Un recente studio condotto da ricercatori di Harvard, Brown e UCLA rivela che i lavoratori del settore tecnologico sono disposti ad accettare tagli salariali fino al 25% pur di lavorare da remoto, una percentuale 3-5 volte superiore a quanto emerso in precedenti ricerche.
Lo studio, basato su dati relativi a quasi 1.400 lavoratori tech e le loro offerte di lavoro, evidenzia una forte preferenza per il lavoro da remoto in questo settore. La disponibilità a rinunciare a un quarto dello stipendio assume particolare rilevanza considerando che si tratta di impieghi con retribuzioni medie di circa $239.000 annui.
Questi risultati contrastano con i dati del Survey of Working Arrangements and Attitudes, secondo cui i lavoratori in generale accetterebbero un taglio del 7% per lavorare da remoto, percentuale che sale al 15,9% per gli impiegati IT con stipendi superiori a $150.000.
Secondo la Salary Guide 2025 di Robert Half, il 59% delle aziende negli Stati Uniti è disposto a offrire fino al 20% in più di stipendio ai candidati disposti a lavorare in ufficio 4-5 giorni a settimana. Questa tendenza è più marcata nelle piccole imprese, dove il 72% dei manager offrirebbe aumenti fino al 20% per la presenza in ufficio, seguito dal 60% nelle medie imprese e dal 49% nelle grandi aziende.
D'altro canto, un sondaggio di Flexjobs ha rilevato che il 58% dei lavoratori accetterebbe uno stipendio più basso per lavorare da remoto. Tra questi, il 31% accetterebbe una riduzione fino al 5%, mentre il 18% sarebbe disposto a un taglio fino al 10%.
![Smart Working Smart Working](https://cdn.tomshw.it/storage/media/2024/04/19017/smart-working.jpg?width=896)
La questione del lavoro da remoto sta assumendo anche connotazioni politiche, soprattutto negli USA: il presidente Donald Trump ha recentemente firmato un ordine esecutivo che richiede ai dipendenti federali di tornare in ufficio, una mossa che gode di ampio sostegno tra i repubblicani al Congresso.
Queste azioni politiche sembrano influenzare anche il settore privato. Un sondaggio di ResumeTemplates ha rilevato che il 27% delle aziende prevede di tornare completamente al lavoro in presenza entro la fine del 2025. Inoltre, il 35% delle aziende intervistate negli Stati Uniti ha affermato che l'ordine esecutivo di Trump ha influenzato le loro decisioni in merito alle politiche di lavoro da remoto.
Insomma, mentre il dibattito sul futuro del lavoro continua, appare evidente che la flessibilità lavorativa rimarrà un tema centrale nelle trattative tra datori di lavoro e dipendenti, con potenziali implicazioni significative per salari, produttività e soddisfazione dei lavoratori.
Ovviamente, la pandemia di COVID-19 ha accelerato drasticamente l'adozione del lavoro da remoto, ed è curioso notare come il settore tecnologico, da sempre pioniere del lavoro remoto, stia ora guidando questa tendenza. Le aziende tech sono state tra le prime a implementare politiche di "work from anywhere", attirando talenti da tutto il mondo e sfidando i concetti tradizionali di ufficio e orario di lavoro.
Questo commento è stato nascosto automaticamente. Vuoi comunque leggerlo?