Auto elettriche e incendio: situazione reale, soluzioni e tecnologie

Spesso e volentieri sentiamo parlare di auto elettriche in fiamme: ma quali sono le cause più comuni e come ci si deve comportare?

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a cura di Luca Rocchi

Managing Editor

Da ormai diversi anni sono disponibili sul mercato auto ad alimentazione ibrida e puramente elettrica, soluzioni che stanno rapidamente guadagnando importanti quote di mercato grazie anche alla possibilità di acquistarle con incentivi all’acquisto che ne alleggeriscono il prezzo. Mentre alcuni anni fa era molto difficile trovare e riconoscere, su strada, un’auto con alimentazione differente dalla classica endotermica, ora le ibride e le elettriche superano ampiamente i due milioni di vetture immatricolate nel nostro Bel Paese; si tratta di un numero contenuto rispetto al parco circolante attuale, ma comunque di rilievo se consideriamo che solo di recente c’è stato un progressivo incentivo all’acquisto.

La diffusione delle auto elettriche (e ibride) ha portato con sé una ventata di novità, positive e negative, su più piani: dall’infrastruttura ai servizi, dalle dotazioni all’utilizzo fino, naturalmente (e fortunatamente), alla sicurezza così da limitare i possibili rischi in caso di sinistro e/o malfunzionamento.

Le auto elettriche prendono fuoco più spesso?

Spesso riportiamo notizie di auto elettriche (o ibride) colpite da combustione spontanea o accidentale sulle nostre pagine, provocando continue reazioni (positive e negative) da parte dei nostri lettori. La domanda che ci viene posta più frequentemente è sempre la medesima: le auto elettriche vanno a fuoco più spesso di quelle a benzina?

Abbiamo provato a dare una risposta a questa domanda analizzando i numerosi report disponibili e accessibili al pubblico e la conclusione più veloce è che sono le auto endotermiche le più soggette a situazioni di questo tipo.

Lo studio più recente e completo è quello di AutoInsuranceEZ, un portale statunitense che svolge servizio di brokeraggio e confronto tra diverse compagnie assicurative; nel 2020, negli Usa, le auto a benzina che hanno preso fuoco sono molte di più di quelle a batteria. Numeri alla mano, su oltre 215mila vetture in fiamme, 200mila sono a carburante liquido, 15mila ibride e appena una 50ina quelle a batteria.

Chiaramente le elettriche sono meno diffuse e non è difficile pensare che il risultato possa essere sfalsato in tal senso; osservando ai dati percentuali, si scopre che ogni 100mila unità vendute, i casi di incendio sono 1.500 per le auto a benzina, 3.400 per le ibride e 25 per le elettriche. Certo, ci sono alcuni casi rari che avrebbero potuto, se non opportunatamente corretti in tempo, innalzare questi numeri come, ad esempio, i problemi relativi a Chevrolet Bolt e la sua mega campagna di richiamo di oltre 140mila unità.

Le cause di un possibile incendio

I film di azione trasmessi in TV negli anni ’90 e 2000 ci hanno insegnato, anche enfatizzando qualche aspetto, che le auto a combustione possono prendere fuoco molto facilmente soprattutto quando il liquido contenuto nel serbatoio viene innescato con qualche fonte di calore. Se avete mai visto una puntata di Cobra 11 sicuramente avete capito di cosa parliamo ma sarete consci, anche voi, che in verità non è così semplice e veloce che un’auto possa andare a fuoco se non addirittura esplodere. Ma quali sono le cause legate alle auto elettriche?

Nell’immaginario comune, un’auto elettrica utilizza una “grossa batteria da smartphone” installata direttamente nel pianale dalla quale recupera (e immagazzina) energia per funzionare. Nel corso degli anni ci sono stati numerosi richiami relativi a smartphone difettosi e a rischio incendio, è possibile che accada anche nelle auto?

Com’è fatta una batteria agli ioni di litio

Le batterie al litio si trovano in una grande quantità di dispositivi, sono sicure ma il loro uso può comportare una serie di rischi. Concettualmente possiamo immaginare le batterie ricaricabili al litio come un panino: le due fette di pane rappresentano le piastre (anodo e catodo), mentre il prosciutto è l’elettrolita in grado di condurre elettricità.

In partenza, gli ioni di litio sono posizionati sull’anodo e solo quando la batteria entra in funzione gli ioni positivi si spostano, attraversando l’elettrolita, raggiungendo l’altra superficie. Durante le fasi di ricarica, invece, il “percorso” coperto è nel senso opposto riportando tutto nella situazione di partenza.

La possibile esplosione di una batteria è legata fondamentalmente al surriscaldamento di anodo e catodo e al raggiungimento della condizione del “thermal runaway”. Ogni lamina, generalmente realizzata in grafite, è coperta di uno speciale filtro che impedisce che l’elettrolita possa corrodere l’anodo e portarlo a temperature in grado di fargli produrre eccessivo calore (squilibrio termico). In queste situazioni estreme e pericolose, la temperatura può aumentare anche di 5 gradi centigradi al minuto, provocando nei casi più estremi l’esplosione delle batterie stesse.

Come si ottiene il thermal runaway? Semplice, da un banale cortocircuito dei componenti elettrici, surriscaldamento da fonti esterne, problemi meccanici (come un forte urto) o sovraccarichi.

Auto elettrica in fiamme: come agiscono i Vigili del Fuoco?

Gestire eventi “limite” di questo tipo richiedono accorgimenti particolari, attrezzature ad hoc e tempestività nell’intervento, così da evitare il rischio che l’auto elettrica possa bruciare a lungo ed eventualmente anche esplodere. Per mettere in sicurezza un’auto elettrica in fiamme, i Vigili del Fuoco devono non solo indossare tutte le protezioni adatte, ma essere in grado di sconnettere in sicurezza la batteria e osservarla, con una telecamera termica, per scongiurare un possibile corto circuito interno.

A questo proposito, come riportato in questo documento ufficiale, alcuni costruttori (come Renault) hanno installato speciali coperchi termofusibili conosciuti anche con il nome di “Fireman access” sul pacco batterie per agevolare le manovre di soccorso e le operazioni di spegnimento di un possibile incendio.

Sempre Renault, sulle auto costruite a partire dal 2023, posiziona due ulteriori ausilii utili in caso di problemi: QRescue e SD Switch. Il primo non è altro che un piccolo QR code posizionato in una zona strategica che permette, con una corretta lettura, di informare tempestivamente la squadra di soccorso delle caratteristiche della vettura e posizionamento dei componenti, mentre il secondo un sistema che permette di scollegare la batteria  dall’impianto elettrico ad alta tensione dell’auto. Previsto, infine, in futuro un ulteriore meccanismo brevettato per ripiegare facilmente i sedili ed estrarre più velocemente i feriti.

Gli estinguenti che funzionano meglio

Uno studio Effective Fire Extinguishing Systems for Lithium-ion Battery realizzato nel 2018 dalla Università Sapienza di Roma, ENEA e Nucleo Investigativo Antincendi, ha analizzato quale sia la reale efficacia degli estinguenti maggiormente diffusi:

  • un flusso di acqua;
  • nebbia d’acqua (water mist);
  • schiuma;
  • CO₂;
  • polvere secca.

Senza scendere troppo nei tecnicismi di difficile comprensione, secondo quanto emerso simulando il raffreddamento di una batteria agli ioni di litio in fuga termica, l’acqua e la schiuma sono i metodi più efficaci per raffreddare una batteria. La nebbia d’acqua, introdotta solo negli ultimi anni per risparmiare sui litri d’acqua consumati e per limitare i danni creati dal potente getto d’acqua, non consente un corretto raffreddamento.

E la CO₂? L’anidride carbonica riesce, come è lecito pensare, a soffocare la fiamma in tempi relativamente brevi, tuttavia, non permette di raffreddare tempestivamente la batteria in modo da interrompere le reazioni che avvengono al suo interno.

I litri di acqua non sono mai abbastanza

Appurato come domare un incendio di un’auto elettrica, viene lecito chiedersi quanti litri siano necessari; in rete sono apparse diverse notizie nell’ultimo periodo riguardanti diverse Tesla andate completamente in fiamme. I due casi più eclatanti arrivano dagli Stati Uniti dove son stati necessari rispettivamente 115mila e 45mila litri per domare le fiamme: si tratta di valori estremamente alti soprattutto se consideriamo che, in media, un’autobotte contiene poco più di 10mila litri e che per una vettura endotermica ne sono necessari tra i 2mila e i 4mila litri d’acqua.

Naturalmente per erogare tutti questi litri d’acqua sono state necessarie diverse ore. Inoltre, come se non bastasse, le batterie possono riprendere fuoco anche a distanza di ore quando magari la carcassa si trova in un deposito insieme ad altre auto o vicino a un edificio, rappresentando quindi un pericolo imprevedibile.

Al momento non ci sono segnalazioni di camion o in generale mezzi pesanti elettrici che possano aver richiesto un numero ancora maggiore di acqua; tuttavia, temiamo che in quel caso l’impegno da parte dei soccorritori possa essere ancora superiore.

Le strategie dei costruttori

Mentre la maggior parte dei costruttori si è adoperato per offrire “scorciatoie” agli organi competenti per raffreddare i componenti più pericolosi, altri, come Audi, sono riusciti a brevettare sistemi antincendio direttamente integrati nelle batterie al litio. Le soluzioni pensate al momento sono due e operano in maniera distinta. La prima è un sistema in grado di riconoscere e isolare le celle mal funzionanti, mentre la seconda prevede l’integrazione di un sistema estinguente capace di “risucchiare” l’ossigeno all’interno di un modulo per “soffocare” direttamente il principio di incendio.

Posso parcheggiare l’auto elettrica ovunque?

Viene lecito chiedersi, anche in vista di possibili soccorsi, se sia possibile parcheggiare l’auto elettrica in ogni parcheggio o se, analogamente alle auto a metano, ci possano essere possibili limitazioni. Allo stato attuale in Italia e in Europa non sono previste limitazioni in questo senso, ma solo linee guida generiche (consigli e indicazioni) per le autorimesse pubbliche e i sistemi di ricarica che vanno installati per privilegiare le operazioni di soccorso.

Discorso differente per il trasporto via nave che, in seguito all’incendio della Felicity Ace, ha aperto un enorme dibattito sulla sicurezza a bordo. A questo proposito, sembra che verranno realizzate navi cargo di nuova concezione capaci di contenere e domare potenziali incendi scaturiti da auto elettriche; la prima si chiamerà Aurora e dovrebbe entrare in servizio nel 2024.

C’è un pericolo vero nelle auto elettriche?

Assolutamente no e i rischi che si possono correre sono i medesimi di quelli delle endotermiche, con l’unica differenza legata al sistema di estinguimento che richiedere uno sforzo decisamente superiore in quelle a batteria.

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