La tensione commerciale tra Unione Europea e Cina nel settore delle auto elettriche si riaccende, mentre Bruxelles valuta soluzioni alternative ai pesanti dazi introdotti quest'anno. Dopo mesi di scontri e ritorsioni reciproche, la Commissione Europea ha riaperto il dialogo con Pechino esplorando l'ipotesi di un prezzo minimo per i veicoli a batteria importati dalla Cina. I negoziati, che avevano già visto un tentativo fallito lo scorso autunno, potrebbero ora entrare in una fase decisiva, con entrambe le parti che manifestano disponibilità al confronto, sebbene rimangano distanti su diversi punti chiave.
La questione ha assunto proporzioni rilevanti dopo che l'Unione ha aumentato i dazi fino al 45,3% su diverse case automobilistiche cinesi come BYD, Geely e SAIC, che si aggiungono al 10% di tariffa base già esistente. Una mossa che ha inevitabilmente portato a contromisure commerciali da parte di Pechino, colpendo in particolare prodotti europei simbolici come il cognac francese, danneggiando marchi prestigiosi quali Hennessy e Pernod Ricard.
L'ipotesi di stabilire un prezzo minimo per le auto elettriche cinesi rappresenterebbe una novità assoluta nel panorama commerciale europeo. Come ha sottolineato il commissario Maros Sefcovic durante il colloquio con il ministro del Commercio cinese Wang Wentao, qualsiasi soluzione alternativa dovrebbe garantire la stessa efficacia delle attuali misure tariffarie. La Commissione ha però precisato che simili meccanismi di prezzo sono stati finora applicati solo a beni standardizzati, mai a prodotti complessi come le automobili.
I tecnici di Bruxelles nutrono inoltre dubbi sulla reale capacità di un prezzo fisso di compensare adeguatamente il vantaggio competitivo che i costruttori cinesi ottengono grazie ai consistenti sussidi statali del loro governo. Il sistema di incentivi di Pechino rappresenta infatti il cuore della disputa, essendo considerato dall'UE come una forma di concorrenza sleale che altera il mercato globale dell'auto elettrica.
Le ripercussioni di questa guerra commerciale si stanno già manifestando nei dati di vendita. Se da un lato le immatricolazioni complessive di vetture cinesi in Europa hanno registrato un incremento del 64% a febbraio, dall'altro le vendite di modelli totalmente elettrici - quelli soggetti alle nuove imposte - hanno subito una flessione. Significativo invece l'aumento delle vendite di veicoli ibridi plug-in provenienti dalla Cina, categoria ancora non colpita dalle nuove barriere tariffarie.
La posizione dell'industria automobilistica europea, tuttavia, non è unanime. I costruttori tedeschi, che hanno investito massicciamente nel mercato cinese e dipendono fortemente dalle vendite in quel paese, si sono schierati apertamente contro i dazi. La VDA, l'influente associazione dell'industria automobilistica tedesca, ha definito le tariffe un errore strategico e ha ripetutamente sollecitato una soluzione diplomatica basata sul dialogo piuttosto che sullo scontro.
Mentre i negoziati proseguono, resta da vedere se l'Unione Europea e la Cina riusciranno a trovare un compromesso che soddisfi entrambe le parti. La posta in gioco è elevata: da un lato la protezione dell'industria europea dell'auto elettrica, dall'altro il mantenimento di relazioni commerciali stabili con la seconda economia mondiale in un settore cruciale per la transizione ecologica dei trasporti.