La Cina a un passo dal divieto di mining di criptovalute

La Cina sta pensando di mettere al bando il mining di criptovalute poiché spreca risorse energiche e di conseguenza incide sull'inquinamento.

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a cura di Dario D'Elia

La Cina sta seriamente valutando la possibilità di vietare il mining di criptovalute. La Commissione nazionale per la riforma dello sviluppo pochi giorni fa ha segnalato il "crypto-mining" come uno dei tanti settori responsabili dello spreco di risorse e dell'inquinamento. Per questo motivo ha avviato una consultazione pubblica che terminerà il 7 maggio; dopodiché trarrà le somme e deciderà se far scattare un divieto formale.

La notizia ovviamente rischia di avere conseguenze sui prezzi delle valute virtuali. E proprio in queste ore gli osservatori sono concentrati sui borsini per comprendere quali saranno i trend dei prossimi giorni. Per altro Bitcoin da diverso tempo è entrato seriamente in crisi.

Da ricordare che fino a due anni fa la Cina coagulava il 70% delle attività di mining di Bitcoin e il 90% degli scambi, stando a quanto riporta Bloomberg. Da allora le autorità nazionali hanno avviato una campagna per ridurne l'impatto industriale, motivato con il timore delle bolle speculative, delle frodi e dello spreco energetico.

E così se nel 2017 sono state messe al bando alcune monete e alcuni "exchange locali" sono stati invitati a interrompere attività, nel 2018 le autorità hanno iniziato a cercare di mettere fuori mercato molti "miner". L'ultima presa di posizione della Commissione di fatto sembra segnare il destino del settore.

La questione di fondo è che il basso costo dell'elettricità, in Cina, nel tempo aveva attirato troppi operatori. Oggi, una leader di mercato come Bitmain Technologies Ltd, sta progressivamente spostando attività in Stati Uniti e Canada.

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