Robot da iniettare e da mangiare? Sì, con la nuova batteria nanometrica

Una scoperta del Dipartimento di Chimica dell'Università di Oxford potrebbe permettere utilizzi inediti per dei micro robot

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a cura di Andrea Maiellano

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La miniaturizzazione dei dispositivi bio-integrati, capaci di interagire e stimolare le cellule, potrebbe avere importanti applicazioni terapeutiche, come la somministrazione di terapie farmacologiche mirate e l'accelerazione della guarigione delle ferite. Tuttavia, tutti questi dispositivi richiedono una fonte di alimentazione per funzionare e, finora, non esisteva un mezzo efficiente per fornirgliela a livello microscopico.

Per affrontare questa sfida, i ricercatori del Dipartimento di Chimica dell'Università di Oxford hanno sviluppato una piccola fonte di energia capace di influenzare l'attività delle cellule nervose umane coltivate in laboratorio. Ispirandosi a come le anguille generano elettricità, il dispositivo sfrutta i gradienti ionici interni per produrre energia.

La miniatura di fonte energetica morbida, viene creata depositando una catena di cinque gocce di idrogel conduttivo (una rete tridimensionale di catene polimeriche contenente una grande quantità di acqua assorbita). Ogni goccia ha una composizione diversa in modo da creare un gradiente di concentrazione di sale lungo la catena. Le gocce sono separate da delle doppie membrane lipidiche, le quali forniscono un supporto meccanico e impediscono agli ioni di fluire tra le gocce.

Il dispositivo viene attivato raffreddando la struttura a 4°C e modificando il mezzo circostante, il che rompe le membrane lipidiche e fa sì che le gocce si trasformino in un idrogel continuo. Ciò consente agli ioni di muoversi attraverso l'idrogel conduttivo, dalle gocce ad alto contenuto di sale, alle due estremità ,alla goccia a basso contenuto di sale al centro. Collegando le gocce terminali agli elettrodi, l'energia rilasciata dai gradienti ionici si trasforma in elettricità, consentendo alla struttura di agire come una fonte di energia per componenti esterni.

Nello studio, la fonte di energia attivata ha prodotto una corrente che è durata oltre 30 minuti. La potenza massima di uscita, di un'unità composta da 50 gocce, è stata di 65 nanowatt (nW). Inoltre, i dispositivi hanno prodotto una quantità simile di corrente anche dopo essere stati conservati per 36 ore.

Il team di ricerca ha dimostrato in seguito come le cellule viventi possano essere collegate al dispositivo in modo che la loro attività possa essere regolata direttamente dalla corrente ionica. Il dispositivo è stato collegato a gocce contenenti cellule neurali progenitrici umane, che erano state colorate anticipatamente, con un colorante fluorescente, per indicare la loro attività. Quando la fonte di energia è stata attivata, le registrazioni in time-lapse hanno mostrato onde di segnalazione del calcio intercellulare nelle cellule nervose, indotte dalla corrente ionica locale.

Secondo i ricercatori, il design modulare del dispositivo consentirebbe di combinare più unità per aumentare la tensione e/o la corrente generata. Questo potrebbe aprire la strada all'alimentazione di dispositivi indossabili di nuova generazione, interfacce bio-ibride, impianti, tessuti sintetici e microrobot.

Combinando 20 unità di cinque gocce in serie, sono riusciti a illuminare un diodo emettitore di luce, il quale richiede circa 2 Volt. Si prevede che l'automazione della produzione dei dispositivi, ad esempio utilizzando una stampante di gocce, potrebbe creare reti di gocce composte da migliaia di unità di alimentazione.

Il professore Hagan Bayley, leader del gruppo di ricerca, ha sottolineato l'importanza di questa scoperta per la stimolazione dei dispositivi morbidi e biocompatibili con le cellule viventi. Questa innovazione ha un notevole potenziale per dispositivi come le interfacce bio-ibride, gli impianti e i microrobot.