La Rai sarà indagata dal Garante per le Comunicazioni in merito alla diffusione dei suoi programmi sul satellite. In pratica dovranno essere accertate "le modalità di distribuzione delle smart card (incluse quelle per gli italiani all'estero), i criteri per la distribuzione dei programmi televisivi privi di diritti per l'estero, la possibilità per tutti gli utenti di ricevere la programmazione di servizio pubblico gratuitamente su tutte le piattaforme distributive (come su Sky) anche in linea con quanto avviene in altri paesi europei", si legge nel documento dell'Agcom.
La questione di fondo è che la concorrenza dovrebbe essere sviluppata sui contenuti, e non in relazione alle apparecchiature possedute. Non a caso anche Tivù-Sat, la joint-venture di Rai e Mediaset, rischierà un procedimento analogo se le sue smart card saranno utilizzate "per la fruizione di programmi a pagamento". Insomma, secondo Agcom la piattaforma deve tassativamente offrire "i propri servizi a tutti i soggetti che ne fanno richiesta a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie".
Il Garante continua ad essere cauto, ma è evidente che il mancato accordo con Sky sulle concessioni Rai e la contemporanea presentazione di Tivù-Sat sono risultate iniziative anomale. Soprattutto considerando che Tivù-Sat avrebbe dovuto configurarsi come un "servizio integrativo al digitale Terrestre" – servire quindi le aree in ombra non raggiunte dal nuovo segnale.
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