Parlando di geo-blocking (dall'inglese, letteralmente, blocco geografico) si fa riferimento a quel particolare sistema attraverso il quale viene impedito agli utenti di un sito Web di accedere ed acquistare i contenuti, i prodotti o i servizi che vi vengono offerti, nel caso in cui quello specifico sito sia localizzati in uno Stato Europeo diverso da quello di appartenenza del singolo utente.
L'Unione Europea, riconoscendo il geo-blocking come una pratica discriminatoria e penalizzante per i cittadini europei, ha deciso di intervenire attivamente al fine di rimuovere quelli che sono stati interpretati e che di fatto comportano dei gravi ostacoli alla libertà di iniziativa economica e di concorrenza, oltre che all'esercizio concreto dei diritti dei consumatori.
Le difficoltà concrete
Allo stato attuale, solo il 15% dei cittadini europei (stando a quanto riportato sul sito ufficiale del Consiglio Europeo, www.consilium.europa.eu) effettua acquisti online su siti Internet che hanno la propria base in uno Stato diverso dal proprio.
La principale causa di tale situazione, però, non è riconducibile a scelte nazionaliste dei consumatori, ma è connessa proprio alla presenza di forme di blocco geografico che vengono poste nella navigazione online e che impediscono di fatto agli utenti di acquistare beni e servizi tramite siti esteri.
Se si presta attenzione a queste ipotesi, già da una rapida ricerca emerge, infatti, che molti siti di e-commerce consentono, concretamente, l'acquisto dei propri prodotti soltanto ai clienti che si trovano nel loro stesso Stato. E la forma più comune con cui tale limite è realizzato è il reindirizzamento dell'utente estero alla corrispondente piattaforma Web del suo paese di appartenenza.
Si tratta, appunto, di un meccanismo che va a ledere il consumatore finale, in particolare quando oggetto della richiesta sono prodotti autoctoni dello Stato in cui è localizzata la sede operativa del sito. In tali casi, infatti, è molto frequente che l'utente si ritrovi costretto ad acquistare il prodotto di suo interesse ad un prezzo più alto rispetto a quello offerto all'estero, se non direttamente a dovervi rinunciare a causa della mancata disponibilità di quel prodotto sul Sito nazionale verso il quale il consumatore è stato, suo malgrado, reindirizzato.
Peraltro, la procedura di redirect non è l'unico ostacolo che gli utenti possono trovare quando cercano di acquistare da siti esteri. Capita spesso, infatti, anche che venga impedito proprio il completamento della procedura di acquisto di un prodotto o il download di un particolare contenuto quando l'accesso risulti essere effettuato da uno Stato diverso da quello di appartenenza, senza nemmeno che sia prevista la possibilità di essere reindirizzati sul sito nazionale.
Un'ulteriore problematica si riscontra con riferimento alla possibilità di consegna di prodotti in altri Stati. Sono numerosi, infatti, anche i siti Web che non prevedono e non consentono di effettuare la consegna o il trasporto transfrontaliero di merci, oppure che stabiliscono prezzi notevolmente diversi per gli stessi prodotti a seconda della residenza dell'acquirente oppure del paese di consegna dei beni acquistati.
L'intervento delle Istituzioni Europee
Appare evidente che l'applicazione di queste pratiche commerciali determini un'ingiustificata discriminazione per i cittadini europei, oltre a rappresentare un enorme ostacolo alla circolazione di beni e servizi nel territorio dell'Unione, con gravi ripercussioni sul fondamentale principio di libertà previsto dal Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (cosiddetto TFUE, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 e ratificato in Italia con la legge n. 130/2008, insieme al Trattato sull'Unione Europea, stabilisce i pilastri dell'ordinamento europeo, prendendo il posto del precedente Trattato di Maastricht del 1992, già modificato nel 1997 ad Amsterdam). Si tratta infatti di un principio strutturale dell'Ordinamento europeo che si esplica, innanzitutto, attraverso la libera circolazione di capitali e la libera prestazione di servizi nel territorio europeo e tra i cittadini europei e che viene disciplinato e tutelato non solo da alcune importanti sottocategorie di principi, ma anche da diverse disposizioni legislative applicative e di dettaglio.
In particolare, si deve ricordare l'art. 20 della Direttiva 123/2006 relativa ai "Servizi nel mercato interno", con il quale è sancito il principio di non discriminazione. Tale norma, infatti, stabilisce che "1) Gli Stati membri provvedono affinché al destinatario non vengano imposti requisiti discriminatori fondati sulla sua nazionalità o sul suo luogo di residenza. 2) Gli Stati membri provvedono affinché le condizioni generali di accesso a un servizio che il prestatore mette a disposizione del grande pubblico non contengano condizioni discriminatorie basate sulla nazionalità o sul luogo di residenza del destinatario, ferma restando la possibilità di prevedere condizioni d'accesso differenti allorché queste sono direttamente giustificate da criteri oggettivi".
Alla luce di queste considerazione e degli essenziali valori in gioco, il 28 febbraio 2018 il Parlamento Europeo ed il Consiglio Europeo hanno adottato un nuovo Regolamento avente ad oggetto proprio "misure volte a impedire i blocchi geografici ingiustificati e altre forme di discriminazione basate sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento dei clienti nell'ambito del mercato interno". Si tratta, appunto, del Regolamento (UE) 302/2018, in forza del quale viene vietato qualsivoglia sistema di blocco geografico ingiustificato all'interno del mercato europeo a partire dal 3 dicembre 2018, data di applicazione di tale normativa (che, si ricorda, essendo un Regolamento europeo, troverà piena e diretta applicazione in tutti gli Stati membri dell'UE, tanto nei confronti dei privati quanto delle autorità pubbliche, senza necessità di recepimento delle sue disposizioni da parte di una legge nazionale).
Più nello specifico, in base alle regole introdotte da tale normativa, gli operatori online non potranno più porre in essere alcun tipo di discriminazioni tra gli utenti fondato sostanzialmente sul carattere nazionale o meno degli stessi, che vada a ripercuotersi sulle condizioni di vendita. Diversamente da quanto accade spesso ad oggi, infatti, dove molti e-commerce non accettano carte di credito emesse da una banca estera, con l'applicazione del Regolamento europeo i siti Web non potranno prevedere diverse condizioni relative ai metodi di pagamento accettati per gli acquisti effettuati da utenti dello stesso Stato rispetto a quelli di altri Stati. Ancora, non sarà più possibile bloccare o limitare l'accesso alla propria piattaforma online in ragione della nazionalità o luogo di residenza del cliente.
Vero è che il Regolamento ammette delle eccezioni a tale divieto. In particolare, dei limiti sono previsti per alcune tipologie specifiche di servizi, come quelli connessi a contenuti che ricadono nell'ambito di tutela del diritto d'autore (come i servizi musicali in streaming, i libri elettronici, i software e i giochi online), oppure quelli rientranti in determinati settori come quello finanziario, di trasporto, sanitario e sociale.
Al ricorrere di queste particolari ipotesi, dunque, i fornitori di servizi online potranno ancora applicare sistemi di blocco geografico, pur all'interno del territorio europeo.
È stato comunque stabilito che la Commissione Europea dovrà valutare, entro due anni dall'entrata in vigore del Regolamento, se il divieto di geo-blocking debba essere esteso anche ad ulteriori settori, per il momento esonerati.
Conclusioni
L'intervento delle istituzioni europee appare sicuramente apprezzabile. In particolare ci si augura che, attraverso queste nuove regole, le restrizioni al commercio elettronico precedentemente operanti possano venire effettivamente meno a tutto vantaggio dei consumatori e delle imprese.
L'eliminazione di sistemi di blocco geografico per gli utenti di servizi online assicurerà, in particolare, un trattamento egualitario tra tutti i cittadini europei con riferimento ai prezzi e alle condizioni di vendita o di pagamento previste per l'acquisto di prodotti e servizi, a prescindere dal paese di appartenenza e nel pieno rispetto del principio di non discriminazione.