I dazi dedicati ai costruttori di auto cinesi sono quasi realtà, dopo una serie di indagini e discussioni da parte della Comunità europea e dei maggiori costruttori occidentali. Lo scorso settembre, Ursula von der Leyen aveva annunciato l’avvio di una “inchiesta anti-sussidi sui veicoli elettrici cinesi” e ora, a distanza di mesi, sembra che qualcosa si sia effettivamente pianificato.
Entro il 4 luglio 2024, la Commissione Europea annuncerà ufficialmente tramite la Gazzetta Ufficiale l'introduzione di un regolamento dettagliato che definirà i criteri per la determinazione dell'importo dei dazi. Attualmente, si tratta principalmente di speculazioni riguardo all'ammontare dei dazi e al numero totale dei soggetti coinvolti. Numerosi dettagli devono ancora essere chiariti, e le negoziazioni tra le parti interessate entreranno nella fase cruciale nei prossimi giorni.
Sebbene ci sia l'assenza di questi aspetti cruciali, le ripercussioni in seguito a questa decisione sembra stiano già arrivando, cosa sta succedendo e cosa possiamo aspettarci?
Come funzionano
La Commissione europea ha precisato fin da subito che i dazi imposti sulle auto elettriche provenienti dalla Cina sarebbero stati più specifici e mirati rispetto a quelli proposti dagli Stati Uniti. Secondo i documenti disponibili, si tratta infatti di una tariffa "personalizzata" che varia in base al marchio dell'auto. Nel documento ufficiale emanato da Bruxelles, non esiste una tariffa uniforme per tutte le aziende cinesi, ma diverse aliquote che dipendono dai sussidi ricevuti dal governo cinese e dal livello di cooperazione durante l'indagine anti-dumping avviata lo scorso ottobre. Questo sistema prevede dazi che vanno dal 17,4% al 38,1%, a seconda delle circostanze specifiche di ciascun produttore.
Inoltre, è importante notare che queste misure sono considerate "compensative", quindi vanno ad aggiungersi alla tariffa standard del 10% già applicata sull'import di auto elettriche da qualsiasi provenienza. Questa differenziazione nella tariffazione mira a riflettere più precisamente il contesto economico e commerciale di ciascuna azienda cinese, rispetto alla semplice applicazione di dazi uniformi.
Le reazioni ai dazi
La decisione dell'Unione Europea di imporre dazi mirati sulle auto elettriche cinesi ha scatenato una vivace reazione da parte della Cina, che ha definito le misure "dannose" e contrarie ai principi dell'economia di mercato e del commercio internazionale. Il Ministero del Commercio cinese ha respinto le conclusioni dell'UE, definendole prive di fondamento fattuale e giuridico, e ha accusato l'UE di ignorare il fatto che i vantaggi competitivi della Cina nel settore dei veicoli elettrici derivuno da una concorrenza aperta.
Dall'altra parte, l'Associazione Europea dei Costruttori Automobilistici (ACEA) ha accolto con rammarico l'introduzione dei dazi, ribadendo l'importanza di un commercio libero ed equo per sostenere un'industria automobilistica europea competitiva a livello globale. ACEA ha sottolineato che la sana concorrenza è essenziale per l'innovazione e la scelta dei consumatori, e ha enfatizzato la necessità di garantire condizioni di parità per tutti i concorrenti nel settore.
E proprio di recente, la Germania stessa insieme all'Ungheria e alla Svezia, hanno confermato che sono intenzionate a trovare delle misure per mitigare l'introduzione dei dazi nei confronti delle auto cinesi.
Quali brand automobilistici sono colpiti?
Come anticipato, la proposta dell'Unione Europea prevede l'introduzione di dazi addizionali sulle auto elettriche a batteria importate dalla Cina, che si aggiungerebbero alla tariffa attuale del 10%. Questi nuovi dazi variano in base al produttore cinese, con aliquote che vanno dal 17,4% al 38,1%. Questo implica che alcune auto elettriche cinesi vendute in Europa potrebbero essere soggette a un dazio totale fino al 48,1%, a seconda della specifica situazione del produttore.
Sebbene al momento potrebbe sembrare una situazione ancora "in divenire", alcuni costruttori si sono già ampiamente espressi suggerendo un possibile ritocco ai propri listini. La prima è proprio la famosa Tesla che prevede un possibile aumento sulla Model 3 a partire dal 1 luglio.
Di diversa opinione, invece, MG (gruppo SAIC) che ha già anticipato in una nota che nessun modello o compomenente di ricambio subirà un aumento di prezzo.
Quanto saranno importanti i dazi?
BYD, uno dei brand cinesi più famosi in Italia, subirà un dazio del 17,4% che sarà riversato sul prezzo delle elettriche europee. Il Gruppo Geely potrebbe subire un balzello del 20%; un aumento decisamente salato che potrebbe colpire tantissimi modelli, dalla smart fino alla Volvo EX30, toccando anche Polestar e Lotus.
Sebbene SAIC Motor non aumenterà i prezzi, almeno per ora, riceverà un dazio del 38,1%, il più alto di tutti.
Da quando le auto costeranno di più per i dazi?
Come anticipato anche da Tesla sulla pagina ufficiale del configuratore è possibile che il balzello si registri a partire dal mese di luglio, ma ad oggi neanche questa scadenza appare così chiara.
Inoltre, in seguito all'elezioni europee, è possibile che ci possa essere un cambio di strategia soprattutto in seguito alle richieste degli stati membri e delle aziende che operano nel settore.
Possibili soluzioni
L'impasse tra la Commissione europea e i costruttori cinesi sui dazi potrebbe spingere a un accelerato movimento di produzione delle auto elettriche cinesi in Europa. Tesla, ad esempio, potrebbe aumentare la produzione del Model 3 nella Gigafactory di Berlino per evitare importazioni dalla Cina. Volvo, programmata per iniziare la produzione della EX30 a Ghent nel 2025, potrebbe ora essere incentivata a accelerare i tempi.
Allo stesso modo, BMW si prepara a montare la nuova iX3 in Ungheria, mirando a rendere le auto più locali per evitare dazi. Anche BYD sta costruendo una nuova fabbrica in Ungheria, mentre Chery ha optato per la Spagna e Leapmotor per la Polonia, tutte mosse con l'obiettivo di evitare i dazi d'importazione. Great Wall Motor e SAIC, infine, sono attivamente alla ricerca di nuove localizzazioni produttive in Europa per rafforzare la loro presenza sul mercato continentale.
Senza una manovra di questo tipo, il rischio è quello di essere colpiti direttamente da manovre di risposta cinesi o dai nostri stessi dazi applicati dai costruttori, anche europei, per ribilanciare le spese.