La parabola di Sense8 è stata breve, improvvisa e allo stesso tempo piena del sentimento dei suoi creatori, le Sorelle Wachowski, e della sua sterminata fanbase. Una serie TV di successo che in appena tre anni è nata, cresciuta, ingiustamente cancellata dal suo network e infine salvata grazie all'amore dei fan, e che rappresenta probabilmente la storia più assurda nel panorama seriale degli ultimi anni, segnando un precedente incredibile anche per un'azienda fuori dagli schemi come Netflix.
Perché va detto: non c'è niente di peggio di vedere la propria serie preferita interrotta sul più bello. Per soddisfare quel sentimento morboso che si crea nello spettatore che vuole conoscere a tutti i costi il destino dei personaggi, il servizio di streaming ha pensato bene di concedere due ore e mezza conclusive alla cerchia più strampalata e queer della fantascienza moderna. Amor vincit omnia è, come suggerisce il titolo in latino, una lettera d'amore conclusiva piuttosto che un finale classico, in cui ritroviamo tutta la cifra stilistica della serie elevata all'ennesima potenza, che surclassa un intreccio più ragionato e coerente.
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Dopo i turbolenti dieci minuti finali della seconda stagione, la cerchia dei sensate protagonisti è ora riunita sotto un unico tetto parigino mentre pianifica il salvataggio del loro ottavo membro, il tedesco Wolfgang, imprigionato nelle grinfie della BPO e sottoposto a devastanti torture che si ripercuotono su tutti gli altri membri. Man mano che ci si avvicina allo scontro finale, gli ultimi segreti vengono a galla e tutti gli amici degli otto protagonisti tornano per fornire loro supporto.

Il finale funge quindi da grande evento corale in cui far muovere un numero spropositato di personaggi, e si cerca di dar a ciascuno almeno un momento in cui splendere e conquistare la scena. Risulta per certi versi bizzarro, se non addirittura improbabile, ritrovare tutti i personaggi incontrati in passato ad ogni angolo di Parigi e Napoli - le due uniche location scelte per il finale - se non fosse per necessità di trama.
Il minutaggio in una serie TV non è quasi mai avvertito come un ostacolo a quanto si voglia raccontare, ma nel caso di questa puntata finale - già di per sé lunghissima - viene avvertito come una spada di Damocle sulle teste degli sceneggiatori, obbligati a chiudere in fretta e furia tutte le sottotrame lasciate in sospeso. In alcuni casi sono stati fin troppo sbrigativi, anche nella risoluzione di interrogativi che assillavano i fan sin dalle prime puntate, per non rompere troppo il ritmo degli eventi.

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A parte questi momenti, come si comporta Amor vincit omnia sul piano dell'azione e della trama orizzontale? Fa quello che può, visti i tempi ristretti. Dopo una prima parte adibita al salvataggio del biondo Wolfgang, per smuovere la storia da un blocco, le autrici hanno dovuto mettere in campo un deus ex machina molto familiare ai fan della saga di Matrix. La risoluzione della vicenda per certi versi non soddisfa pienamente, con un confronto finale fiacco e sbrigativo.
Alla fine, Sense8 non è mai stata una serie che rientrava nei canoni della fantascienza classici, e il suo focus non era costruire un mondo approfondito nei particolari. In perfetta linea con la poetica del cambiamento delle Wachowski, il principale interesse era piuttosto rappresentare un gruppo di sconosciuti, sparsi per il mondo, che nonostante le differenze culturali e di genere utilizzano il canale sensoriale per instaurare un'unione unica e che supera la distanza.
Grazie per la tua breve ma intensa vita, Sense8.
Il film più vicino a Sense8 come tematiche è certamente Cloud Atlas, sempre diretto dalle sorelle Wachowski.