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Terre rare e materiali critici: il nuovo fronte della competizione globale

Vi parliamo di un tema sempre più centrale nello scacchiere geopolitico: l’accesso alle terre rare e ai materiali critici.

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a cura di Andrea Ferrario

Editor in Chief

L’incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca ha riacceso i riflettori su un tema sempre più centrale nello scacchiere geopolitico: l’accesso alle terre rare e ai materiali critici, risorse essenziali per la tecnologia, l’economia e la sicurezza nazionale. Al di là delle dinamiche politiche, ciò che emerge è una corsa silenziosa ma decisiva per il controllo di queste materie prime, con l’Ucraina al centro di un potenziale gioco di alleanze e interessi strategici.

Cosa sono le terre rare?

Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi chimici, tra cui i 15 lantanidi (dal lantanio al lutezio) più scandio e ittrio. Contrariamente al nome, non sono particolarmente scarsi in natura: alcuni, come il cerio e il lantanio, sono più abbondanti di piombo o zinco. La loro “rarità” deriva piuttosto dalla difficoltà di estrazione e raffinazione, dovuta alla loro dispersione in minerali complessi e alle somiglianze chimiche tra gli elementi.

Scoperte nel XIX secolo, furono inizialmente considerate “rare” perché trovate in giacimenti insoliti e difficili da lavorare. Oggi, però, la loro importanza è legata alle proprietà magnetiche, elettroniche e ottiche, indispensabili per settori high-tech come l’elettronica, le energie rinnovabili e la difesa.

Sebbene l’attenzione mediatica si sia concentrata sulle terre rare, l’Ucraina possiede soprattutto un’ampia varietà di materiali critici – risorse identificate come vitali per l’industria moderna. Tra questi:

  • Litio (fondamentale per le batterie);
  • Titanio (6% delle riserve mondiali, usato in aerospaziale e medicina);
  • Grafite (20% delle risorse globali, essenziale per batterie e celle a combustibile);
  • Manganese (ottavo produttore mondiale, cruciale per acciai speciali);
  • Berilio (leghe per aerospazio e difesa);
  • Nichel (superleghe e accumulatori).

Se le terre rare hanno monopolizzato il dibattito, è importante precisare che il vero tesoro ucraino risiede in una gamma più ampia di materiali critici. Il paese, pur occupando appena lo 0,4% della superficie terrestre, custodisce circa il 5% delle risorse minerarie globali, con particolare abbondanza di titanio (6% delle riserve mondiali), grafite (20%), manganese (ottavo produttore mondiale) e litio, quest'ultimo fondamentale per la rivoluzione delle batterie.

Secondo le classificazioni dell'Unione Europea, il territorio ucraino ospita 22 dei 34 minerali considerati critici per lo sviluppo industriale, una concentrazione che ne fa un obiettivo strategico nella competizione globale per le risorse.

L'egemonia cinese e la dipendenza occidentale

La mappa globale delle terre rare disegna un panorama dominato dalla Cina, che controlla il 40% delle riserve mondiali e produce il 68% dell'output globale. Ma il vero potere di Pechino risiede nella raffinazione: con una quota compresa tra l'85% e il 90% della capacità mondiale, la Cina detiene un quasi-monopolio, particolarmente schiacciante per le terre rare "pesanti" (99,9%).

Fuori dalla Cina, solo due impianti - Lynas in Malesia e Neo Performance Materials in Estonia - operano su scala significativa, coprendo insieme meno del 15% della domanda globale. Questa situazione crea una vulnerabilità strategica per le economie avanzate: gli Stati Uniti, ad esempio, importano oltre il 95% delle loro necessità di terre rare, una dipendenza che l'amministrazione Trump ha cercato di ridurre attraverso accordi bilaterali e tentativi di acquisizione di risorse all'estero.

L'interesse americano per le risorse ucraine si scontra, però, con diverse contraddizioni. Molti giacimenti si trovano nel Donbass, area parzialmente controllata dalle forze russe, che secondo alcune stime avrebbero già il controllo su risorse minerarie valutate 12.400 miliardi di dollari.

Inoltre, la presenza di risorse nel sottosuolo non garantisce automaticamente la loro accessibilità economica. Lo sfruttamento richiederebbe massicci investimenti in infrastrutture, tecnologie avanzate e una filiera logistica stabile, con tempi di realizzazione che si misurano in anni, se non in decenni.

La nuova geografia del potere

Questa competizione per le risorse sta ridisegnando la geografia del potere globale: la Cina ha costruito la propria egemonia attraverso un approccio integrato che combina controllo delle materie prime, sviluppo tecnologico e accordi commerciali. Gli Stati Uniti cercano di reagire con politiche protezionistiche e accordi bilaterali, mentre l'Ucraina potrebbe trasformarsi da campo di battaglia militare a terreno di scontro economico.

In questo contesto, la diplomazia delle materie prime sta acquisendo un'importanza senza precedenti. Quello che un tempo era considerato un semplice scambio commerciale si è trasformato in una complessa partita strategica, dove l'accesso alle risorse potrebbe determinare gli equilibri tecnologici ed economici dei prossimi decenni. La vera posta in gioco non è solo il controllo del territorio, ma la capacità di plasmare il futuro industriale del pianeta.

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