Preso dall'omonimo racconto di Isaac Asimov, L'Uomo Bicentenario racconta di un robot, Andrew, che nasce come maggiordomo ad alta tecnologia, ma con il tempo la sua AI si evolve fino a renderlo sempre più simile all'umano. Lo spettatore si affezionerà al protagonista, e si troverà inevitabilmente per fare il tifo in favore della macchina contro gli esseri umani che le vogliono precludere la felicità.
Cosa è credibile: in un futuro non troppo lontano avremo certamente a disposizione robot molto avanzati che potranno fare molti lavori al posto nostro - ed è altrettanto probabile che almeno all'inizio solo i più ricchi potranno permetterseli. Dopotutto già oggi abbiamo robot in casa, per quanto ben lontani dal protagonista del film.
Cosa non è credibile: il percorso evolutivo di Andrew appare del tutto arbitrario, e soprattutto nasce in contesto dove gli input sono piuttosto scarsi. Se c'è una cosa di cui siamo abbastanza sicuri, e che gli algoritmi di una AI hanno bisogno di molte informazioni per continuare a evolversi e migliorare. Dopodiché, anche il modo in cui cambia Andrew, allontanandosi dalla propria programmazione e acquisendo nuove caratteristiche, è perlomeno sospetto se lo si osserva cercando di applicare quanta più freddezza analitica possibile - ma è difficile con un film tanto emozionante.
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