A differenza di altri settori in cui, malgrado i progressi tecnologici, siamo ancora lontani dalla perfezione, negli obiettivi fotografici ci si può andare molto vicino. Il problema è dato dal fatto che un obiettivo perfetto, o quasi, sarebbe troppo costoso da realizzare e mettere in commercio con la speranza di poterlo vendere. I costruttori scelgono così un compromesso fra prestazioni ottiche, qualità costruttiva e prezzo. Ovviamente le prestazioni ottiche rappresentano l'aspetto primario da considerare per chi punta alla massima qualità dell'immagine, prestazioni che molto spesso sono legate anche alla meccanica e alla precisione delle lavorazioni. Cerchiamo allora di capire quali sono i parametri da considerare per valutare la bontà di un obiettivo e anche per comprenderne i limiti.
La nitidezza
La nitidezza - sharpness in inglese - è sicuramente l'aspetto più importante e dipende da due cose: il potere risolvente e il contrasto. Entrambi devono essere nel giusto equilibrio se si vuole che l'obiettivo fornisca i migliori risultati. Proprio come per l'esame della vista, il concetto di nitidezza ci è molto famigliare. Intatti, quando il nostro ottico di fiducia ci chiede se vediamo meglio le lettere con una lente piuttosto che un'altra, ci sta chiedendo se - ai nostri occhi - percepiamo l'immagine più o meno nitida. La possibilità degli occhi di leggere lettere sempre più piccole, spostandosi di linea in linea sulla tabella, è simile alla capacità dell'obiettivo di "risolvere" le linee di una tabella d'esame, o mira ottica, costituita da precise figure geometriche.
Fotografando da una distanza ben precisa (50 volte la lunghezza focale) una cosiddetta resolution chart come quella mostrata in figura si può quindi avere un'idea della nitidezza dell'obiettivo:
C'è un sito Web che permette di effettuare comparazioni fra obiettivi di varie marche proprio utilizzando una carta simile, in funzione della lunghezza focale (per gli zoom), dell'apertura del diaframma e della macchina su cui sono montati:
Il potere risolvente, che indica il numero delle coppie di linee per millimetro che sono chiaramente distinguibili all'occhio dell'esaminatore (usando un sistema d'ingrandimento), fornisce però solo un'indicazione di massima del rendimento dell'obiettivo. Infatti, un obiettivo può risolvere (cioè è in grado di discriminare) ad esempio 10 linee leggermente sfuocate o 10 linee chiaramente definite: il valore in sé è sempre lo stesso, ma il rendimento dell'obiettivo è ben differente, anche perché in questo genere di test non si tiene conto del contrasto.
Un sistema più preciso e scientifico per determinare il rendimento, e quindi la nitidezza, di un obiettivo si basa sulla funzione di trasferimento di modulazione (MTF). Non spiegheremo, in questa sede, di che cosa si tratta, in quanto implica dei concetti matematici un po' complessi. Diremo solo che i grafici MTF possono essere di più tipi:
Per approfondimenti, si può leggere questo articolo e tanti altri presenti sul Web.
In alcuni casi si usa una rappresentazione grafica differente, dove si indica il valore della "risoluzione" (LW/PH, cioè ampiezza delle linee in funzione dell'altezza dell'immagine), che può essere presa come una misura della nitidezza, non in funzione della distanza dal centro, ma in funzione del diaframma, con istogrammi come questi:
Ad ogni valore di apertura sono riportati i valori al centro, al bordo e al bordo estremo del fotogramma: inutile dire che un obiettivo è tanto migliore quanto più questi valori sono elevati.
Quelle che abbiamo visto sono in ogni caso rappresentazioni bidimensionali, in cui cioè sono coinvolte due variabili, tuttavia vi sono casi di grafici 3D oppure 2D in cui si sfrutta il colore come terza variabile:
Aberrazione sferica
L'aberrazione sferica è un effetto causato dalla curvatura sferica delle lenti (così realizzate per motivi di semplicità costruttiva) per cui la luce che attraversa i bordi di una lente è messa a fuoco su un piano più vicino rispetto alla luce che attraversa il centro della lente stessa.
Questo disegno rende meglio l'idea del concetto:
Per correggere l'aberrazione sferica si usano lenti asferiche, una volta estremamente costose da realizzare e oggi, grazie ai progressi della tecnologia, molto più accessibili. Oggi anche gli obiettivi più economici, per esempio quelli forniti in kit con le fotocamere, adottano lenti asferiche, in numero variabile (fino anche a cinque/sei nel medesimo schema ottico).
Aberrazione cromatica
Si distingue in aberrazione cromatica laterale e assiale (o longitudinale); in entrambi i casi si verifica poiché l'indice di rifrazione delle lenti dipende dalla lunghezza d'onda, per cui le componenti cromatiche dei raggi luminosi che arrivano fuori asse rispetto al centro della lente vanno a fuoco sul piano del sensore in punti diversi (aberrazione cromatica laterale), mentre quelle dei raggi luminosi che arrivano in asse (parallelamente) alla lente vanno a fuoco su piani diversi.
Questo particolare tipo di problema si manifesta sotto forma di frange di colore (blu, magenta, verdi) che si disperdono ai bordi dell'immagine.
L'aberrazione cromatica laterale si può misurare e anche parzialmente correggere, o via software in post-produzione o direttamente in camera dal processore d'immagine.
Ovviamente dovrebbe essere la più contenuta possibile a tutte le lunghezze focali/aperture, in quanto se bassa contribuisce ad un'impressione di nitidezza complessiva dell'immagine.
L'aberrazione cromatica longitudinale (LoCAs), invece, è più difficile da vedere e si manifesta in genere su ottiche molto luminose. Ne sono (quasi) completamente immuni gli obiettivi apocromatici, che utilizzano lenti a bassa dispersione (ED o LD).