La pandemia da Covid-19 iniziata poco meno di due anni fa ha creato tutta una serie di problematiche e difficoltà che sono andate ben oltre ai più immediati e importanti settori sociali e produttivi, quali la salute inter-personale, il settore sanitario e l’economia locale, ambiti immediatamente e facilmente percepibili da tutti noi. A cascata, sono molti i settori produttivi che hanno subito una battuta d’arresto. Uno di questi è il settore legato all’estrazione mineraria e alla produzione di semiconduttori: i famosi chip.
Bisogna comprendere che la principale fonte mondiale legata alla produzione di semiconduttori è localizzata in Malesia (circa il 79% della produzione globale), e rifornisce tutti i più grandi Leader del settore IT e Automotive, quali Stellantis, Volkswagen, Toyota e Ford, Microsoft e Samsung.
Il freno dato dalla pandemia nella catena di produzione di questo importantissimo componente, che sta alla base di ogni circuito elettronico, e la carenza di materie prime, quali alluminio, acciaio, plastica e resina, ha dato un brutto colpo al settore automotive, con prevalenza nel segmento EV.
AlixPartners, società di consulenze americana, ha decretato già nei mesi scorsi un calo nelle produzioni globali di veicoli elettrici e non di circa 3,9 milioni di unità annue, stima incrementata nei giorni scorsi a ben 7,7 milioni di unità annue.
Il dato è giustificato da un aumento dei costi medi sulle materie prime, sopra citate, a carico dei costruttori di veicoli, e dall’assenza totale di quelli che le aziende definiscono “ammortizzatori economici”, cioè tutta una serie di strategie economiche e amministrative interne che permettono di tamponare eventuali oscillazioni nei costi delle materie prime, marginando in altri settori economici.
In parole povere, il tutto si tramuta in un aumento dei costi medi sul mercato, e ad un inevitabile decrescita sulla produzione dei veicoli stessi, ponendo il mercato in una situazione di (seppur lieve) recessione.