Una nuova lettera realizzata dalle principali associazioni ambientaliste è arrivata sul tavolo del presidente del consiglio Draghi in questi giorni. L'obiettivo degli autori è convincere l'attuale governo ad accelarare la transizione energetica, anticipando i tempi ben prima del 2040 (attuale termine prefissato). Secondo Legambiente, WWF e altri è necessario che lo stop alla vendita di motori termici veda delle fasi intermedie già a cominciare dal 2027.
A sostegno di questa tesi, giova ricordare che il nostro paese ha tra le concentrazioni più alte di mezzi inquinanti d'Europa. Si parla di oltre 650 vetture ogni 1.000 abitanti e più di 80 .000 morti premature ogni anno per cause legate all'inquinamento. Come vedete dall'immagine, la maggior parte dei problemi resta concentrata nella zona padana che al ritorno dell'autunno ridiventa la patria dello smog. Ma sono anche le abitudini sbagliate dei singoli cittadini a peggiorare la situazione, basti pensare a quanti usano l'auto per brevi spostamenti in zone densamente popolate (e ben servite dai mezzi pubblici).
Ma le motivazioni offerte a Draghi non sono esclusivamente di natura ambientalista. Considerando che altri paesi come l'onnipresente Germania attiveranno ai "blocchi" prima di noi, l'intera industria automobilistica rischia di restare indietro. Ciò porterebbe a gravi danni economici e perdita di posti di lavoro vista la minore competitività (già esistente ora) nel settore ibrido ed elettrico. La celebre strategia italiana del prendersela con calma, insomma, rischia di portare più danni che benefici.
Detto questo, al momento si resta sulle decisioni già previste ovvero nessuna novità fino al 2040 quando saremo dieci anni in ritardo rispetto a paesi come Svizzera o Inghilterra. Addirittura quindici nei confronti di precursori come la Norvegia, che punta a bloccare le vendite di motori termici già dal 2025.
Considerando che, in Italia, l'80% dei 108 milioni di tonnellate di CO2 prodotte nell'aria ogni anno arriva dai trasporti, viene da chiedersi a chi importa veramente della questione. Le politiche pro-diesel prima, e la lentezza nella transizione enegertica adesso, ci fanno pensare che siano davvero in pochi.