Mark Zuckerberg arriva all'audizione del Congresso, gli occhi sbarrati, i flash dei giornalisti. Poi il fuoco di fila dei 44 senatori, che fa emergere le tante, forse troppe contraddizioni di Facebook. Jeans, felpe e magliette hanno lasciato il posto a un completo blu con cravatta, è la fine di un sogno, la caduta delle illusioni, l'inizio dell'età adulta, delle responsabilità. E Zuckerberg se le assume tutte, in prima persona, con notevole coraggio. Ma la sensazione è che lui, il social network, noi come consumatori e probabilmente le leggi che regolano il Web non saranno più le stesse.
"Mi dispiace", ha detto Zuckerberg, "Facebook è una compagnia ottimista e idealista. Per gran parte della nostra esistenza, ci siamo concentrati sul bene che si può portare connettendo le persone [...] ma ora è chiaro che non abbiamo fatto abbastanza per impedire che questi strumenti venissero usati anche per fare danni. [...] Non avevamo una visione abbastanza ampia della nostra responsabilità, e questo è stato un grosso errore. È stato un mio errore, e mi dispiace. Ho creato Facebook, lo gestisco e sono responsabile di ciò che vi accade".
Il nodo principale, quello che emerge in uno dei confronti più serrati delle 5 ore di audizione, è quello sulla natura monopolistica dell'azienda. "Chi è il vostro principale competitor?", chiede maliziosamente il senatore Lindsey Graham. Zuckerberg tenta un'impossibile arrampicata sugli specchi, sostenendo che ci sono diverse aziende che offrono servizi che in un certo senso si sovrappongono ai propri e che quindi il social non avrebbe uno ma diversi competitor, ma Graham non abbocca e fa un esempio mutuato dal mercato delle automobili: "Se non mi piace una Ford, posso comprare una Chevrolet. Se non mi piace Facebook, qual è il prodotto equivalente a cui posso iscrivermi?". Una domanda ovviamente senza una risposta possibile e quando Zuckerberg risponde "no" alla domanda esplicita del senatore Graham "Facebook è un monopolio"? in aula serpeggiano risate.
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Da qui a discutere di regolamentazioni il passo è breve. Zuckerberg ammette che ci sia bisogno di regole chiare, ma soprattutto valide per tutti e afferma che, se le regole saranno giuste, saranno gradite anche dalla propria azienda. Zuckerberg ha anche ribadito di star guardando con interesse alle regole che la Commissione europea sta per introdurre col GDPR e che queste saranno applicate da Facebook anche negli USA, sebbene in "maniera un po' diversa, perché la nostra sensibilità qui è diversa".
Risposta sibillina infine per quanto riguarda la possibilità che Facebook diventi a pagamento, eliminando così in un sol colpo il problema delle inserzioni pubblicitarie e della raccolta dati: "ci sarà sempre un Facebook libero". Affermazione che non elimina dunque la possibilità che quello libero coesista con una versione premium ad abbonamento. La felpa ha proprio lasciato il posto alla giacca e anche noi e il Web dovremo presto diventare grandi, assieme a Mark. Il modo in cui lo faremo segnerà il futuro di Internet.
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Il Filtro - Quello Che Internet Ci Nasconde di Eli Pariser è un buon punto di partenza per iniziare a comprendere i meccanismi, finanziari e non solo, dietro il Web.