Scorporo della Rete? Una nuova società compartecipata dallo Stato con gli asset di Telecom e Open Fiber? Un'unica infrastruttura in fibra nazionale? In questo momento di confusione, il tema più caldo del mercato delle telecomunicazioni riemerge dai cassetti.Giusto ieri Business Insider ha fornito una chiave di interpretazione per il recente dissidio tra l'AD di Telecom Flavio Cattaneo e l'azionista di riferimento Vivendi. Secondo "fonti accreditate" l'alto dirigente avrebbe avviato una trattativa con Cassa Depositi e Prestiti per favorirne l'accesso nell'azionariato. Una mossa che di fatto avrebbe aperto la strada - in prospettiva futura - a una convergenza (infrastrutturale?) con Open FIber.
"Sto bene a Tim e non ho nessuna tensione con soci, board o presidente", ha dichiarato martedì l'AD di Telecom Italia, Flavio Cattaneo. "Il mio contratto scade nel maggio del 2020 ed è mia intenzione rispettarlo fino all'ultimo giorno", ha rincarato ieri.
Fino a qualche giorno fa si pensava che il possibile cambio ai vertici fosse legato al plateale scontro che si è consumato con il Governo sul tema delle aree a fallimento di mercato e grigie.
Si è fatto il nome anche di un potenziale candidato: Amos Genish, il manager/imprenditore che ha creato dal nulla in Brasile Gvt - poi finita nell'orbita di Vivendi.
Cattaneo ha ribadito di aver raggiunto importanti traguardi e che ne prefisserà altri. In effetti il mandato del primo anno è stato ampiamente rispettato, oltre le più rosee previsioni. Solo Piazza Affari sembra aver mantenuto un comportamento guardingo: negli ultimi 15 mesi il titolo si è mosso al ribasso a prescindere dai risultati positivi. Eppure Cattaneo è riuscito a incrementare ricavi e reddittività, nonché tagliare costi senza licenziare.
L'unica boccata di ossigeno si deve alla decisione di ieri di Standard & Poor's di portare il rating del debito alla sufficienza (BBB-).
Quanto vale la rete Telecom?
È proprio in questo genere di contesti che si torna a riflettere sui destini dell'-ex monopolista.
Maurizio Matteo Décina, consulente TLC con un passato nella controllata spagnola di TIM, nel libro "Goodbye Telecom?" ha ricostruito gli ultimi 20 anni dell'azienda. Ma recentemente ha deciso di affrontare il capitolo più scottante di sempre: la rete nel contesto di una società unica e sinergica partecipata in minoranza anche dallo Stato per evitare duplicazioni di costi, conflitti legali e rallentamento degli investimenti. Quindi strategie e stime economiche.
In questi anni l'argomento ha vagolato sui tavoli che contano generando sentimenti diversi. In principio è sembrato un tabù, poi un progetto fattibile, per ritornare a essere oggetto di apparente trattativa. "Se proprio si dovesse dare un valore, si potrebbero raggiungere anche i 20-25 miliardi di euro", ha dichiarato qualche settimana fa Cattaneo durante un'audizione al Senato. "Non essendo in vendita è una cifra priva di senso, nessuno ci ha chiesto di venderla".
Mossa da poker verrebbe da pensare, perché una cifra in fondo è stata rivelata? Décina ha deciso di vedere le carte. "Da queste prime battute si capisce però che il range di valori possibili, in caso di conferimento ad una Newco partecipata dallo Stato ed in futuro aperta a tutti, è molto grande", ha spiegato a Tom's Hardware.
"I fattori che entrano in gioco nella valutazione sono moltissimi e soprattutto dinamici. Così come è molto vasto l'orizzonte temporale con oggetto i flussi di cassa attualizzati dell'asset oggetto di valutazione. La difficoltà è effettivamente capire cosa succederà nei prossimi 20 anni".
L'esperto in analisi finanziarie ha realizzato un modello di simulazione con il supporto e i consigli di alcuni professionisti del settore (tra TIM ed Open Fiber), che prende in considerazione quasi 200 variabili chiave suddivise in 10 gruppi da 20 (domanda, trend mercato, territorio, investimenti, costi, margini, personale, debiti ed interessi, tariffe, impatto macroeconomico).
"Il modello non ha certamente lo scopo ambizioso di indicare il valore della rete, ma semmai l'esatto contrario", puntualizza Décina. "Il modello risponde alla domanda: quali potrebbero o dovrebbero essere gli scenari ed i valori delle variabili per un dato range di valori della rete?".
Rame persistente
Il risultato ha consentito di individuare due scenari agli antipodi da qui a 20 anni. Uno denominato "Rame persistente", nel quale una delle numerose ipotesi è quella di un 50% Fiber-to-the-node (in pratica la fibra fino alla centrale) e un 50% fiber-to-the-home.
"Senza il fuorviante ed irrealistico 'Terminal Value' che spesso usano gli analisti per gonfiare i numeri, il valore sarebbe superiore a quello della contabilità regolatoria - circa 13 miliardi, lo stesso con un Arpu medio wholesale di 19 euro mensili su 15 milioni di linee con Ebitda margin del 45% ed un multiplo di 8. Il simulatore però considera solo i flussi di cassa attualizzati".
Per altro l'esperto sostiene che con tassi di sconto ombra (2-3%) previsti dalla Scienza delle Finanze per il raggiungimento di determinati obiettivi sociali, "i numeri sarebbero anche superiori e forse quasi vicini a quelli sparati al rialzo da TIM".
In sintesi TIM potrebbe giocare la carta del rame per il 50%, fornendo grazie al vectoring prestazioni di 200 Mbps e superiori (ovviamente in condizioni ideali) e per il restante 50% puntare sulla fibra direttamente in casa offrendo 1 Gbps.
Fibra spazza tutti
La seconda ipotesi è quella definita come "Fibra spazza tutti", dove l'FTTH potrebbe avere una penetrazione del 90% e l'FTTN un marginale 10%. "I numeri cambiano radicalmente al ribasso dimezzandosi drasticamente per la gioia dei concorrenti. In pratica meno di 10 miliardi di euro. Entrano però in gioco, nei numerosi scenari intermedi, una miriade di variabili chiave quali ad esempio il numero di dipendenti ed i debiti da attribuire alla rete. I valori sopra ipotizzati si intendono infatti al netto dei debiti", spiega l'esperto.
Entrambi gli scenari sono stati simulati considerando il mantenimento di tutti i posti di lavoro per evitare danni al sistema economico (il punto di vista del simulatore non è quello dell'azionista di maggioranza o quello del politico di supporto) e conferimento del maggior numero possibile di debiti sulla rete fino ad azzerare il valore della stessa. "In questo caso qualsiasi contrattazione diventerebbe più semplice poiché lo Stato potrebbe entrare a costo zero", prosegue Décina.
"Ma c'è anche un'altra ragione: maggiore è il conferimento dei debiti e maggiore è il valore dei flussi di cassa attualizzati sommata ai debiti conferiti. Questo per via di varie ragioni finanziarie. In primo luogo se il tasso di sconto è superiore agli interessi bancari si ha più convenienza ad attribuire debiti. In secondo luogo, l'attribuzione dei debiti su di un asset fisico partecipato anche dallo Stato potrebbe consentire una più sicura diluizione degli oneri nel futuro".
In pratica l'idea sarebbe quella di trasferire il debito a una nuova società della rete che vedrebbe come garanzia non solo l'assett ma anche lo Stato.
"Certamente però sarebbe l'ennesimo paradosso se lo Stato si dovesse sobbarcare i debiti dei privati che per scalare o riscalare Telecom hanno indebitato una azienda pubblica priva di debiti.", conclude l'esperto. "Lo Stato semmai, nell'operazione descritta, dovrebbe avere il coraggio di ricontrattualizzare al ribasso i tassi di interessi con le banche per dare ancor più valore alla rete. In tale caso, tassi di sconto ombra a difesa dei livelli occupazionali sarebbero più che giustificati".
Una riflessione
Il simulatore di Maurizio Matteo Décina in futuro potrebbe essere rilasciato pubblicamente per consentire a tutti gli addetti ai lavori (e non solo) di approfondire il tema. È evidente che l'idea di conferire la rete di TIM a una nuova società compartecipata dallo Stato (magari tramite Cassa Depositi e Prestiti) richiederebbe una convergenza non indifferente tra Telecom Italia e Governo.
E questo non è certamente il momento: i mandati di Flavio Cattaneo e del Presidente Paolo Gentiloni sono altri. Non meno importante il fatto che pende ancora su Vivendi la spada di Damocle del caso Mediaset. Infine il tema finale - ma a ben vedere iniziale - di come valutare il peso del rame nelle prospettive future e l'estensione della rete (alla centrale, al cabinet?).
L'unica certezza è che il tempo delle decisioni ha iniziato a scorrere più velocemente. Senza contare la presenza di un concorrente scomodo come Open Fiber, sostenuto dall'attuale Governo. Telecom Italia non può più attendere l'incedere degli eventi. È chiamata ad agire per il suo destino. E lo scorporo (o conferimento) è una fra le possibili opzioni.
Maurizio Matteo Décina ha scritto "Goodbye Telecom, dalla privatizzazione a una Public Company" e "Digital divide et impera: Il ritardo del digitale è un caso?"