 14 milioni di unità, i numeri restano ben lontani da quelli dell’epoca d’oro dell’industria europea. La volontà (prima politica e poi industriale) di puntare tutto su un'unica soluzione propulsiva ha obbligato a investire in stabilimenti e prodotti che rispettassero tale scelta. Tuttavia, la realtà ha riservato un'amara sorpresa, con il pubblico poco incline ad assecondare le richieste dei costruttori (e dei politici) con ripercussioni a catena su tutta la filiera produttiva. Gli esempi non mancano. Audi ha chiuso la sua fabbrica di auto elettriche in Belgio; Bosch ha licenziato 5.500 dipendenti; Volkswagen deve risparmiare 4 miliardi di euro all'anno; Stellantis ha interrotto la produzione nello stabilimento di Mirafiori (500 elettrica) fino a gennaio 2025.
I nuovi parametri CAFE e il rischio multe
Veniamo ora al tema di più stretta attualità. Dal 2025 entreranno in vigore i nuovi standard CAFE, che impongono un limite di emissioni medie di 93,6 g di CO2 per chilometro sulle auto nuove. Questo obiettivo rappresenta una sfida enorme per tutti produttori europei, in particolare quelli con un’offerta orientata verso SUV e veicoli ad alte prestazioni, come Volkswagen, Stellantis, BMW e Toyota. Il mancato rispetto di questi parametri potrebbe comportare multe salatissime, con un impatto stimato di oltre 1.000 euro per veicolo venduto, un fattore che potrebbe aggravare ulteriormente le difficoltà economiche di un settore già in crisi. Si calcola che i costruttori europei potrebbero ritrovarsi a dover pagare sanzioni per un totale di 15 miliardi di euro. Ed è difficile credere che in un anno la quota di automobili elettriche possa crescere a sufficienza. Ma una soluzione c'è: ridurre la produzione di auto con motore a combustione. In questo modo si contengono le emissioni, ma si potrebbero perdere altri 2,5 milioni di veicoli. Con ovvie conseguenze su occupazione e indotto. Molti costruttori hanno comunque lasciato intendere la possibilità di mettere in atto tale pratica qualora fosse necessario.
Un futuro incerto
La combinazione di fattori normativi, trasformazioni tecnologiche e pressioni competitive pone l’industria automobilistica europea di fronte a un bivio. Da un lato, l’elettrificazione e la sostenibilità ambientale sono obiettivi imprescindibili. Dall’altro, il rischio di perdere competitività globale, specialmente nei confronti dei produttori cinesi e americani, è sempre più concreto. Per evitare un declino irreversibile, il settore dovrà trovare un nuovo equilibrio tra innovazione, sostenibilità e tutela dell’occupazione, riaprendo il dialogo con le Istituzioni europee (che si spera ascoltino) affrontando sfide che richiedono un ripensamento strategico profondo.