La Scuola Digitale? Per il momento in Italia c'è, ma solo sulla carta. È quanto hanno concluso dopo un'indagine di due mesi i giornalisti dell'AGI, che ad agosto hanno chiesto al ministero dell'Istruzione di poter accedere ai dati riguardanti il Piano Nazionale Scuola Digitale, usando lo strumento del FOIA (Freedom Of Information Act). Lo stato dell'arte che viene fuori è sconfortante. Non ci sono ad esempio le sessanta ore di coding promesse dall'ex ministro Stefania Giannini in tutte le scuole primarie, e non ci sono nemmeno le connessioni in fibra ottica per tutte le scuole, promesse prima entro il 2018 e poi rinviate al 2020, al momento fruibili forse in una scuola su dieci.
L'unico impegno mantenuto al momento sembra quello di trasformare in ogni scuola un docente in animatore digitale, tuttavia non c'è traccia né del fondo spese da mille euro l'anno per scuola, (anche se forse la prima annualità sembrerebbe in pagamento in questi giorni) né del contributo per le spese di connettività, indirizzato a tutti gli istituti del paese. Ma procediamo con ordine e vediamo anzitutto come i colleghi dell'AGI hanno svolto la ricerca.
Basi della ricerca
"Abbiamo chiesto tutti i dati che servono a capire quante scuole sono connesse in rete, come sono connesse, quali strutture offrono e dunque a raccontare in dettaglio come avanza, se avanza, la digitalizzazione del mondo scolastico italiano", spiega l'AGI nel suo lavoro. "Le tabelle ricevute sono state analizzate con un supporto statistico e i nostri risultati sono stati ridiscussi con il Miur più volte, chiedendo e ottenendo integrazioni e chiarimenti utili a dare un'informazione il più possibile completa".
I dati sono stati poi verificati attraverso un questionario sottoposto a tutti i dirigenti scolastici italiani. La rilevazione escludeva le scuole d'infanzia, le scuole ospedaliere e quelle carcerarie. Purtroppo però la risposta è stata bassa e in media l'AGI ha ricevuto risposte solo da una scuola su tre. Tra le regioni che hanno partecipato più attivamente figura l'Emilia-Romagna in testa con oltre il 44% dei propri plessi rispondenti, seguita dalla regione Marche con il 41%. Agli ultimi posti invece il Lazio, con il 25% delle scuole che hanno risposto e il Molise con solo il 20%.
"Tutto ciò fa sì che quello raccolto dal Miur e fornito ad AGI non sia dunque un campione statistico rappresentativo della situazione generale di tutte le scuole", chiarisce il documento. "Il Miur sta elaborando i dati per farne un focus e per avviare una nuova rilevazione, più approfondita, da fare nei prossimi mesi. Tuttavia i dati in nostro possesso sono utili a trarre almeno delle indicazioni della digitalizzazione della scuola italiana".
L'operatore digitale
Come detto, visto che la figura è prevista per legge, tutti gli istituti scolastici italiani hanno provveduto a nominarne una, affidando l'incarico di animatore digitale a uno degli insegnanti dell'istituto. Il compito di questa figura sarebbe di occuparsi della formazione interna dei docenti e delle attività di coinvolgimento della comunità scolastica in progetti innovativi, individuando anche soluzioni sia metodologiche che tecnologiche creative e sostenibili. Purtroppo però i 1000 euro l'anno (già inadeguati) previsti nel 2015 per ogni scuola per sostenere l'impegno dell'animatore digitale non sono stati mai distribuiti, per cui, se questa figura ha lavorato, l'ha fatto senza alcun fondo aggiuntivo.
Connessioni
Se si passa poi ad analizzare la diffusione delle connessioni nelle scuole, la situazione dell'animatore digitale appare quasi irrilevante. Cosa potrebbe fare infatti questa figura, a prescindere dall'assenza dei fondi, se la rete in diverse scuole non arriva proprio mentre quella veloce è presente solo in poche migliaia di plessi (che raccolgono quindi più istituti, solitamente fino alle medie)?
Se ci si deve affidare unicamente ai dati raccolti dall'indagine, che come detto sono in verità assai lacunosi, la fibra alla porta della scuola raggiunge in media il 13% dei plessi, con un picco positivo ancora una volta in Emilia Romagna, dove si supera quota 35%. Fanalino di coda il Molise, fermo a quota zero. In media comunque, a prescindere dalle regioni, le scuole superiori sembrano essere più connesse rispetto a quelle del primo ciclo.
La maggior parte delle scuole servite risulta comunque connessa via ADSL (il 74% tra i plessi di cui l'AGI ha informazione), mentre c'è un 23% connesso in wireless, soprattutto per quanto riguarda istituti che si trovano in aree rurali o montane. Ma ovviamente a fare la differenza è soprattutto la banda disponibile. In questo caso la maggior parte degli istituti che hanno risposto può contare su connessioni da 10 Mbps o anche inferiori, mentre appena il 2% degli istituti possono contare su connessioni a banda larga. Elevatissimi anche i costi, con canoni annui fino a 3000 euro per oltre il 76% delle scuole che hanno risposto al questionario.
Unico dato positivo è quello che riguarda l'uso a cui è destinata la connessione: oltre il 95% di quelle del I ciclo e il 96% di quelle del II affermano infatti di utilizzar la connessione per la didattica digitale. Purtroppo però c'è da tener presente che hanno risposto meno del 30% delle scuole "e senz'altro non pensiamo sia corretto immaginare che tutte le scuole che non hanno risposto abbiano una connettività di questo livello".
La didattica
Come siamo messi con la didattica? "Le scuole superiori, quelle che più dovrebbero fornire agli studenti competenze in linea con quelle della realtà del mondo adulto, professionale o dello studio universitario, sono quelle che sembrano più carenti di strutture o meno interessate a far sapere quale sia la propria situazione". Dai dati in possesso dell'AGI infatti ci sarebbero solo " 200 licei scientifici, 90 classici, 595 generici istituti superiori e qualche decina tra tecnici e professionali che hanno risposto dichiarando di avere almeno un laboratorio connesso".
Personal computer, tablet e smartphone
"In assenza di strutture e soprattutto di strumenti per la didattica digitale a scuola, molti insegnanti già da anni hanno avviato percorsi di didattica digitale basati sull'utilizzo degli strumenti propri dei ragazzi". Sul cosiddetto BYOD (Bring Your Own Device) tuttavia sembrano persistere forti resistenze, soprattutto da parte degli insegnanti, che temono una disparità di accesso a seconda della provenienza economica e sociale degli studenti, aspetto peraltro smentito da diversi studi, soprattutto per quanto riguarda gli smartphone.
In questo caso le regioni protagoniste sono situate maggiormente al sud, nell'ordine Basilicata, Puglia, Calabria, Campania e Molise: qui circa un istituto su 3 farebbe didattica utilizzando gli strumenti di proprietà degli studenti, probabilmente a causa dell'assenza di forti investimenti nelle strumentazioni digitali.
Coding
Ma al di là degli strumenti utilizzati a preoccupare è soprattutto la scarsissima diffusione dei percorsi di sviluppo del pensiero computazionale, ossia della logica alla base della programmazione. A distinguersi in questo caso ancora una volta le scuole del sud, con in testa Abruzzo e Puglia, che avrebbero circa il 44% degli istituti attivi su questo fronte.
Anche in questo caso però le premesse erano ben altre. A fine 2016, in una tre giorni dedicata alla scuola digitale, l'ex Ministro Giannini annunciava lo stanziamento di 100 milioni di euro per il rafforzamento delle competenze digitali degli studenti, sostenendo che sarebbero state introdotte nei programmi 60 ore all'anno di coding. Fino ad oggi però di quelle ore non c'è traccia.
Registro elettronico
Altro flop, sempre per problemi strutturali, sembra essere il registro elettronico. Previsto infatti sin dal 2012, è poco utilizzabile in assenza di una buona connessione e di strumenti dedicati per la compilazione. Per questo quindi molte scuole si sono adeguate tardi o non si sono adeguate affatto, tanto che dagli ultimi dati del Miur solo poco più di 4000 istituti italiani, quindi uno su due, hanno attivato il registro elettronico del docente.
Conclusioni
"I dati Miur tracciano una foto ancora molto sfocata della scuola digitale in Italia. Quella di una scuola che si sta avviando, lentamente, a un cambiamento che sta nel solco della digitalizzazione, lenta, di tutto il paese. Quella di una scuola che non è certamente la punta trainante dell'innovazione né il laboratorio di sperimentazione avanzata del cambiamento che vorremmo invece avere".
La sensazione dunque è che, anche se ci sono alcune regioni all'avanguardia come l'Emilia-Romagna e altre molto vivaci in alcuni ambiti come la Puglia, la scuola italiana nel suo complesso "rimane una delle ultime come competenza digitale e sembra piuttosto inerziale nel promuovere questi cambiamenti".