Tale crescita è andata di pari passo con l’affermarsi di nuovi settori di attività che si sono sviluppati tramite i social, tra cui quello dei cosiddetti influencer, che godono di grande seguito on-line grazie alla propria competenza in svariati ambiti (quali moda, viaggi, cucina, fitness, videogaming ecc.) e che sono diventati, agli occhi del pubblico dei social, dei veri e propri punti di riferimento.
Le attività dell’influencer vengono svolte con modalità professionali, seguendo precisi piani di pubblicazione, che comprendono non solo una attenta selezione dei contenuti, ma anche la previsione di precisi orari della giornata in cui diffondere i messaggi, in modo che possano essere visionati dal maggior numero possibile di utenti.
Data l’attenzione suscitata da questi soggetti nel Web, i più importanti brand hanno iniziato ad intraprendere dei rapporti di collaborazione con gli stessi, servendosi della loro popolarità per perseguire finalità pubblicitarie: il fenomeno viene generalmente definito “influencer marketing”.
L’influencer marketing tramite la sponsorizzazione: profili giuridici
L’elemento di forza di questa forma di pubblicità risiede nel fatto che il brand pubblicizzato è generalmente in linea con il tipo di attività svolta sul web dall’influencer, nonché con lo stile e la personalità del medesimo, con la conseguenza che gli utenti, che seguendo l’influencer ne condividono solitamente anche gli interessi, si troveranno di fronte un prodotto/servizio maggiormente in linea con i propri interessi.
Diverse sono le modalità attraverso cui può realizzarsi la veicolazione del messaggio pubblicitario, ma la scelta ricade generalmente nella sponsorizzazione.
Con questo contratto, un soggetto (c.d. sponsee) permette ad un altro soggetto (c.d. sponsor) l’uso della propria immagine o del proprio nome, per promuovere, dietro corrispettivo, un prodotto o un marchio. Si tratta di un contratto frequentemente utilizzato in ambito sportivo, in cui basta pensare alle divise o alle maglie utilizzate da singoli atleti o da intere squadre.
Quello di sponsorizzazione è un contratto c.d. atipico, ovvero non oggetto di apposita disciplina normativa, che rientra nella vasta area dei contratti di pubblicità, presentando tuttavia una caratteristica peculiare. Nei contratti di pubblicità, infatti, oggetto del negozio è la diffusione di un messaggio finalizzato a promuovere un determinato prodotto o servizio, generalmente attraverso la presentazione delle sue qualità e caratteristiche essenziali. Nella sponsorizzazione questo non avviene perché la diffusione del messaggio promozionale avviene semplicemente divulgando il segno distintivo dello sponsor.
Per questo la sponsorizzazione costituisce una forma di pubblicità indiretta – e ne rappresenta una delle più evolute -, realizzando una persuasione sottile ma comunque intensa, che può rivelarsi anche più efficace verso i consumatori della pubblicità tradizionale.
Quanto al contenuto essenziale del contratto, si tratta di un negozio giuridico a prestazioni corrispettive e a titolo oneroso. L’obbligazione principale dello sponsee consiste nell’acconsentire allo sfruttamento commerciale, da parte dello sponsor, della propria immagine e/o del proprio nome, cui viene abbinato il segno distintivo dello sponsor, a fronte del pagamento da parte di quest’ultimo di un corrispettivo predeterminato.
L’utilizzo di tale contratto con gli influencers può essere vario, sostanziandosi generalmente nella creazione di contenuti digitali on-line, quali foto, post, video o stories, cui vengono utilizzati prodotti e/o servizi associati al brand sponsor.
Una caratteristica frequente è la previsione della clausola di esclusiva, oltretutto, generalmente, con estensione worldwide: in questo modo lo sponsee si impegna a sponsorizzare esclusivamente un soggetto determinato e la promozione di altri brand potenzialmente concorrenti viene contrattualmente vietata. L’esclusiva può inoltre essere concordata a titolo di unicità (c.d. sponsorizzazione unica), oppure limitarsi al singolo settore merceologico dello sponsor (c.d. esclusiva merceologica).
Occorre inoltre considerare l’ipotesi in cui lo sponsee sia un minore d’età. In tal caso, infatti, si pone innanzitutto il problema relativo alla qualificazione della conclusione del contratto quale atto di ordinaria o straordinaria amministrazione. Gli atti di ordinaria amministrazione infatti possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore o da chi esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale.
Quelli di straordinaria amministrazione necessitano, invece, di una specifica autorizzazione del giudice tutelare. Sul punto vi sono orientamenti contrastanti e non si è ancora arrivati ad interpretazione univoca. Ad ogni modo, è importante fare sempre molta attenzione, perché la soluzione concreta dipenderà dal contenuto specifico del contratto e delle sue clausole. Particolari attività o caratteristiche contrattuali (ad esempio, una forma di esclusiva o un diritto di sfruttamento dell’immagine molto ampio) possono infatti rendere necessario l’intervento del giudice tutelare e il contratto concluso senza rispettare tale procedimento sarà annullabile.
Pubblicità occulta: il necessario uso degli hashtag
La crescita esponenziale dell’influencer marketing, tuttavia, ha evidenziato la facilità con cui possono essere realizzate anche forme di pubblicità occulta.
Relativamente a questa tematica, a livello nazionale, un ruolo centrale è ricoperto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che si occupa, tra le altre cose, di garantire la tutela dei consumatori. Per questo, l’Antitrust ha sollecitato gli operatori coinvolti a vario titolo nel fenomeno affinché chiariscano sempre l’eventuale natura commerciale dei contenuti pubblicati: per adeguarsi alle prescrizioni del Codice del Consumo, infatti, è necessario indicare sempre un intento commerciale e/o pubblicitario. L’Autorità ha rimarcato più volte come il divieto di pubblicità occulta presenti carattere generale, dovendosi pertanto applicare anche alle comunicazioni effettuate tramite i social network.
Questi interventi dell’Antitrust hanno comportato una modifica sostanziale delle condotte degli influencer e degli sponsor in un’ottica di maggiore trasparenza verso i consumatori: si è così diffusa la pratica di utilizzare specifici hashtag e riferimenti idonei a rivelare la natura pubblicitaria dei contenuti pubblicati.
Peraltro, l’AGCM si è allineato all’orientamento espresso dalla Federal Trade Commission, l’agenzia indipendente statunitense che si occupa della protezione dei consumatori, le cui prime raccomandazioni sul tema risalgono al 2009. Questo ente ha infatti pubblicato già nel 2016 un apposito manuale sull’argomento, precisando non solo il necessario utilizzo di hashtag quali #sponsored, #ad, #adv o di espressioni quali “thanks to”, ma evidenziando anche che la collocazione degli stessi deve garantirne la massima visibilità agli utenti.
In Italia, nonostante non esista attualmente una normativa specifica sul tema, si segnala l’attività operata dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), che nel 2016 ha varato la Digital Chart, prescrivendo che “il fine promozionale del commento o dell’opinione espressa da celebrity/influencer/blogger, qualora non sia già chiaramente riconoscibile dal contesto, deve essere reso noto all’utente con mezzi idonei”. Tra i mezzi in questione rientrano appunto gli hashtag descritti in precedenza o l’indicazione del link al sito Web dell’azienda sponsorizzata nei post pubblicati.
Conclusioni
L’utilizzo dei social media ai fini della diffusione di messaggi pubblicitari è una pratica destinata a svilupparsi ulteriormente nel corso degli anni, considerata l’evidenza delle potenzialità commerciali di questi strumenti. Ciò non solo in considerazione del sempre crescente utilizzo degli stessi nell’era digitale, ma anche della maggiore immediatezza che gli stessi garantiscono nella veicolazione dei messaggi promozionali.
Sarebbe quindi opportuna una normativa effettiva sul tema, non potendo ricavarsi la relativa disciplina dai singoli ed eventuali interventi dell’Autorità Garante, sicuramente funzionali ma comunque insufficienti per disciplinare tutti gli aspetti relativi al fenomeno e tutela efficacemente i consumatori.