La crisi dei semiconduttori ha messo sotto scacco, ormai da diverso tempo, tutto il settore tecnologico includendo naturalmente anche quello dell’automotive; sebbene la fornitura di chip mondiale sia in via migliorativa, son ancora numerosi i settori che son alle prese con una serie di manovre correttive per mitigare la situazione. Il problema è nato in seguito all’impennata della domanda di smartphone, tablet e personal computer al culmine della pandemia. In altre parole, lo smartworking ha portato ad una crescente domanda dei componenti elettronici e la catena di approvvigionamento non è stata in grado di aumentare costantemente l’offerta, anche a causa dei continui lockdown che hanno limitato le azioni delle società coinvolte. Ad aggravare la situazione ora c'è anche la guerra in Ucraina e il conseguente stop alla produzione negli stabilimenti ucraini e, conseguentemente, in quelli russi.
Le auto moderne son un vero e proprio concentrato di tecnologia e anche le soluzioni più economiche e “spartane” richiedono l’uso di chip; è infatti errato pensare che i semiconduttori servano esclusivamente per realizzare sistemi avanzati nelle vetture più costose, sono presenti anche nei sistemi di infotainment o, più semplicemente, servono a creare i cruscotti digitali che ultimamente è possibile trovare in quasi tutti i modelli più recenti.
Alcuni chip sono più semplici di altri e i produttori, come Bosch e Denso, solo per citarne alcuni, sono in grado di produrli internamente. Tuttavia, le unità più complesse, conosciute con il nome di microcontrollori racchiudono una capacità di elaborazione significativamente maggiore in un pacchetto incredibilmente miniaturizzato necessario per alimentare la tecnologia di bordo. Una realizzazione così complicata che IHS Markit stima che il 70% di tutti i microcontrollori del settore dell’automotive sia esternalizzato a solo alcuni selezionati fornitori come, ad esempio, TSMC.
Un nome che sicuramente avrete già sentito nominare in quanto deputato alla produzione di numerosi componenti della scena mondiale come processori e schede video. Secondo IHS Markit, tuttavia, solo il 3% delle entrate di TSMC proverrebbe dal settore automobilistico; in altre parole, TSMC avrebbe ben poche ragioni per adeguare il proprio piano aziendale e soddisfare quindi le esigenze del settore. Le nuove auto possono richiedere fino a 1.500 chip per gestire i vari sistemi di bordo, valore che è incrementato vertiginosamente rispetto al passato; stando a quanto dichiarato in una precedente intervista dal numero uno di Nissan, a bordo di Qashqai la quantità di chip è aumentata del 50% in un semplice cambio generazionale.
Le soluzioni a riguardo al vaglio sia dai produttori sia da alcuni governi son quelle di realizzare una filiera produttiva più capillare e dedicata, strategia che però richiede numerosi sforzi tanto economici quanto temporali. A questo proposito Intel, uno dei maggiori produttori mondiali di semiconduttori "Made in Usa", farà ingenti investimenti per impianti di produzione, ricerca, sviluppo in Europa. Gli investimenti ricadranno principalmente su Italia, Francia, Germania, Irlanda, Polonia e Spagna, come deciso con il "Chips Act".
Per temporeggiare alla crisi tutti i costruttori sono quindi corsi ai ripari eliminando dai listini alcuni importanti accessori e optional. Tra i primi ad applicare questa strategia c’è Peugeot che, su alcuni modelli, è tornata ad implementare i tachimetri analogici. Ma il piano è stato presto adottato da quasi tutti i protagonisti più famosi del settore, da BMW a Mercedes, da Stellantis al Gruppo Volkswagen, senza lasciare nessuno escluso. Anche Tesla, uno dei pochi marchi che è riuscito a fronteggiare meglio la crisi, di recente ha rimosso (silenziosamente, senza rilasciare comunicati) alcuni accessori come il supporto lombare dal sedile del passeggero anteriore e le porte USB-C della console centrale di Model 3 e Model Y. Sulla stessa scia, BMW le funzionalità touchscreen su alcuni modelli, mentre Mercedes ha eliminato il supporto alla ricarica wireless anche sui modelli più premium.
In alcuni casi, la crisi è stata così inaspettata da aver rimosso interamente la produzione di intere autovetture o rallentato la costruzione delle stesse. Un esempio è presto dato da Skoda, con Fabia Station Wagon e Fabia R5, o McLaren con il recente annuncio di Artura. Come accennato, la situazione è destinata a migliorare anche se le case costruttrici sono ancora più che conservative a riguardo. Per la maggior parte dei costruttori la crisi si protrarrà per buona parte del prossimo anno e alcuni prevedono che il problema possa arrivare a coprire tutto il 2022.
Tempi di consegna
Le difficoltà di approvvigionamento dei semiconduttori hanno portato, inesorabilmente, ad un drastico rallentamento della produzione e in alcuni casi ad un vero e proprio “stop and go” di intere linee produttive. Di conseguenza, l’attesa per la consegna delle auto è aumentata arrivando a toccare anche i 10 mesi. Una indagine di Quattroruote, analoga ad una più recente di AutoExpress, ha evidenziato, casa per casa, i tempi di consegna delle principali auto in commercio sottolineando uno scenario poco incoraggiante.
- 3 mesi: Ford Puma, Jeep Compass Phev, Toyota Corolla, Volkswagen T-Roc, Volkswagen Tiguan, Alfa Romeo Stelvio, Hyundai i20, Nissan Qashqai;
- 4 mesi: Alfa Romeo Giulia, Audi A3 Sportback, Fiat Tipo 5 Porte, Fiat Tipo Station Wagon, Ford Ecosport, Lexus UX, Peugeot e-208, Peugeot e-2008, Toyota C-HR, Toyota Rav4, Volkswagen T-Cross, Volkswagen up!, Volkswagen up! eco move, Bmw X4, Bmw X5, Bmw X6, Fiat 500L, Opel Grandland X, Peugeot 208, Skoda Octavia Wagon;
- 5 mesi: Aud A4 Avant, Ford Fiesta, Ford Focus, Peugeot 2008, Peugeot 3008, Peugeot 5008, Toyota Yaris Hybrid, Audi A1 Sportback, Jeep Wrangler;
- 6 mesi: Audi A3 Sedan, Bmw X3, Ford Mondeo, Ford Mustang Mach-E, Hyundai Tucson, Nissan Lead, Skoda Octavia berlina, Toyota Yaris, Volkswagen Golf;
- 7 mesi: Audi Q3 Sportback, Audi A6 Avant, Audi Q7, Ford Focus, Ford Kuga, Ford Kuga EcoBlue Hybrid, Ford S-Max Hybrid;
- 8 mesi: Audi A6, Audi A7;
- 9 mesi: Audi Q5;
- 10 mesi: Audi A7 Rs, Audi Q3 Sportback.
Questi sono naturalmente alcuni modelli, come sappiamo da precedenti indagini anche le soluzioni più semplici sono affette dal medesimo problema. Citroen Ami, il quadriciclo elettrico francese divenuto famoso anche grazie al prezzo contenuto, necessita di un tempo di attesa di 15 settimane, praticamente 3 mesi. Secondo l’ANFIA (Associazione italiana dei produttori automotive) il tempo medio per l’attesa di una nuova auto è ora triplicato. Tempi dilazionati e accessori eliminati per le nuove vetture, la cosa succede ai km0 in pronta consegna?
Per chi non lo sapesse, le auto km0 sono per definizione proposte che vengono immatricolate preventivamente dalle concessionarie; sono per lo più auto da esposizione, super accessoriate, utilizzate per presentare il modello ai futuri acquirenti. Vengono considerate “auto di seconda mano” e come tali hanno generalmente un prezzo di vendita sensibilmente inferiore rispetto ad un’auto di pari equipaggiamenti nuova. Nonostante questo aspetto però, alcune indagini di mercato hanno evidenziato come le soluzioni in pronta consegna non siano più così vantaggiose complice la presenza di pacchetti di accessori ormai introvabili sui nuovi allestimenti.
Disponibile sì, ma solo su ordinazione
Nei mesi passati, quando idealmente non era ancora possibile capire lo scenario a cui si sarebbe andati incontro, numerosi produttori si sono ritrovati con parchi auto pieni di proposte non ancora completamente finalizzate e quindi non pronte alla commercializzazione. Per ovviare a questo problema, i costruttori ora sembrano più intenzionati a limitare le scorte di unità a disposizione e cambiare radicalmente strategia.
Forse per questa ragione e sicuramente anche per elevare il prestigio del marchio, Alfa Romeo ha dichiarato che ci saranno importanti novità sul fronte della disponibilità e distribuzione. Lo storico brand ha infatti precisato che saranno eliminati i km0 e che le future soluzioni saranno disponibili solo su ordinazione. Strategia che, come anticipato, non solo consentirebbe ad Alfa Romeo di migliorare l’immagine ma dovrebbe anche ridurre i costi di stoccaggio di auto invendute e non finalizzate.
Mercato dell’usato
Complice la limitata offerta sul nuovo, il mercato dell’usato ha subito un vero e proprio boom nel corso degli ultimi mesi con crescite inaspettate su tutti i fronti. Una indagine di AutoScout24 ha evidenziato, a questo proposito, che nel novembre 2021 gli acquirenti si sono ritrovati a pagare, in media, quasi il 20% in più rispetto al medesimo periodo dell'anno precedente.
Situazione analoga anche e soprattutto per le elettriche di casa Tesla che, secondo quanto osservato in una nostra breve analisi, sarebbero in una vera e propria bolla economica. Allo stato attuale, complice un tempo di attesa piuttosto prolungato sul nuovo, acquistare una Tesla usata può essere poco conveniente. Non è raro infatti trovare Model 3 usate con un prezzo non troppo lontano dal nuovo, anche al netto dei continui aumenti di prezzo inseriti da Tesla ai propri listini, o le più recenti Model Y a valori di mercato praticamente identici al nuovo (se non superiori!).
Cosa succederà in futuro
Rientrata la crisi, presumibilmente nel corso del prossimo anno, la situazione dovrebbe tornare lentamente alla normalità sebbene diversi costruttori abbiano deciso di modificare alcune strategie di vendita. Al fine di assicurare maggiore trasparenza nel prezzo e gestire meglio le scorte per evitare un’eccessiva saturazione del mercato, con conseguenti sconti per smaltirle e perdite di valore, Mercedes e Stellantis hanno dichiarato che si passerà progressivamente ad un modello di vendita più vicino al concetto di agenzia.
La distribuzione delle automobili ha uno schema consolidato che consente al concessionario di vendere le auto ai clienti finali grazie alla "concessione" della casa automobilistica stessa. Il dealer è quindi un soggetto terzo che compra dal costruttore e rivende all'utente finale con un certo margine, necessario per sostenersi e idealmente anche guadagnarci. Il nuovo modello "ibrido" prevede una maggiore presenza del costruttore e una riduzione del coinvolgimento del dealer, una sorta di “modello Tesla” dove le concessionarie avranno funzioni di rappresentanza del marchio sul territorio offrendo servizi come la consegna del veicolo e la manutenzione