Elon Musk è direttamente coinvolto in un processo per via di alcune dichiarazioni su Autopilot, la funzione di guida assistita delle Tesla. Secondo gli avvocati, quelle dichiarazioni non vanno prese in considerazione, perché “potrebbero essere dei falsi” generati con AI. Dunque, non sarebbe necessario, né lecito, chiamare Musk a testimoniare.
Il processo riguarda un incidente con esito mortale, risalente a 2018: i familiari del guidatore sostengono che Autopilot, e dunque Tesla, sia responsabile; in partiolare, si punta il dito contro dichiarazioni dove Musk aveva detto che "una Model S e una Model X, a questo punto, possono guidare autonomamente con maggiore sicurezza di una persona". (È possibile vedere Musk fare questa dichiarazione in un video di YouTube qui). Ci sono anche dei video, come questo, ma appunto secondo i legali di Musk magari non è veramente Elon Musk. Magari, suggeriscono, è una copia digitale e lui non ha mai detto quelle cose.
Un’argomentazione per lo meno insolita, che ovviamente non è del tutto insensata: come deve fare ogni buon avvocato, anche quelli di Elon Musk hanno presentato argomentazioni che potrebbero reggere. Dopotutto in aula, soprattutto nel sistema legale statunitense, non bisogna per forza dimostrare qualcosa; è sufficiente sollevare dubbi più o meno credibili sull’opinione avversa.
Il giudice però non sembra molto incline ad accettare questa linea di pensiero. Il togato, infatti, scrive che “il signor Musk, e altri nella sua posizione, possono semplicemente dire quello che vogliono in pubblico e poi nascondersi dietro la possibilità che le loro dichiarazioni registrate siano un deep fake per evitare di assumersi la responsabilità di quello che hanno effettivamente detto e fatto".
Insomma, non ci ha proprio creduto alla storia del deep fake.
E qui c’è il paradosso: il giudice ha detto una cosa estremamente precisa e reale, che suona più o meno come hai detto quello che hai detto, e adesso ne devi rendere conto senza se e senza ma. Eppure è vero anche il contrario: i ricchi e famosi sono senz’altro esposti alla manipolazione tramite deep fake.
Ma allora, possono davvero dire qualunque cosa, tanto poi se le cose vanno male si può sempre invocare il mostro del deep fake? Ci troviamo così in un pantano insidioso, che riguarda gli aspetti legali tanto quanto quelli filosofici; non si vede via d’uscita, il che rappresenta alla perfezione i problemi e la crisi implicita nel concetto di post-verità.
Un’aula di tribunale comunque non è il luogo dove risolvere complesse questioni sociali, e nel caso specifica la difesa di Musk sembra davvero assurda. Il giudice si è limitato a un’azione del tutto pratica: ha ordinato a Musk di testimoniare, per un massimo di tre ore. La deposizione dovrà avvenire nelle prossime settimane, per arrivare pronti al processo programmato per il 31 luglio.