Che colpaccio per Apple
Secondo le stime, sui 73 dollari di un hard disk Toshiba circa 54 dollari sono dovuti ai componenti e al lavoro. Quindi il valore aggiunto di Toshiba è di circa 19 dollari, e giustamente da attribuire al Giappone. Su questa linea è possibile procedere per ogni componente. Alla fine dell'analisi è stato riscontrato - come era previsto - che la share più grande del valore aggiunto appartiene agli Stati Uniti, anche a causa del numero di unità vendute localmente.
I ricercatori hanno valutato che dei 299 dollari di listino circa 163 dollari sono correlati ad aziende statunitensi e ai lavoratori. Di questi 75 dollari sono dovuti a costi di distribuzione e di commercializzazione (retail), 80 dollari vanno ad Apple, 8 dollari finiscono nelle tasche di produttori di componenti locali. Il Giappone contribuisce invece con 26 dollari al valore aggiunto - soprattutto grazie a Toshiba - mentre la Korea arriva a mala pena a un dollaro.
I costi di lavoro e per i componenti, non calcolati in dettaglio, arrivano a 110 dollari. In questo caso la difficoltà di elaborarne nettamente una mappa è dovuta proprio alla frammentazione produttiva - come l'esempio dell'hard disk Toshiba che giunge fino nelle Filippine...
A questo punto dire con certezza chi produca l'iPod è complicato. Il suo valore reale, comunque, non ha a che fare con le sue parti o con la sua costruzione. Il suo valore è nella progettazione e nell'idea che ha dato vita al tutto. Per questo motivo Apple tiene per sé 80 dollari per pezzo venduto, che è nettamente la quota di valore aggiunto più grande dell'intera catena.
Quei furboni di Apple hanno immaginato come trasformare 451 pezzi in un prodotto di valore. Magari non sono in grado di fabbricarlo, ma l'hanno creato. E questo è quello che conta.