Dall’anno prossimo gli studenti del Liceo Classico potrebbero avere un corso di Informatica. Lo suggerisce DDL 696 proposto al Senato dai gruppi di Civici d’Italia e Fratelli d’Italia, prima firmataria Giovanna Petrenga (Cdi).
Una proposta che, a ben guardare, non mette l’informatica al centro ma la cita tra altre materie che dovrebbero aggiungersi al curriculum del Classico. La lista infatti include “storia dell’arte e archeologia; legislazione dei beni culturali, diritto museale e archivistica; editoria e scrittura; informatica; una seconda lingua straniera; sociologia dei processi culturali, antropologia culturale e teoria e tecniche della comunicazione multiculturale; economia politica, elementi di diritto costituzionale; elementi di diritto internazionale e di diritto dell’Unione europea; elementi di diritto amministrativo”. Starà poi al dirigente scolastico scegliere due tra queste materie, da inserire nel programma della scuola.
Nient’altro: la parola informatica compare una sola volta nel DDL, che per il resto sembra più che altro teso a rivalorizzare greco e latino, nel tentativo di rendere i nostri studenti più competitivi perché più ferrati sugli studi classici; tra gli obiettivi c’è anche una maggiore padronanza di greco e latino. Nel testo c’è qualche vago richiamo alla modernità, parole che sembrano servire più che altro per non sembrare del tutto ricoperti di ragnatele - obiettivo che non è stato centrato.
C’è molto di condivisibile nel DDL 696, soprattutto quando afferma che sarebbe utile restituire importanza alla formazione generalista, a quelle attività che insegnino a ragionare e ad applicare senso critico - magari togliendo spazio a quel tipo di formazione che insegna a fare qualcosa di concreto, rispondendo alle esigenze delle imprese ma senza favorire una vera educazione.
E si sa che del latino si dice proprio che “insegna a ragionare”, ma non è la strada giusta.
Ci vuole più informatica, in tutte le scuole
Tutto sensato a prima vista, ma se vogliamo fare un favore agli studenti del classico dovremmo mettere l’informatica al primo posto. Relegare questa materia al ruolo di riempitivo, tanto per sembrare moderni, è un brutto errore e fa dal DDL 696 un disegno che non dovrebbe diventare legge. Non nella sua forma attuale, perché non serve proprio a niente.
Sì perché se l’idea è dare ai ragazzi strumenti che sviluppino le capacità di ragionamento, deduzione, logica, allora l’informatica è una delle migliori scelte possibili. Partendo dai diagrammi a blocchi e arrivando ai linguaggi veri e propri, imparare la “lingua delle macchine” può davvero fare la differenza.
Non solo al Liceo Classico: ci vuole più Informatica in tutte le scuole, a prescindere dalla formazione. Per (almeno) due ragioni molto semplici
- Studiare informatica “apre la mente” almeno quanto il Latino, ma risulta meno esotica agli occhi degli studenti. Molti giovani non vogliono nemmeno sentir parlare della lingua di Cesare, ma possono tollerare un po’ di informatica - persino se stanno studiando per diventare cuochi o camerieri.
- L’Informatica è onnipresente nelle nostre vite, e una competenza minima serve a tutti.
Se hai un negozio o una piccola impresa, ti sarà utile capire alcuni concetti logici per gestire il flusso di cassa, le forniture e la logistica. Se sei un insegnante, con delle buone basi di informatica puoi sviluppare un metodo didattico migliore, ed essere di conseguenza un insegnante migliore. Può servire nell’amministrazione domestica, e la logica di base è utile in ogni conversazione che punti sulla razionalità. Insomma, può servire sempre e a tutti.
Al momento, invece, di Informatica se ne fa troppo poca o non se ne fa per niente. Lo sto vivendo io in prima persona, con una figlia allo Scientifico e zero ore di informatica in totale (scandaloso, lo so). Non l’ho mai studiata alle superiori, negli anni ‘90, e non l’hanno quasi mai vista nemmeno i miei colleghi più giovani. Che diamine, persino un collega che stava studiando da ingegnere ne ha fatta pochina, mi racconta.
Con tutto il rispetto per la Senatrice Petrenga, il suo DDL non è quello che serve agli studenti italiani, né per diventare persone migliori né per essere più competitivi in un futuro mercato del lavoro.
Immagine di copertina: loft39studio