La sonda New Horizons che nel 2015 è stata protagonista di un emozionante flyby su Plutone non morirà, almeno non per ora. A lei è infatti destinata una sorte più dolce di quella a cui è condannata Rosetta, e di Juno, predestinato fin dall'inizio a schiantarsi su Giove.
New Horizons non durerà certo in eterno, ma almeno potrà beneficiare di una seconda occasione: dopo aver fatto sognare tutti gli appassionati di Spazio con immagini inedite e meravigliose del pianeta nano all'estremità del Sistema Solare, e rilevando informazioni di grande rilevanza scientifica, adesso studierà degli asteroidi.
A settembre 2015 gli scienziati decisero che New Horizon potrebbe contribuire ancora molto allo studio dello Spazio, perché dopo essere passata oltre Plutone e avere quindi completato la sua missione primaria era diretta inevitabilmente verso la fascia di Kuiper: quale migliore e ghiotta occasione per dare un'occhiata?
Gli addetti ai lavori avevano selezionato un paio di alternative, ma il progetto non poteva partire prima dell'approvazione ufficiale da parte della NASA, che finalmente è arrivata. New Horizons esplorerà un piccolo oggetto ghiacciato della fascia di Kuiper conosciuto come 2014 MU69, nell'ambito della nuova missione che le è stata assegnata: KEM (Kuiper belt Extended Mission).
Come vi avevamo già anticipato si tratta di un KBO (Kuiper Belt Object) che si trova a circa 1,6 miliardi di chilometri da Plutone e che fu identificato lo scorso anno dal telescopio spaziale Hubble in qualità di obiettivo potenzialmente raggiungibile da New Horizons con il minimo dispendio di carburante. Si reputa che sia un corpo celeste molto più grande di una cometa come quella attorno a cui sta orbitando Rosetta, ma molto più piccolo di Plutone.
L'interesse scientifico è che potrebbe rivelarci informazioni preziose per capire l'origine dell'universo. L'appuntamento è pianificato per il primo gennaio 2019.
Il prolungamento di una missione non è raro ma non è nemmeno scontato, però non si deve commettere l'errore di fare di tutta l'erba un fascio o di darsi preda del sentimentalismo. New Horizons è in salute, è all'estremità del Sistema Solare dove non ci sono obiettivi scientifici strategici da tutelare, e ha la capacità di continuare a funzionare e trasmettere informazioni su quello che scoprirà.
In questo caso la decisione di prolungare o meno la sua missione era una mera questione finanziaria, e la decisione che è stata presa è un investimento che da una parte salvaguarda quello che è stato speso per la costruzione e il lancio e dall'altra risparmia eventuali investimenti e tempo per raggiungere con un'altra missione la remota fascia di Kuiper. Se raccoglierà informazioni sarà un "regalo" che ci farà, a fronte di un investimento modesto.
Discorso differente per la sonda ESA Rosetta, che inseguendo la sua cometa sta per arrivare in prossimità dell'orbita di Giove, dove i suoi pannelli solari riceveranno talmente poca energia solare da non riuscire ad alimentarla. Quando non avrà abbastanza corrente entrerà in uno stato di ibernazione da cui probabilmente non potrà più uscire. Inoltre la banda per il trasferimento dati sarà talmente limitata che avremo difficoltà a farci recapitare eventuali scoperte. Il migliore investimento in questo caso è farla schiantare sulla cometa finché tutti gli strumenti funzionano ancora, per avere dati di grande rilevanza scientifica. Una sacrificio che chi ha seguito la missione Rosetta fin dall'inizio trova crudele, ma che se vogliamo proprio vedere dal punto di vista "umano" le risparmia un'agonia.
Per Juno la questione è ancora diversa. Nel sistema di Giove ci sono tre lune di grande interesse scientifico (Europa, Ganimede e Callisto) che saranno oggetto della missione dedicata JUICE (JUpiter ICy moons Explorer) dell'ESA he dovrebbe decollare nel 2022 e arrivare su Giove nel 2030. Se Juno si schiantasse su una di queste lune potrebbe verificarsi una contaminazione biologica, che non è possibile escludere con assoluta certezza visto che la sonda non è stata accuratamente sterilizzata prima del decollo. Inoltre gli scienziati stimano che Juno non resterà a lungo in salute perché le forti radiazioni di Giove deterioreranno i suoi strumenti. Da qui la decisione di pianificare la fine della missione con uno schianto programmato su Giove: un sacrificio necessario.