Nei prossimi tre mesi, e per ora solo negli Stati Uniti e in 40 Paesi (su 48) dell’America Latina, Netflix innalzerà i costi dei suoi abbonamenti tra il 13% e il 18%. È la prima volta che avviene in maniera così repentina e sostanziosa nei suoi 12 anni di vita, ma secondo gli addetti ai lavori era nell’aria. Il debito è sopra quota 12 miliardi di dollari e gli investimenti nel 2018 hanno superato la soglia degli 8 miliardi: a prescindere dai 125 milioni di utenti abbonati una nuova strategia tariffaria era imprescindibile. Almeno per Wall Street.
In pratica l’abbonamento base passerà da 8 a 9 dollari, il più gettonato standard da 11 dollari arriverà a 13 dollari e il premium da 14 dollari passerà a 16 dollari. Tutti gli abbonati, facendo un calcolo sull’anno, si ritroveranno a pagare una sorta di tredicesima mensilità - in verità anche di più.
I più sfortunati in assoluto saranno i paesi sudamericani che sono costretti a pagare le fatture Netflix in dollari: già il potere di acquisto locale è debole, ci mancava solo la TV a pagamento. L’hanno scampata però Messico e Brasile che sono considerati mercati internazionali.
Ora, è probabile che molti clienti non rinnoveranno più l’abbonamento ma l’incremento dell’offerta e l’avvento di nuove produzioni potrebbe contenere il fenomeno e nel tempo consentire di recuperare il terreno perduto.
Il problema però è che la concorrenza è sempre più agguerrita e potrebbe approfittarne. Apple, WarnerMedia e Disney stanno per inaugurare nuovi servizi streaming che puntano proprio a scardinare lo strapotere di Netflix.
Nel frattempo comunque il NASDAQ sta premiando il titolo. Dopo il progressivo crollo iniziato a ottobre, da dopo Natale la quotazione ha iniziato nuovamente a crescere e stamane con un +5,57% il trend sembra davvero invertito.
Viene da chiedersi cosa abbia in mente Netflix per i mercati internazionali. Aumenterà le tariffe in Europa? E in Italia? Forse dipenderà molto anche dal tasso di condivisione degli abbonamenti e da quanto in realtà è (troppo) conveniente.