Stamani il Parlamento Europeo ha approvato con 438 voti favorevoli, 226 contrari e 39 astensioni l'attesa riforma della direttiva sul diritto d'autore.
Il testo proposto dall'eurodeputato Axel Voss è stato fortemente emendato rispetto alla versione precedente bocciata a luglio, ma nella sostanza non sono cambiati gli articoli più controversi, ovvero l'11 e il 13 riguardanti, rispettivamente, il compenso spettante agli editori per lo sfruttamento di un contenuto digitale protetto da copyright (link tax) e la regolamentazione della diffusione online di opere senza il consenso dell'autore attraverso la predisposizione di filtri automatici che ne impediscano la pubblicazione.
Nello specifico l'articolo 11 dovrebbe consentire agli editori, giornalisti e le testate giornalistiche in genere di poter ottenere dai motori di ricerca come Google News o altri aggregatori un compenso per ogni link correlato ad articoli. L'articolo 13 invece potrebbe costringere le piattaforme social di ogni tipo ad adottare sistemi capaci di scandagliare i contenuti uplodati dagli utenti per evitare rischi di violazione delle norme sul copyright. Si pensi a una sorta di Content ID stile YouTube.
I sostenitori della riforma vedono in queste due novità elementi di salvaguardia per il diritto d'autore e l'opportunità di un giusto compenso per le aziende del settore editoriale. Le voci più critiche invece pensano che possano concretizzarsi effetti collaterali negativi sulla libertà di informazione online, la libera circolazione delle notizie e censura.
"Quella di oggi è una vittoria per la libertà, come espressione di un libero dibattito democratico e della creatività della persona. Questo è il diritto d'autore: rappresenta la libertà ed esprime l'identità europea", ha commentato il presidente dell'Associazione Italiana Editori (AIE) Ricardo Franco Levi.
"Siamo davvero soddisfatti perché con la votazione di oggi si è affermato un principio fondamentale, e cioè che il diritto d'autore va sì aggiornato al digitale ma conservandone la funzione di libertà e di contrasto dei monopoli. Certo, il testo approvato presenta alcuni aspetti che dovranno essere migliorati prima dell'approvazione finale. Siamo pronti a dare il nostro contributo, come abbiamo sempre fatto".
L'approvazione finale infatti prevede ancora un passaggio: il cosiddetto Trilogo. Si tratta di confronto fra rappresentanti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione. In pratica la Commissione media tra le posizioni del Parlamento e quella del Consiglio. Si ottiene così un documento finale che in questo caso dovrebbe essere votato all'inizio del prossimo anno in sede di Parlamento e di Consiglio UE - poiché il fine legislatura è fissato per aprile 2019. Dopodiché ogni stato membro sarà chiamato a recepire la direttiva.
Come ha sottolineato l'esperto di regolamentazione UE Innocenzo Genna, le posizioni di Parlamento e Consiglio non appaiono distanti ma vi sono alcuni dettagli della riforma ancora piuttosto critici. Ad esempio la definizione del concetto di snippet - il frammento di testo impiegato da Google per accompagnare i link degli editori, e il raggio d'azione di applicazione - quindi se le novità riguarderanno solo ed esclusivamente i colossi. Per ora comunque sono escluse Wikipedia e piattaforme open source come ad esempio GitHub.
Il tema più controverso comunque è quello politico. Il fine mandato condizionerà le posizioni dei parlamentari europei in ottica di campagna elettorale. Genna ha ricordato che molti cittadini, scienziati, accademici, PMI e personaggi di riferimento del mondo online si sono schierati contro la riforma per le implicazioni sulle libertà digitali. Qualsiasi Governo o politico che dovesse appoggiarla potrebbe rischiare di trovarsi contro una parte più o meno consistente di elettorato - a seconda dei paesi.
"Inoltre, un grande paese come l'Italia, che originariamente ha supportato una posizione forte a favore della riforma, ci si aspetta che cambi radicalmente la sua visione (a causa del nuovo governo in carica da giugno)", ha concluso Genna. "Ne vedremo delle belle".
Aggiornamento
Il Vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio si è espresso duramente sul voto di oggi. "Una vergogna tutta europea: il Parlamento Europeo ha introdotto la censura dei contenuti degli utenti su Internet. Stiamo entrando ufficialmente in uno scenario da Grande Fratello di Orwell. Rispetto all'ultimo voto di Strasburgo in cui non fu dato il via libera al testo finale, le lobby hanno avuto il tempo di lavorare e influenzare gli europarlamentari, i quali hanno deciso di ricredersi. D'ora in poi, secondo l'Europa, i tuoi contenuti sui social potrebbero essere pubblici solo se superano il vaglio dei super censori".
"Con la scusa di questa riforma del copyright il Parlamento europeo ha di fatto legalizzato la censura preventiva. Oltre all'introduzione della cosiddetta e folle 'link tax', la cosa più grave è l'introduzione di questo meccanismo di filtraggio preventivo dei contenuti caricati dagli utenti. Per me è inammissibile".
"La rete deve essere mantenuta libera e indipendente ed è un'infrastruttura fondamentale per il sistema Italia e per la stessa Unione europea. Per questo, come ho già detto, ci batteremo nei negoziati tra i governi, in Parlamento europeo e nella Commissione europea per eliminare questi due provvedimenti orwelliani. E, statene certi, alla prossima votazione d'aula la direttiva verrà nuovamente bocciata".
A stretto giro ha risposto il presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani. "Chiedo al Presidente del Consiglio Conte di prendere immediatamente le distanze dalle dichiarazioni infamanti del Vicepremier Di Maio contro il Parlamento europeo. Minacciare l'unica istituzione Ue direttamente eletta dai cittadini è da analfabeti della democrazia".