Nessun diritto all'oblio per i commenti online a professionisti. Prima sentenza a Roma

Un chirurgo di Roma ha tentato di far rimuovere commenti negativi presenti sul suo profilo professionale pubblicato da Google, ma il Tribunale di Roma non ha riconosciuto il diritto all'oblio.

Avatar di Dario D'Elia

a cura di Dario D'Elia

Il diritto all'oblio si deve applicare alle recensioni (negative) online dei ristoranti o dei professionisti? La risposta del Tribunale di Roma sembrerebbe essere di no, se si considera una recente sentenza. Al solito semplificare troppo la questione non aiuta, quindi sarebbe bene accogliere cum grano salis l'ultima decisione della Sezione civile del tribunale romano.

Come tutti ben sanno da anni il boom delle recensioni online ha generato spiacevoli effetti collaterali nel mercato. Da una parte la visibilità di ristoranti, attività commerciali e professionisti è aumentata; dall'altra si è dato spazio a pseudo-professionisti della recensione, società specializzate nel markettificio social e rancorosi incivili.

Fermo restando il fatto che poche realtà imprenditoriali sanno gestire adeguatamente i social e quindi situazioni di crisi, resta il fatto che una recensione negativa (motivata o immotivata) è un grattacapo. Secondo i giudici del Tribunale di Roma l'interesse generale deve prevalere su quello della singola impresa o professionista. Quindi se un cliente si lamenta online il suo messaggio non può essere cancellato, anche a distanza di tempo.

Emblematico il caso del chirurgo plastico di Roma che avrebbe voluto correggere il proprio profilo su Google My Business, la piattaforma online per recensire le attività professionali. Quattro vecchie recensioni negative sul suo operato, rispetto alla maggioranza positive, rovinavano un po' l'immagine dello specialista. Ecco quindi la decisione di fare causa a Google domandando la rimozione del proprio profilo oppure quella dei commenti negativi e comunque cancellare ogni altro futuro commento. La diciottesima sezione civile del Tribunale di Roma non solo ha respinto la richiesta ma anche condannato (in primo grado) il chirurgo al pagamento delle spese legali.

Il giudice ha riconosciuto che "il diritto di critica può essere esercitato anche in modo graffiante e con toni aspri", come riporta La Repubblica, quindi di fatto la libertà di espressione, in un servizio pubblico come quello online di questo tipo, è prioritaria rispetto agli interessi d'impresa.

E in fondo anche l'interpretazione della Corte di giustizia europea al riguardo è analoga: il diritto all'oblio serve per tutelare i cittadini, non le imprese.

A questo punto quale consiglio si può dare a un professionista, esercente o impresa? Tentate di contattare Google o le piattaforme per farvi aiutare a risolvere ogni criticità. Nella maggior parte dei casi vi rimbalzeranno, ma bisogna comunque provarci. Dopodiché le strade sono due. O vi rivolgete a professionisti social, invece che a un avvocato – sempre che non vi siano estremi di reato. Oppure imparate a sfruttare la risposta che sarete costretti a dare al commento negativo con una strategia di marketing vincente. Più vi dimostrerete concilianti, gentili e dispiaciuti e più l'utente iracondo sembrerà agli occhi di terzi un'eccezione.

Leggi altri articoli