I laureati italiani in Informatica sono pochissimi: siamo il paese con la percentuale più bassa dell'Unione Europea, se si esclude la Romania. Secondo l'ultimo rapporto Eurostat (Computer skills in the EU27 in figures) poco più di un laureato (quinquennale) su 100 appartiene alle discipline informatiche, contro una media UE-27 al 3,4%. Il nostro misero 1,3% non può che creare imbarazzo se confrontato con il 5,6% dell'Austria, il 5,1% della Spagna e il 4% del Regno Unito e Francia. Possiamo gonfiare il petto solo con i rumeni che sono allo 0,9%, e che però nel 2005 non facevano parte neanche della UE.
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I motivi di questa debacle sono numerosi, ma senza dubbio il nostro sistema accademico e quello industriale hanno delle responsabilità . Di certo l'introduzione delle lauree triennali ci sfavorisce nelle classifiche, ma è pur vero che è un'illusione tutta italiana quella di credere che la specialistica non abbia particolare valore. Contemporaneamente bisogna ammettere che nel mondo delle imprese il trattamento riservato agli informatici è al di sotto della soglia del buon senso: non vengono mai ascoltati fino a quando non accade l'irreparabile - sia sotto il punto di vista commerciale che tecnico.
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Il disinteresse nei confronti di questa scienza ha comunque uno stretto legame con la società . Analizzando le competenze della gente comune (16 - 74 anni) si scopre infatti che in Europa il 63% è in grado di compiere operazioni elementari (spostare o copiare file), mentre in Italia solo il 54%. L'uso di formule matematiche nei fogli di calcolo sembra già una frontiera inarrivabile: in Europa siamo al 43%, mentre in Italia al 35%. La scrittura di programmi infine è al 10% in Europa e al 9% in Italia. Insomma, ci sono piccoli o grandi sviluppatori, ma forse non hanno la laurea quinquennale. Grandi artigiani mal pagati: un classico.