La Cina si riposiziona strategicamente sul palcoscenico globale, sfruttando il vuoto lasciato dalla svolta protezionistica americana. Negli ultimi giorni, Pechino ha lanciato un'offensiva diplomatica senza precedenti, mirata a conquistare la fiducia delle multinazionali occidentali proprio mentre gli Stati Uniti, sotto la guida di Donald Trump, sembrano abbandonare il ruolo di garanti del libero mercato. Il presidente Xi Jinping, incontrando personalmente i vertici delle più influenti aziende globali, ha voluto inviare un messaggio chiaro: mentre Washington erige barriere, la Cina spalanca le porte agli investitori internazionali.
Xi Jinping ha riunito attorno a sé i leader di colossi industriali e finanziari mondiali come Mercedes, BMW, Toyota, Siemens, Samsung e diverse istituzioni finanziarie internazionali. Non una semplice riunione d'affari, ma una dimostrazione di forza diplomatica orchestrata nei minimi dettagli. Accanto al presidente cinese sedevano figure di primo piano del regime come Cai Qi del Politburo e Wang Yi, responsabile della diplomazia, a sottolineare l'importanza strategica dell'evento. La presenza di rappresentanti dei ministeri delle Finanze, del Commercio e dell'agenzia per la Pianificazione economica ha evidenziato come l'apertura agli investimenti esteri sia ormai una priorità nazionale per Pechino.
"Investire in Cina significa investire nel futuro", ha dichiarato Xi rivolgendosi direttamente ai rappresentanti di BMW e Mercedes. Un messaggio calibrato per far leva su un dato concreto: per entrambe le aziende tedesche, il mercato cinese rappresenta oggi lo sbocco commerciale più importante al mondo. Il presidente cinese ha voluto enfatizzare come gli investimenti stranieri abbiano storicamente contribuito non solo alla crescita economica e occupazionale del paese, ma anche al progresso tecnologico e alla progressiva apertura del mercato cinese. Un contributo che Pechino sembra ora voler riconoscere con maggiore forza.
Xi ha poi tracciato la visione cinese per il futuro economico globale: "il multilateralismo è una scelta inevitabile per risolvere le difficoltà e le sfide che il mondo deve affrontare", ha affermato, posizionando la Cina come difensore di "una globalizzazione economica inclusiva" e promotrice di "un'economia mondiale aperta". La tempistica di questa campagna di charme non è casuale. Pechino sfrutta il momento di incertezza creato dalle politiche protezionistiche americane per riposizionarsi come partner commerciale affidabile e aperto. Lo dimostra anche il recente China Development Forum, dove il premier Li Qiang ha incontrato decine di amministratori delegati di aziende tecnologiche e farmaceutiche americane, tra cui FedEx, Pfizer e Boeing.
Si tratta di un cambio di rotta significativo dopo un 2024 caratterizzato dal calo più drammatico negli investimenti diretti esteri dal 2008. La leadership cinese sembra aver compreso l'urgenza di rassicurare gli investitori internazionali, promettendo ulteriori riforme e un mercato più aperto e trasparente. L'iniziativa diplomatica cinese non si limita alle aziende ma si estende anche alle istituzioni. In questi giorni, il commissario europeo per il commercio Maros Sefcovic si trova a Pechino per una serie di incontri con le autorità locali, incluso il ministro del Commercio Wang Wentao.
Sul tavolo questioni spinose come i dazi europei sulle auto elettriche cinesi, l'accesso ai mercati degli appalti pubblici e il crescente deficit commerciale europeo nei confronti della Cina. Ma la vera partita si gioca su un piano più ampio: in un contesto internazionale in cui gli Stati Uniti sembrano ritirarsi dal loro ruolo storico di promotori del libero scambio, Pechino tenta di presentarsi come alternativa credibile agli occhi dell'Europa.
Questa intensa attività diplomatica cinese rappresenta un cambiamento strategico nella politica estera del gigante asiatico, che cerca di sfruttare le tensioni commerciali globali per ridefinire il proprio ruolo nell'economia mondiale e attrarre capitali e tecnologie occidentali, proprio mentre molte aziende temono le conseguenze delle politiche protezionistiche americane.
Ma andassero tutti a quel paese, voglio un paese equo, giusto, dove siamo tutti uguali, con gli stessi diritti, che investe in sanità e ricerca... l'Occidente ha ormai abdicato, tanto vale chiedere aiuto alla Cina.
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