Dipendenza dal lavoro (e dal digitale), cos’è, cosa fare e come proteggersi

Lo smart working ha tanti vantaggi, ma nasconde anche diverse insidie, soprattutto se non si riesce a staccare la spina.

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a cura di Andrea Ferrario

Editor in Chief

La sindrome da dipendenza dal lavoro è un fenomeno che negli ultimi anni ha visto una crescita significativa, soprattutto in concomitanza con l’aumento dello smart working. Se da un lato il lavoro agile offre opportunità di flessibilità e autonomia, dall’altro ha creato un ambiente in cui per molte persone è sempre più difficile stabilire confini tra la vita lavorativa e quella personale.

In questo contesto alcuni individui trovano particolarmente arduo “staccare la spina”, finendo per lavorare a tempo indeterminato e non riuscendo a gestire lo stress accumulato. Questo può sfociare in condizioni patologiche che impattano non solo sulla salute fisica e mentale, ma anche sulla vita relazionale e sociale.

Personalmente mi trovo spesso a lavorare per molte ore al giorno, weekend, sera e feste comprese, ma non ho mai considerato il lavoro come qualcosa che mi crea stress, di conseguenza non significa che “chi lavora molto, ha un problema”. Tuttavia non tutti siamo uguali, e non dobbiamo sottovalutare il rischio che una fonte di stress possa trasformarsi in una condizione patologica. Cerchiamo di capire meglio di cosa stiamo parlando con il supporto di Valeria Fiorenza Perris, psicologa di Unobravo.com.

Andrea Ferrario
Lo smart working è diventato la normalità per moltissime persone, oggi quindi è sempre più difficile capire dove finisce la vita professionale e inizia quella privata. Alcuni sono in grado di fare convivere perfettamente le due cose, altri potrebbero essere più soggetti a condizioni di stress o, ancora peggio, a quella che viene definita, in inglese, Workaholic, una sorta di sindrome di dipendenza dal lavoro. È qualcosa che esiste veramente e di cui preoccuparsi?
Andrea Ferrario
Valeria Fiorenza Perris
Ci tengo subito a precisare che la dipendenza da lavoro, con questa definizione, non è ancora esplicitamente inclusa nel DSM-5, il manuale diagnostico per i disturbi di salute mentale.
Nonostante questo, possiamo considerarla come parte delle dipendenze comportamentali, come ad esempio il gioco d'azzardo, lo shopping compulsivo o la dipendenza da internet, cioè tutti quei comportamenti in cui l'azione stessa diventa l'oggetto della dipendenza. Ci tenevo a fare questo piccolo quadro introduttivo per sottolineare quanto non debba essere sottovalutata.
Questo tipo di quadro sintomatologico può infatti avere un impatto significativo nella vita delle persone, con una sintomatologia associata presente, reale e tangibile, che comprende sia aspetti psicologici che ripercussioni fisiche e somatiche.
Come possiamo distinguere una vera e propria dipendenza da lavoro dal semplice amore o piacere nel proprio lavoro, che porta a lavorare molto? La differenza sta nell'atteggiamento che si ha nei confronti del lavoro stesso. Se il lavoro diventa un pensiero ossessivo, o se si trasforma in una compulsione, significa che è un comportamento a cui non possiamo rinunciare, che sfugge alla nostra volontà. Lo mettiamo in atto quasi inconsapevolmente, senza la possibilità di porre limiti o confini, sia in termini di ore impiegate, sia rispetto alle diverse attività che svolgiamo durante la giornata, che non sono solo lavorative.
Tutto questo configura una situazione che è senz'altro di una gravità superiore.
Valeria Fiorenza Perris
Andrea Ferrario
Quali sono i sintomi che possono rappresentare dei segnali di allarme di una possibile condizione patologica?
Andrea Ferrario
Valeria Fiorenza Perris
Oltre a quanto detto prima, il lavoro può diventare una vera e propria ossessione. Non riusciamo a smettere di lavorare perché, nel momento in cui interrompiamo, si manifestano tutti quei comportamenti tipici di chi sospende un'azione da cui è dipendente. Questo provoca un aumento dei livelli di ansia e stress, e mettiamo in atto il comportamento proprio per sfuggire a queste sensazioni. Se non lavoro, mi sento ansioso, abbattuto, stressato, e paradossalmente sono costretto a continuare a lavorare anche per alleviare questo stato di agitazione, sia psicologica che fisica. Mi ritrovo irritabile, soggetto a scatti di rabbia.
A questo si aggiungono anche le conseguenze fisiche: disturbi del sonno, difficoltà a dormire e un peggioramento della salute fisica generale, come mal di testa o mal di stomaco. Questi disturbi possono rientrare tra quelli psicosomatici.
Inoltre, non va assolutamente sottovalutato l'impatto che tutto questo ha sulla vita relazionale. Pensiamo a quanto possa incidere negativamente sulla vita di coppia o sul nostro ruolo come genitori. Anche le relazioni amicali ne risentono. Tutto questo ha un impatto estremamente importante sull'intera vita quotidiana, influenzandola in modo negativo.
Valeria Fiorenza Perris
Andrea Ferrario
Come si presenta una situazione di dipendenza ? Come è possibile riuscire a riconoscerla prima che sia troppo tardi?
Andrea Ferrario
Valeria Fiorenza Perris
Tutte le situazioni che ci troviamo ad affrontare non partono mai con un livello di gravità già elevato. È fondamentale essere attenti e auto-riflessivi per riuscire a individuare i cosiddetti campanelli d'allarme. Uno di questi è sicuramente la consapevolezza di non riuscire a smettere di lavorare. Quello che dici è molto vero: negli ultimi anni c'è stato un netto peggioramento di queste condizioni, anche a causa dell'impossibilità quasi totale di disconnettersi. Il confine tra vita personale e lavorativa si è talmente assottigliato che siamo sempre reperibili, soprattutto chi lavora in smart working, ma anche chi non lo fa.
Oggi abbiamo sempre con noi telefoni e dispositivi, e spesso nei contesti lavorativi esiste un "numero di emergenza" che viene usato anche oltre i casi di vera emergenza. Tutto questo sicuramente può contribuire allo sviluppo di una dipendenza da lavoro, ma è importante che riusciamo a riconoscere questi segnali.
Non è sempre facile accorgersi dei micro-segnali d'allarme che emergono nella quotidianità. Magari un giorno pensiamo semplicemente di essere stanchi e di non avere tempo per la nostra famiglia, ma da qui a trascurare aspetti della propria personalità o identità, il passo può sembrare breve. Tuttavia, bisogna prestarci attenzione, perché è cruciale mantenere un costante focus sulla propria emotività.
Valeria Fiorenza Perris
Andrea Ferrario
Quali sono le cause che possono portare a una tale dipendenza?
Andrea Ferrario
Valeria Fiorenza Perris
La prima cosa che mi viene da dire è proprio qualcosa sull'identità. L'identità è qualcosa di composito, quindi ognuno di noi è tante cose, ma nel caso della dipendenza da lavoro, il lavoro ha in qualche modo azzerato tutti gli altri aspetti. E questo è sempre qualcosa di complesso da gestire perché ci toglie risorse. Banalmente, se un aspetto della nostra vita in quel momento va peggio rispetto a un altro, gli altri aspetti ci aiutano a superare il momento difficile. In questo caso, però, se un solo aspetto prende il sopravvento sugli altri, significa anche rinunciare alle proprie risorse alternative, non poterne usufruire, e questo ci mette sicuramente in una posizione difficile da superare.
Spesso, in questi casi, l'autostima della persona dipende esclusivamente dal piano lavorativo, da quanto riesce sul piano professionale. E questo si collega al discorso che facevo poco fa: tutte le altre fonti di gratificazione finiscono per essere poco valorizzate, se non del tutto sminuite. Tutto ciò, ovviamente, non funge da fattore protettivo, soprattutto in un contesto lavorativo particolarmente esigente, concentrato sulla performance e che sottovaluta l'impatto di vivere costantemente a un ritmo accelerato sulle persone.
Certo, questo può influire, così come la storia personale e di vita di ciascuno di noi, che rende unica l'esperienza di ogni individuo, non assimilabile a quella degli altri.
Valeria Fiorenza Perris
Andrea Ferrario
Essere “dipendenti dal lavoro” potrebbe sembrare qualcosa di veramente poco conto se consideriamo altri tipi di dipendenze: sostanze varie, gioco d’azzardo, sembrano tutte cose molto più pericolose rispetto al lavoro. Quale livello di gravità possiamo considerare per la dipendenza dal lavoro?
Andrea Ferrario
Valeria Fiorenza Perris
Come psicoterapeuta ti dico che dove c'è sofferenza non deve esserci svalutazione. La gravità di un disturbo la misuriamo attraverso quanto compromette il nostro funzionamento quotidiano. Nel momento in cui un comportamento o un sintomo arriva a essere così forte da causare malessere, ecco, quello è qualcosa di cui dobbiamo prenderci cura, sempre. 
Questo comportamento, essendo una dipendenza, ha un impatto non solo su di noi ma anche su chi ci sta attorno. Come tutte le forme di dipendenza, non riguarda solo la persona che ne soffre, ma anche la rete familiare e sociale. Pensa a quanto le persone che magari avrebbero bisogno del supporto di quella persona non possano riceverlo, o debbano addirittura prendersi carico delle mancanze che si creano a livello sociale, familiare e amicale, a causa delle assenze concrete. Investire tutte le risorse in un solo ambito della propria vita significa inevitabilmente trascurare altri aspetti, perché abbiamo risorse limitate di tempo ed energia. 
Questo ha un impatto anche su altre dimensioni della nostra vita, e qualcuno deve farsi carico di queste mancanze. Tutto ciò porta a un livello alterato di malessere, non solo per chi soffre di questa dipendenza, ma anche per le persone attorno. Spesso, chi si concentra così tanto su un solo aspetto della vita, come il lavoro, si ritrova a gestire ambizioni irrealistiche e livelli di perfezionismo che aumentano il disagio. Paradossalmente, chi è così preoccupato per un solo ambito della propria vita ne soffre anche di più, notando maggiormente le cose che non vanno bene o i processi imperfetti. Questo rende difficile anche la convivenza sul lavoro con i colleghi e i superiori.
Valeria Fiorenza Perris
Andrea Ferrario
Quali sono i sintomi fisici di una condizione di dipendenza? Tutto quello di cui abbiamo parlato è legato molto alla sfera mentale, ma immagino ci possano poi essere risvolti sulla salute fisica.
Andrea Ferrario
Valeria Fiorenza Perris
Si, immaginiamo tutti gli effetti legati al momento in cui, per esempio, la dipendenza viene interrotta per qualche motivo. Se io smetto di mettere in atto quel comportamento, è chiaro che questo avrà delle ripercussioni su di me. Starò male, anche fisicamente. Banalmente, il senso di agitazione e l'ansia hanno dei correlati somatici, come i disturbi del sonno o tutte quelle patologie legate all'ansia, ad esempio i disturbi intestinali o allo stomaco. Tachicardia, iperventilazione, tutti quei sintomi che sono connessi alla manifestazione ansiosa sono reali. 
Senza considerare che l'esito finale più conclamato potrebbe essere il burnout, lo sviluppo di una sindrome che, come sappiamo, è diagnosticata e riconosciuta. È fondamentale prevenire la degenerazione di questi sintomi perché l'impatto che i comportamenti legati alla dipendenza da lavoro possono avere sulle persone è estremamente significativo da tantissimi punti di vista.
Valeria Fiorenza Perris
Andrea Ferrario
Visto che lo abbiamo citato, spieghiamo meglio cosa significa andare in burnout, così da capire meglio se è solo uno stress un po’ più alto del solito o una condizione patologica.
Andrea Ferrario
Valeria Fiorenza Perris
La cosa importante per fare questa distinzione è osservare sempre il livello di gravità di ciò che la persona sta vivendo. Il senso di frustrazione che porta al burnout è qualcosa di paralizzante. Chi soffre di sindrome da burnout si trova impossibilitato a svolgere le proprie mansioni lavorative perché lo stress accumulato e la frustrazione sono tali da bloccare ogni azione. È un senso di fallimento e impotenza così profondo da diventare paralizzante.
Questo, ovviamente, deriva da fattori esterni, che possono essere legati all'organizzazione sociale e lavorativa del contesto aziendale, ma anche da fattori individuali, come la propria storia di vita, la capacità di tollerare la frustrazione, l'errore o la disorganizzazione. Certamente, la disorganizzazione e la sensazione di non essere ascoltati in un contesto lavorativo, rispetto ai propri bisogni e a ciò che migliorerebbe le condizioni lavorative, possono contribuire in modo significativo.
Pensa, per esempio, al personale medico durante la pandemia di Covid. Lì, il burnout era frequente proprio a causa del livello di dolore e sofferenza con cui si trovavano a confronto. Il senso di impotenza spesso prevaleva. Ci sono state storie molto toccanti e dense dal punto di vista emotivo, che ci fanno capire cosa hanno vissuto in quei momenti. Questo rappresenta l'estremo, il punto a cui possiamo arrivare se non ci prendiamo cura tempestivamente di ciò che proviamo sul nostro posto di lavoro, un aspetto che inevitabilmente incide su tutte le altre sfere della nostra vita.
Valeria Fiorenza Perris
Andrea Ferrario
È possibile auto diagnosticare uno stato del genere ? A volte si sente dire “sono in burnout”, ma in realtà è solo un momento di stress. Cosa dovrebbe fare una persona che crede di essere in una situazione molto grave?
Andrea Ferrario
Valeria Fiorenza Perris
Innanzitutto, dobbiamo partire dal presupposto che una diagnosi va fatta da professionisti competenti, quindi da esperti della salute mentale che siano in grado di avviare non solo un percorso diagnostico, ma anche un intervento concreto sulla situazione complicata che si sta affrontando. È vero, però, che spetta a noi renderci conto dei segnali, ascoltare noi stessi e probabilmente anche le persone attorno a noi che potrebbero farci notare delle difficoltà. 
Ascoltare il nostro senso di frustrazione, il disagio e le difficoltà è qualcosa di cui dobbiamo prenderci cura. Occuparsene significa essere in grado di agire e chiedere aiuto, il che non è affatto scontato, poiché molte persone non arrivano a questo punto, portando poi a situazioni più complesse. Quello che dobbiamo fare è intervenire tempestivamente quando avvertiamo un senso di malessere, rivolgendoci ai professionisti giusti, qualificati, che possano supportarci in questo percorso di esplorazione.
Un percorso di terapia o di supporto psicologico può essere prezioso in questi casi, aiutandoci a trovare nuove strategie per gestire ciò che non sta andando bene in quel momento. È importante però essere consapevoli che si tratta anche di un lavoro introspettivo: siamo noi, con il supporto di un esperto, a dover affrontare e risolvere ciò che dentro di noi genera disagio. Questo disagio è diverso da persona a persona, perché ognuno di noi ha una storia e dei vissuti soggettivi che devono essere trattati in modo unico e personale.
Valeria Fiorenza Perris
Andrea Ferrario
Diamo allora qualche consiglio a chi riconosce qualche campanello d’allarme. Cosa dovrebbe fare?
Andrea Ferrario
Valeria Fiorenza Perris
Penso che noi dobbiamo, e possiamo, provare a gestire da soli ciò che ci sta causando sofferenza, almeno in una fase iniziale. Ma dobbiamo farci delle domande. Posso davvero riuscirci? Posso provare a mettere un limite, a definire un confine – ad esempio, dopo un certo orario, cercherò di dedicarmi ad altre attività. Ma la vera domanda è: posso farlo? Me lo posso permettere? Ci riesco davvero? Perché riuscirci non è affatto scontato. Magari parto con ottime intenzioni, convinta che riuscirò, ma poi, alla fine, staccare il telefono è difficile. Continuare a fare attività al di fuori del contesto lavorativo senza rispondere all'email dell'ultimo minuto, non è così facile come sembra.
Allora, la questione è: riesco davvero a mettere questi limiti? A tracciare questi confini? A volte, farsi delle domande è più utile che cercare subito delle risposte. Sto facendo esempi di vita quotidiana, ma il concetto è che forse il primo passo è riflettere sulla nostra capacità reale di apportare dei cambiamenti. Se non riesco a farlo da sola, allora non devo avere alcun dubbio nel rivolgermi a un esperto, perché chiedere aiuto è assolutamente necessario quando si prova malessere.
I professionisti della salute mentale esistono proprio per questo. Lo psicologo è lì per offrirci supporto, sostegno e per pensare insieme a noi a nuove strategie e dinamiche alternative che possiamo mettere in atto per affrontare il malessere che stiamo vivendo. Perciò, il mio consiglio è di rivolgersi a un esperto, senza esitazione.
Valeria Fiorenza Perris
Andrea Ferrario
Ringraziandoti del supporto per aver approfondito questo argomento, vuoi anche darci qualche informazione su come è possibile, per chi lo riterrà necessario, mettersi in contatto con voi per un parere?
Andrea Ferrario
Valeria Fiorenza Perris
Innanzitutto, ribadisco che il mio consiglio è mettersi in contatto con un professionista di cui ci si fidi. Per quanto riguarda la scelta di Unobravo, noi abbiamo deciso di offrire un supporto psicologico online, da remoto, proprio per rendere la terapia più accessibile e flessibile. Spesso le persone rinunciano a rivolgersi a uno psicologo per via delle difficoltà pratiche legate alla gestione della vita quotidiana, come gli spostamenti o i tempi limitati.
La modalità online risolve molti di questi problemi, offrendo un'opzione comoda per chi ha una routine complicata. Accedere a Unobravo è molto semplice: basta collegarsi al nostro sito, compilare il questionario, e saremo noi a collegare la persona a un professionista qualificato, basandoci sulle informazioni fornite, sui suoi bisogni e sulle sue necessità. In questo modo, l'accesso al servizio diventa davvero facile e immediato.
Valeria Fiorenza Perris
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