Tra i progetti finanziati dal Politecnico di Torino nell’ambito dell’iniziativa POC (Proof Of Concept), che mira a favorirne lo sviluppo e il passaggio dalla fase di ideazione a quella realizzativa su scala industriale, ce n’è uno particolarmente interessante, che riguarda la realizzazione di una coltura idroponica accoppiata con un generatore di acqua atmosferica, al fine di ottenere una coltivazione a zero consumo di acqua.
Nei prossimi anni la richiesta di cibo è infatti destinata a crescere: le colture idroponiche possono rappresentare davvero il futuro del settore agroalimentare, essendo in grado di garantire risposte efficaci a tutta una serie di problematiche, soprattutto quando si tratta di tecnologie avanzate come quella che andremo a vedere a breve.
Le colture idroponiche, essendo essenzialmente tecniche di coltivazione attuate in assenza del comune terreno agrario, ossia fuori suolo, consentono di coltivare in qualsiasi luogo e condizione, all’aperto o al chiuso, in orizzontale o in verticale. Da una parte si evita di consumare suolo, dall’altra diventa possibile la coltivazione in loco direttamente nelle zone in cui vi sia bisogno di incrementare la produzione agricola, con evidente risparmio dei costi connessi ai trasporti, che non tutte le nazioni e le economie possono sostenere. Lo specifico modello messo a punto presso il Politecnico di Torino, inoltre, ha anche la peculiarità di avere un consumo d’acqua virtualmente pari a zero, permettendo così la coltivazione anche nelle zone più aride e povere della Terra.
L’acqua di cui necessitano le piante è infatti prodotta tramite “Breathe”, un generatore di acqua atmosferica, che funziona ad energia solare e quindi è ad impatto zero. La macchina è in grado di produrre la quantità di acqua necessaria al sistema idroponico per veicolare i nutrienti e le sostanze per la crescita della pianta. La pianta, una volta trattenute le sostanze a lei necessarie, “traspira” l’acqua utilizzata che viene recuperata dal sistema e, se necessario, integrata con nuovi nutrimenti prima di essere re- immessa in circolo. Questo progetto si colloca all’interno di un contesto più ampio e che possiamo definire “atmospheric water generation (AWG)” ovvero la produzione di acqua per usi antropici (idratazione, coltivazione, etc.) dall’aria.
Il progetto, in sviluppo da due anni, è seguito, all’interno del Dipartimento di Energia (DENERG) del Politecnico di Torino, dal “Solar Penguins Team” e dal team di “Aquaseek”, futuro spin-off. Il progetto segue il filone di attività volte all’industrializzazione della proprietà intellettuale detenuta dal Politecnico. Gli inventori che hanno maggiormente contribuito a questo progetto sono il dottorando Vincenzo Gentile e il Professore Marco Simonetti.
Il funzionamento della macchina, semplificando al massimo, ricorda quello di un normale condizionatore domestico. In quest’ultimo caso però, per far condensare l’acqua, è necessario scendere a temperature inferiori a quelle ambientali, mentre la soluzione messa a punto al Politecnico riesce a raccogliere l’acqua presente nell’aria senza scendere sotto le temperature ambientali. Questo risultato è reso possibile grazie all’impiego di particolari materiali che agiscono come spugne.
“Nella fase iniziale del progetto abbiamo usato sfere di silica gel, mentre ora utilizziamo un nuovo materiale, sviluppato da noi, biocompatibile e derivato da prodotti che si utilizzano normalmente in ambito alimentare”, ha spiegato il Professor Simonetti. “Il vapore ambientale viene prima assorbito da queste sfere, quindi fatto evaporare tramite innalzamento della temperatura e fatto condensare nuovamente al di fuori del materiale di raccolta, a temperatura ambiente, ovviamente stando attenti a filtrare l’acqua raccolta per ripulirla da possibili elementi inquinanti”.
Scopo principale della ricerca è dimostrare la fattibilità di una coltivazione sostenibile dal punto di vista della gestione idrica e realizzare un prototipo funzionante e industrialmente realizzabile, da testare in ambienti dove la coltivazione tradizionale è difficilmente praticabile e dove le risorse d’acqua scarseggiano. “L’obiettivo finale sarà di progettare una macchina in grado di portare l’acqua in zone aride dove essa è assente o dove le risorse idriche sono inquinate e difficilmente utilizzabili”, ha spiegato il Professor Simonetti. “Il prodotto finale sarà composto dal generatore di acqua, dalla serra idroponica e dal sistema di collettori solari e sarà scalabile: a seconda della quantità e della tipologia di piante coltivate, infatti, sarà possibile aggiungere o togliere componenti del sistema per raggiungere la conformazione ottimale”.