A che punto è Open Fiber con il suo progetto privato di cablare in fibra (FTTH) 20 milioni di abitazioni e uffici? L'AD Elisabetta Ripa ha svelato a La Stampa che entro la fine dell'anno sarà al 40%. Oggi i servizi sono attivi in 80 comuni, ma fra 6 mesi diventeranno 150 e a fine progetto più di 270.
"Nelle aree bianche, impropriamente chiamate a fallimento di mercato, procediamo in linea con i programmi concordati con Infratel, contiamo di aprire altri 1500 cantieri, terminare i lavori in circa 800 comuni nel 2019 e avviare la commercializzazione tra alcune settimane appena completati i collaudi", ha puntualizzato Ripa.
Se negli ultimi due anni sono stati investiti 1,3 miliardi di euro, per la seconda fase ne sono previsti ulteriori 5,2 miliardi. "Grazie agli accordi siglati con gli operatori abbiamo raggiunto il 55% della quota di mercato delle connessioni a banda ultra larga, a questi a breve si aggiungerà Sky, chiaro segnale della sostenibilità del nostro business", ha dichiarato Ripa. Confermato anche l'impegno per le future aree grigie, al momento in fase di monitoraggio da parte di Infratel.
La buona notizia comunque è che il tasso di crescita della copertura ultra-broadband è di circa il 40% se si considerano i dati anno su anno. La media europea è del 15%, ma è pur vero che l'attuale copertura italiana al 2017 risulta del 22% contro il 58% oltreconfine. L'unica certezza però è nel destino segnato per il rame. Entro il 2025 più dell'80% della popolazione europea dovrà essere raggiunto da nuove reti in base ai piani della Commissione UE e gli impegni dei governi, quindi secondo l'AD "l’addio al rame sarà la naturale conseguenza".
Per quanto riguarda la trattativa con TIM vi è "un tavolo aperto per valutare forme di aggregazione o collaborazione, le possibilità sono molteplici". Ma la soluzione più consona secondo l'AD di Open Fiber dovrebbe essere quella capace di agevolare lo sviluppo dei servizi "con redditività, efficienza e sostenibilità per tutti gli attori coinvolti". Il tutto ovviamente considerando il fatto che Bruxelles predilige la creazione di società incaricate di gestire solo l'infrastruttura, garantendo parità di trattamento e accesso alla rete a tutti i provider consumer. Insomma, il controllo di TIM su un eventuale accrocchio di reti è da escludere.
"La rete unica, da un lato, è utile per evitare duplicazioni di investimenti e migliorare il coordinamento delle coperture", ha concluso Ripa. "Dall’altro la regolamentazione italiana, come quella comunitaria, da sempre promuove la competizione tra infrastrutture. È chiaro che le concentrazioni non sono mai ben viste dal regolatore, perché portano a forme di dominanza".