Piracy Shield è davvero il giusto strumento per la lotta alla Pirateria Digitale?

Piracy Shield di Agcom, strumento antipirateria digitale, ha causato il blocco di Google Drive, sollevando critiche su censura e privacy e danni per utenti e aziende.

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a cura di Avv. Giuseppe Croari

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Avv. Giuseppe Croari – Dott.ssa Ilenia Lanari

Il blocco di Google Drive avvenuto nei giorni scorsi ha creato scompigli e molte polemiche, in quanto l’applicazione è utilizzata sia da singoli utenti sia da aziende per la gestione di documenti, file e dati aziendali. 

L’oscuramento dell’indirizzo drive.usercontent.google.com, avvenuto a seguito del caricamento di un ticket sul sistema dell’Agcom per bloccare i contenuti pirata, si è però esteso anche agli utenti che non avevano alcun legame con tali contenuti. 

Questo evento ha ovviamente portato nuovamente ad interrogarsi sulle modalità con le quali la piattaforma nazionale antipirateria viene utilizzata e su quali possano essere le implicazioni per le aziende, i professionisti e gli utenti italiani che si affidano a servizi di cloud per attività del tutto lecite.

Piracy Shield: cos'è e come opera la piattaforma antipirateria di AGCOM

Con la legge n. 93 del 2023, sono stati attribuiti all'Autorità nuovi poteri al fine di rafforzarne le funzioni per un più efficace contrasto delle azioni di pirateria online relative agli eventi trasmessi in diretta. Sulla base di questa normativa è stato modificato il Regolamento sulla tutela del diritto d’autore online, le cui norme prevedono “il blocco degli FQDN e degli indirizzi IP, univocamente destinati alla diffusione illecita dei contenuti protetti, avvenga entro trenta minuti dalla segnalazione del titolare per il tramite di una piattaforma tecnologica unica con funzionamento automatizzato” (estratto dal sito https://www.agcom.it/competenze/antipirateria-e-piracy-shield/piattaforma-piracy-shield) .

Il cosiddetto “Piracy Shield” è dunque il risultato della serie di interventi normativi e tecnologici promossi dall’Agcom con l’obiettivo di proteggere i diritti d’autore attraverso la prevenzione e il blocco dei contenuti pirata.

Nello specifico, la piattaforma raccoglie le segnalazioni relative agli indirizzi IP sospetti fatte dai titolari dei diritti sui contenuti e ne dà comunicazione ai fornitori di servizi internet, che hanno appunto trenta minuti per provvedere al blocco. Considerato che ogni segnalazione può avere ad oggetto migliaia di contenuti da oscurare, questa attività viene fatta in maniera automatica.

Le critiche a Piracy Shield: tra censura e rischi per la privacy

Come già indicato in apertura, il problema relativo al blocco di Google Drive è stato causato proprio da questa automatizzazione dell’attività di segnalazione e blocco prevista dalla piattaforma.

Ma se da un lato le associazioni per i diritti digitali e i gruppi di utenti sostengono che c’è stata una violazione dei principi di libero accesso e della privacy degli utenti - soprattutto perché questa drastica misura ha compromesso anche contenuti legittimi - dall’altro lato vi è l’Agcom che sostiene che detta misura sia necessaria per proteggere i diritti d’autore e, di conseguenza, l’industria culturale e creativa.

Le principali critiche includono:

  1. rischio di censura: il blocco totale di piattaforme (come è successo con Google Drive) rappresenta un precedente pericoloso, che potrebbe portare alla censura di altri servizi cloud e strumenti digitali;
  2. interferenza con la normativa in materia di privacy: considerato che i contenuti passano attraverso una piattaforma nazionale, ci si chiede se sia legittimo questo monitoraggio da parte dell’AGCOM e delle altre autorità e quale sia il limite;
  3. necessità di approcci tecnologici differenziati: nonostante, infatti, l’Autorità abbia più volte sottolineato l’esistenza di white lists indicanti domini da non abbattere, è evidente che siano necessarie soluzioni più raffinate. Ad aggravare la situazione, poi, c’è sicuramente la mancanza di un centro tecnico che coordini le attività della piattaforma e che intervenga in casi come quelli occorsi con Google Drive.

Quali rischi per le aziende? L'impatto del blocco su Google Drive

Le aziende italiane che si affidano a Google Drive per attività quotidiane (gestione dei dati, condivisione dei progetti, ecc.) sono state tra le più colpite dall’oscuramento della piattaforma.

Tralasciando il fatto che il fenomeno occorso possa considerarsi isolato, le implicazioni per le aziende potrebbero essere rilevanti sia dal punto di vista operativo che legale, includendo:

  1. interruzione delle attività: gli improvvisi problemi di accesso ai documenti aziendali potrebbero bloccare processi interni, collaborazioni e produttività, specialmente per le PMI che si affidano ai servizi cloud a basso costo;
  2. perdita di fiducia nei fornitori di servizi: questi blocchi potrebbero portare molte aziende a rivalutare l’affidabilità dei fornitori di servizi di cloud storage, considerando alternative che potrebbero offrire maggiore sicurezza;
  3. danni d’immagine e impatto economico: alcune aziende potrebbero subire danni d’immagine per l’impossibilità di accedere a file importanti durante incontri con clienti o partner; inoltre, la necessità di trovare soluzioni alternative potrebbe comportare costi aggiuntivi.

Quale svolta per la protezione del copyright?

La vicenda del blocco di Google Drive rappresenta un momento cruciale per la politica digitale italiana e internazionale. 

Mentre le autorità tentano di bilanciare la protezione del diritto d’autore con i diritti degli utenti, è evidente che approcci meno intrusivi sarebbero preferibili per evitare impatti negativi sulle attività legittime. 

E, infatti, a seguito di quanto occorso, è stato già annunciato che Piracy Shield verrà smantellata entro fine anno e sostituita con una nuova piattaforma adeguata alla mole di dati e contenuti da gestire.

Dunque, non ci resta che aspettare!

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