Avv. Giuseppe Croari – Dott.ssa Silvia Di Paola
OnlyFans è una piattaforma di intrattenimento fondata nel 2016 dall’imprenditore inglese Tim Stokely. Gli utenti possono accedere registrandosi sia come content creator sia come semplici utenti. In particolare, l’accesso al profilo del creator che si sceglie di seguire avviene tramite il pagamento di un abbonamento.
Gli utenti, oltre a seguire i creator, possono anche contattarli direttamente tramite chat per richiedere un contenuto personalizzato. In questi casi, se la richiesta rientra nelle prestazioni offerte dal creator, quest’ultimo invia un preventivo per il contenuto richiesto. Se l’utente accetta, il creator realizza il contenuto in modo personale. OnlyFans trattiene il 20% sull’abbonamento al profilo, ma non sui contenuti personalizzati, che possono essere venduti a cifre anche significative. Per ulteriori dettagli sulle condizioni contrattuali della piattaforma, si può consultare questo approfondimento: condizioni contrattuali di OnlyFans.
OnlyFans ospita influencer e celebrities di ogni tipo, da musicisti a chef, passando per esperti di fitness, moda, viaggi e altre materie. Tuttavia, la piattaforma è diventata particolarmente famosa per i cosiddetti contenuti NSFW (Not Safe For Work), ossia materiale sessualmente esplicito.
La diffusione non autorizzata dei contenuti su Onlyfans: un problema in crescita
L’iscrizione alla piattaforma di OnlyFans consente la fruizione dei contenuti, ma non la loro condivisione. Tuttavia, è sempre più frequente, soprattutto per i contenuti specializzati a sfondo sessuale, che gli utenti, aggirando il blocco e senza il consenso dei content creator, rivendano o diffondano gratuitamente questi contenuti su altre piattaforme.
La diffusione non autorizzata comporta non solo una perdita di utenti e guadagni per i creator, ma rappresenta anche una violazione legale. Questa può essere considerata una violazione del diritto d’autore (maggiori approfondimenti sul diritto d’autore disponibili qui), oltre che una violazione del diritto alla privacy, configurando un trattamento illecito dei dati personali, per cui si può richiedere il diritto all’oblio.
II diritto all’oblio: la sentenza Google vs Spain
Il diritto all’oblio, ovvero il diritto ad “essere dimenticati”, ha un’origine giurisprudenziale. Un caso emblematico risale al 2014 con la sentenza Google vs Spain, emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. In quel caso, un cittadino spagnolo, coinvolto sedici anni prima in una procedura di riscossione, chiese all’AEPD la rimozione di alcune pagine del quotidiano La Vanguardia, dove il suo nome era associato a un’asta immobiliare. Inoltre, richiese la rimozione dei link a quelle pagine dai risultati di Google.
L’AEPD respinse il reclamo contro La Vanguardia, ma accolse quello contro Google, ordinando di eliminare i link. Google presentò ricorso, ma la Corte di Giustizia dell’UE confermò che l’attività del motore di ricerca, che estrae, registra e organizza i dati, equivale a un trattamento degli stessi, incidendo significativamente sui diritti fondamentali della persona, come la vita privata e la protezione dei dati personali.
La Corte, quindi, ordinò a Google di eliminare i link dall’elenco dei risultati, sancendo così il diritto di un soggetto a non essere più trovato online.
Quando si può esercitare il diritto all’oblio?
Il diritto all’oblio ha trovato un riconoscimento formale qualche anno dopo la sentenza Google vs Spain, grazie al Regolamento UE 2016/679 (GDPR). Tuttavia, il suo esercizio non è assoluto, ma soggetto a specifiche condizioni. In particolare, l’art. 17 del GDPR stabilisce che un individuo può richiedere la cancellazione dei propri dati personali quando:
- i dati non sono più necessari rispetto alle finalità per cui sono stati raccolti o trattati;
- l’interessato revoca il consenso al trattamento dei dati personali;
- l’interessato si oppone al trattamento e non esiste un motivo legittimo per continuarlo;
- i dati personali sono trattati illecitamente;
- la cancellazione è necessaria per adempiere a un obbligo legale;
- i dati sono trattati per finalità di marketing o di profilazione.
Tuttavia, il diritto all’oblio non può essere esercitato quando il trattamento è necessario per l’esercizio della libertà di espressione e di informazione, per l’adempimento di obblighi legali previsti dal diritto dell’Unione o dello Stato membro, per compiti svolti nell’interesse pubblico o nell’esercizio di pubblici poteri, per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità, a fini di archiviazione nel pubblico interesse, ricerca scientifica o storica, o per l’accertamento e difesa di un diritto in sede giudiziaria.
Cancellazione e deindicizzazione: cosa significa e come tutelarsi?
I content creator di OnlyFans, i cui contenuti vengano condivisi altrove senza autorizzazione, possono richiedere la cancellazione o, più comunemente, la deindicizzazione dei contenuti. La deindicizzazione è diversa dalla cancellazione: consiste nel rimuovere un contenuto dai risultati del motore di ricerca, pur continuando a esistere online. Questo significa che il contenuto resta presente sul web, ma non è più facilmente accessibile tramite una normale ricerca.
In relazione a questa problematica, sarebbe auspicabile che la piattaforma OnlyFans adottasse misure per rendere più sicura la condivisione dei contenuti tra i fan account e i creator account, garantendo così una protezione più efficace sia del lavoro che della privacy dei creator.
Sempre più creator vedono i propri guadagni diminuire a causa di leak e contenuti diffusi da terzi, se hai bisogno di supporto consigliamo di rivolgerti ai nostri avvocati partner dello Studio Legale FCLEX.