"Chi fa da sé, fa per Model 3", giusto? Forse il motto non era proprio questo, ma per Tesla calza proprio a pennello. In un momento storico in cui il mondo lamenta carenza di semiconduttori e microchip, Elon Musk aumenta la produzione e le vendite, e parliamo di un'auto che fa del chip il principale componente, ben intendiamoci. Come farà mai?
Ce lo spiega Adam Jonas, analista della banca d’affari di New York Morgan Stanley. La soluzione è più chiara che mai ed è decisamente un grande classico dell’industria italiana degli inizi del ‘900 (vedi modello Franco Tosi, impegnata nell’industria della metallurgia e della metalmeccanica): Tesla produce la maggior parte della componentistica all’interno del proprio processo lavorativo. Insomma, fa tutto a casa propria.
Tesla è così in crescita anche quest’anno (ricordiamo che i suoi due principali slot di mercato sono il Nord America e l’Europa), posizionando quasi con arroganza le sue Model 3 e Model Y (che compongono il 90% delle vendite totali) in una perenne ascesa nelle top 10 italiane (ed europee).E i risultati si vedono: nel terzo quadrimestre 2021 , per i due modelli sopra citati, sono state prodotti 238 mila veicoli contro i 206 mila del Q2, con una consegna di quasi 241 mila unità, contro le 201 mila del quadrimestre immediatamente precedente.
I vantaggi di una produzione interna sono lampanti: il gap temporale tra richiesta di materiale, produzione e impianto tecnico (alias. installazione) sono ridotti al minimo, sia in termini di tempo che spesso in termini logistici (con conseguente risparmio economico, e riduzione dei rischi generici). Ma non solo, anche una specializzazione nel settore della produzione permette di creare chip a misura delle esigenze di Tesla, e soprattutto unici nel mondo intero.Da non sottovalutare poi come il rapporto con i fornitori di materie prime ne trovi giovamento, soprattutto visto dal lato Tesla. Grazie ad una know-how aziendale forte e solida, Tesla si trova automaticamente in una posizione di predominanza e forza rispetto ai fornitori di materie prime, che spesso sono la parte debole all’interno delle trattative economiche stesse.